lunedì 29 giugno 2015

Via Erik alla parete ovest del Monte Corchia. Il piacere di fare multipitch sulle Apuane

Delle vie lunghe in Alpi Apuane, Erik è da annoverare fra le più facili: se ne apprezzano soprattutto l'avvicinamento comodo, i bei panorami anche sul mare, l'arrampicata varia, divertente, mai troppo sostenuta ma con passaggi tecnici. Va comunque considerata una via alpinistica a tutti gli effetti: si risale una parete di 200 metri, dove è facile cadano pericolosi sassi mossi da altre cordate; la chiodatura non è proprio da falesia, ci sono tratti di 5 metri o più senza spit (anche su difficoltà di IV), spesso in placca e dunque improteggibili. Delicata infine l'uscita.

Mario sul quinto tiro di Erik (non è neanche così storta la foto!)

Data uscita: 30 maggio 2015

Punto di partenza: Passo Croce (1149)

Durata: 3,5 / 4 ore (0,15 avvicinamento, 2,5 / 3 ore la via, 40 minuti la discesa a piedi)

Dislivello in salita: 200 metri (50 circa di avvicinamento)

Grado di difficoltà: D+

Chiodatura: A spit, un po' arrugginiti e talvolta distanti

Punti d'appoggio: Alimentari e bar a Levigliani

Esposizione della via: Ovest

Periodo consigliato: Tarda primavera, estate (parete a ovest in ombra al mattino), autunno

Accesso stradale: Salendo da Seravezza lungo la strada per la Galleria del Cipollaio, svoltare al primo bivio per Levigliani e l'Antro del Corchia. Appena entrati in paese sale una strada sulla destra, che subito si biforca (a destra si va all'Antro, strada chiusa al traffico): svoltare a sinistra, e con una serie di tornanti raggiungere il Passo Croce. Da qui in poi la strada ha tratti sterrati e dissestati, si può arrivare fino a Fociomboli ma per Erik conviene parcheggiare ad uno spiazzo sulla sinistra in prossimità di un evidente tornante.

Avvicinamento: Si prosegue sulla strada sterrata e poi di nuovo asfaltata superando un ponte; sulla destra si incontra un prato e lo si risale su traccia fino alla base della parete.

Parete ovest del Monte Corchia


Dopo la visita alle Guglie della Vaccareccia, è rimasta tanta fame di buon calcare apuanico; stavolta decido di dividerlo con Mario, reduce da un'unica esperienza semi-arrampicatoria piuttosto friabile, lo scorso novembre sul Contrario. Partiamo da Parma, autostrada fino a Pietrasanta, ci riforniamo a Levigliani e poco dopo le 10 siamo già sotto la bella parete ovest del Corchia. L'avvicinamento stradale e a piedi è davvero un lusso paragonato a quelli sul versante nord delle Apuane (Vinca, val Serenaia, rifugio Rossi...).

Parcheggio comodissimo

C'è un'altra cordata da tre qualche tiro sopra di noi, che sembra piuttosto in difficoltà... la giornata è buona ma molte nubi basse si annidano fra le cime attorno. Comincio io: primo tiro (4c) su placca appoggiata, qualche passo su placchette: sarà il liet motiv della via.

Primo tiro

Bella e comoda sosta su cengia: il secondo tiro parte leggermente a sinistra aggirando un masso sporgente (4c), poi di nuovo placca facile fino alla sosta, che Mario salta. La via torna a salire verso destra, sempre su placca (IV), spit molto lunghi qui... necessaria fiducia nell'equilibrio! Eccoci al quarto tiro, tocca di nuovo a me, e decido a mia volta di concatenarlo col successivo. Nel frattempo è scesa un po' di nebbia, che rende lo scenario molto più severo.

Terzo tiro

Si parte sulla solita placca (IV), con i passaggi un po' più delicati isolati, fino alla sosta molto scomoda che salto. Quinto tiro, quinto grado: si cambia musica! La via traversa a destra su placca liscia verso uno strapiombino (5c): faccio fatica a fare un cambio piede per traversare, mi tocca azzerare per rinviare la corda, non fidandomi degli ormai 3 metri e rocce che ho sotto il sedere... lo strapiombino lo aggiro a sinistra e proseguo poi senza più barare su una breve fessura e traverso in placca fino alla sosta.

Quinto tiro

Il tiro dopo (il sesto) sono contento di lasciarlo fare a Mario da primo! Si parte anche qui con uno strampiombo, un po' più maniglioso, poi il tiro prosegue su una placca parecchio liscia, che si supera più facilmente mantenendosi a destra... spit piuttosto lontani anche qui, sul 5b si apprezzerebbero! Sosta un po' scomoda per Mario, sotto un tetto; lo raggiungo e riparto io sul tiro dopo, con breve pausa erbosa in traverso a sinistra, nuova sosta (migliore della precedente come visibilità) e poi una nuova bella placca (5b).

Placca sul settimo tiro

L'ultimo tiro con del V (cioè l'ottavo) è per Mario, ed è proprio bello: inizio con marcato tetto a scaglie (5b), poi camino, anche lui ben appigliato ma esposto (IV+). A me l'onore e l'onere di terminare la via, con quella che già prevedo essere una ravanata. All'inizio si arrampica: placche di III e qualcosina di IV, un lunghissimo tratto senza ferro fino all'ultima sosta su marmo bianchissimo.

Il camino dell'ottavo tiro

Qui rinvio e decido di proseguire legato sulla parte finale della parete, un ripido pendio erboso dove mi cimento nella famosa disciplina della Paleo-Traction in veste estiva. Meno male che quest'erba è robusta! Arrivato in cresta faccio sosta su un albero e recupero Mario. Purtroppo la nebbia ormai è inamovibile, e ci nasconde la vista delle belle montagne tutto attorno, e persino dei canali ripidissimi sotto di noi.
Emersione dal paleo alla fine della via

La discesa avviene sul versante nord, con un buon sentiero nel bosco: lo si trova facilmente una volta in cresta, va imboccato a sinistra, si traversa la parte alta di un canale per poi scendere nella faggeta fino a incrociare la sterrata fra Fociomboli e il rifugio del Freo. Prendendola a sempre a sinistra, in 15 minuti siamo di nuovo all'auto, soddisfatti della bella salita ma un po' stufi di arrampicare per la nebbia e il fresco! Gente da Verdon...

Nebbia in cresta

giovedì 25 giugno 2015

Arrampicare alle Guglie della Vaccareccia, ottima roccia anche sulle Apuane

Le Guglie della Vaccareccia si affacciano sull'alta valle di Vinca, e fanno parte di quel caotico campionario di torri canali e placconi identificabile come parete ovest del Grondilice. Si arrampica su un ottimo calcare - molto solido per gli standard delle Apuane - e l'ambiente è sublime, una autentica giungla di roccia grigia, bianca, marroncina.
Si trovano un buon numero di vie spittate, soprattutto sulle Placche degli Allievi, mentre le guglie vere e proprie (Torre Torracca, Cartuccia e Biforca) presentano anche itinerari alpinistici classici, con chiodatura da integrare, come la via scelta da noi.

Calata in doppia dalla Torre Torracca

Data uscita: 24 maggio 2015

Punto di partenza: Termine strada asfaltata sopra Vinca (900 metri circa)

Durata avvicinamento: 1 ora

Dislivello in salita: 300 metri

Durata totale: 4 ore (1,5 la via)

Grado di difficoltà: AD

Chiodatura: Rarissimi spit e vecchi chiodi; necessario integrare con friend.

Punti d'appoggio: Bivacco Capanna Garnerone; alimentari a Vinca

Periodo consigliato: Tutto l'anno, evitare i pomeriggi caldi d'estate

Accesso stradale: Da Monzone seguire per Vinca, e appena entrati in paese imboccare la strada che scende a destra; seguirla per un paio d km (strada molto dissestata ma asfaltata) fino a dove termina.

Note: Per una relazione tecnica vi affido alla relazione dell'esperto Federico! 

Alberto e Federico in cima, sullo sfondo Vinca

Dopo le visite a templi dell'arrampicata sportiva come il Verdon e la valle del Sarca, rimonta la voglia di terreni più avventurosi... e a tal proposito le Apuane sono un'ottima destinazione, e Federico e Alberto compagni di cordata più che mai adatti. A Vinca facciamo visita dall'Andreina, rinomato forno-alimentari del paese, dove si possono acquistare forme enormi di pane locale e pezzi non meno ragguardevoli di focaccia: croccante, salata, calda di forno... una vera leccornia.


Colori di primavera nella Valle di Vinca

Ripresa l'auto seguiamo fino al termine la malmessa strada forestale, e ci incamminiamo a piedi verso la Capanna Garnerone. Qui c'è un gran rumoreggiare di trapani, seghe circolari, elicotteri... mezzo Cai di Carrara si è mobilitato negli ultimi 2 anni per sistemare questo storico bivacco, nell'unica valle delle Alpi Apuane non sventrata dalle cave di marmo.

Lavori in corso alla Capanna Garnerone: sullo sfondo il Sagro

Troviamo una fontanella, e i lavoratori (rigorosamente imbragati quelli sul tetto!) ci indicano come raggiungere le Guglie della Vaccareccia, che già avevamo intravisto salendo dal sentiero. Su una traccia attraversiamo la pineta, per poi salire su ghiaione e di nuovo nel bosco, ormai sotto le Placche degli Allievi dove luccicano numerosi spit.

Avvicinamento

Lo stesso sentierino ci porta ad un canale stretto e ripido, dal quale si innalza la prima delle guglie: la Torre Torracca. Nostra intenzione è salirne lo spigolo. Ci orientiamo sulla guida di Alberto, che però ha schizzi poco dettagliati e inattendibili... così attacchiamo dove ci sembra più logico, su un facile diedro poco sopra il canale. Passaggi di III ben proteggibili (friend in fessura) conducono Alberto alla sosta su albero, dove ci recupera.

Primo tiro

Io mi sono scordato le scarpette a casa, ma sono abbastanza fiducioso sulle difficoltà contenute della via; anche il secondo tiro si mantiene sul livello del precedente, e ci conduce su un esposto sperone, separato dal corpo principale della torre da una stretta spaccatura. L'ultimo tiro è per Federico, che attraversata la fessura parte su ripide placche, poi diedro e alla fine un breve camino strapiombante.

Secondo tiro

Ora sì che c'è stato il salto di qualità, passando dal III al V grado. Di fatto abbiamo imboccato una variante alla via classica, che stava più a sinistra, vicino allo spigolo, con difficoltà inferiori... ma il tiro merita per la sua continuità ed esposizione, e presentando sempre ottime prese per le mani non mi crea grossi problemi nemmeno con gli scarponi.

Uscita del terzo tiro: dal basso...

...e dall'alto


Dalla sosta è già possibile calarsi (presenti molti cordini), ma noi proseguiamo con un breve e facile tiro (II) fino alla "vetta" della torre: eccoci nel cuore roccioso del Grondilice, con un bello scorcio sulla torre Biforca dalla quale ci separa un profondo canale. E' da qui che ci caliamo, valutando migliore rispetto a prima il materiale presente per la doppia.



E' la prima calata per le mie mezze corde, e si dimostra bella pepata! Un muro verticale, su cui corrono vie spittate con l'aria di essere molto difficili, ci porta nel canale, interrotto poco oltre da uno strapiombo in cui ci caliamo per qualche metro nel vuoto. Il canale si fa poi erboso e dopo 40 metri di calata troviamo una sosta a spit con nuovo anello (attenzione ai sassi quando si recupera la corda!).

Il passo nel vuoto

Da qui una nuova calata più semplice di 30 metri ci riporta alla base del canale, dove costeggiando la base della Torre Torracca (partenza di altra via spittata) arriviamo al punto di partenza. Dispiace dover partire, siccome sta tornando il sole e ci sarebbero tante altre vie interessanti da salire, ma torneremo sicuramente in questo gran bel posto!

Il versante ovest del Grondilice con le Guglie della Vaccareccia a sinistra

martedì 16 giugno 2015

Via Amazzonia al Piccolo Dain, arrampicata rumorosa

Data uscita: 17 maggio 2015

Punto di partenza: Sarche

Durata avvicinamento: 5 minuti

Dislivello in salita: 200 metri la sola via

Durata totale: 3-4 ore

Grado di difficoltà: D (passaggi di V+, solitamente IV)

Chiodatura: Numerosi spit nuovi, soste a catena

Punti d'appoggio: Alla partenza in paese

Periodo consigliato: Autunno, inverno, inizio primavera. Esposizione a sud-ovest

Accesso stradale: Raggiungere Sarche e parcheggiare presso il bocciodromo, dove comincia il sentiero per la Ferrata Pisetta (indicazioni).

Avvicinamento: Riscendere a piedi alla strada per Madonna di Campiglio e seguirla per un centinaio di metri fino a una carraia che si stacca a destra (sbarra). La si percorre passando sotto le pareti di roccia fino ad una centralina dell'Enel, dove termina.

Note: Zona molto frequentata: il primo tiro è in comune con l'altra via facile della parete (Orizzonti Dolomitici), e noi abbiamo dovuto attendere più di mezzora prima di partire. Si arrampica costantemente con il sottofondo delle auto e moto che salgono verso Tione, e la cosa può non piacere.

Mario sul settimo tiro

- Scusate, il biglietto dove si prende? Tanto vale buttarla sul ridere, come fa qualche simpatico arrampicatore con davanti cinque o sei cordate, in attesa di cominciare la scalata della Parete del Limarò. Nemmeno fossimo sotto la Cima Piccola di Lavaredo! Arriva finalmente il nostro turno, non domandiamo tre etti di Struedel ma un po' di metri di corda in più per concatenare primo e secondo tiro... Con una corda da 80 metri avremmo potuto includere anche il terzo, del resto penso che solo ad Arco qualcuno compri corde da 80 metri.

Robe da trentini!

Terminata la parte di "avvicinamento", escluso il primissimo passaggio tutta un semplice traverso verso sinistra, comincia la via Amazzonia vera e propria. L'arrampicata è continua, escluso un tratto di raccordo su roccia un po' sfasciumosa nel 4° tiro. L'ottima dolomia concede quasi sempre prese solide e manigliose; i passi di V sono su placca e un piccolo strapiombo sul 9° tiro, per il resto la via si muove prevalentemente sul IV grado.

Quarto tiro

I tiri sono quasi tutti 25 / 30 metri, con spit abbondanti, e le soste mai troppo scomode. Si tratta insomma di una via plaisir, in un contesto ambientale non certo stimolante (la strada sotto è molto trafficata) ma di fatto su parete. E arrivati in fondo siamo soddisfatti della salita e gasati dai tanti passaggi adrenalinici.

Nono tiro, strapiombetto-chiave!
Il rientro è abbastanza lungo, ma è preferibile non calarsi in doppia, per via di affollamento e sassi mobili. Si sale su sentiero ripido nel bosco rado fino ai piedi della parete del Piccolo Dain, dove sale la ferrata Pisetta. Qui si incontra un'ampia traccia che scende a destra, e la si segue superando un paio di passaggi esposti attrezzati con cavo e un ripido canale sassoso in discesa. Arriviamo in paese accaldati e assetati, con tanta voglia di radler che ci caveremo. Bella giornata!

Lago di Toblino

domenica 14 giugno 2015

Val di Mello, trekking in Val Qualido e Val di Zocca

L'immagine del paradiso di chi ama la montagna deve somigliare da vicino alla val di Mello. Il fiume dalle acque limpidissime, di fianco a prati disseminati di massi e case attaccate ai massi; boschi fitti di larici e faggi prima delle impervie valli laterali, con le loro cascate e i contrafforti colossali di granito, che nascondono alla vista intere montagne di 3000 metri pure loro completamente di granito. E a coronare il tutto, le nevi del Monte Disgrazia.

Il Bidet della Contessa, val di Mello

In questa valle tanto famosa fra gli arrampicatori - quelli più bravi! - ho trascorso due splendide giornate senza le scarpette, in compagnia degli amici di tante camminate. La valle ci ha accolti nel pieno della primavera, lasciandoci conoscere alcuni dei suoi angoli più suggestivi, facendoci tornare indietro di fronte alla potenza dell'acqua. Ci è toccato l'onore di essere ospiti di un personaggio come Siro, gestore del Rifugio Luna Nascente, uno di quei montanari pieni di storie da raccontare e che conosce per nome ogni sasso della valle. Anche se con un po' di ritardo, credo di aver festeggiato il mio compleanno nel migliore dei modi possibili!


Come insegna il saggio Virgilio, per apprezzare di più il paradiso bisogna prima passare dall'inferno. Così la prima tappa della nostra gita è il ridente villaggio alpino di Sesto San Giovanni, pieno di bancarelle con formaggi di baita e prodotti tipici. E' qui che Elena ci raggiunge in metropolitana per fare il viaggio insieme attraverso il purgatorio-Brianza.

Gianpaolo Stappa (foto Alessandro)

Da Morbegno seguiamo col navigatore qualche strada alternativa di dubbia utilità per bypassare il traffico, ed entriamo nel Masino. San Martino è il paese più vivo della valle, con vari locali frequentati dai numerosi climbers: ritiriamo qui i permessi per risalire in auto la prima parte della valle (concessi in quanto ospiti del rifugio).

Luca Scatta (foto Alessanrdo)

La strada asfaltata finisce poco dopo il campeggio Ground Jack, sotto la grande cascata del Ferro; da qui in poi si va a piedi, si entra in un'altra dimensione, dove la civiltà è rimasta ai margini. Costeggiamo il fiume sulla bella mulattiera, distrutta in un tratto da una grande frana scesa dalla valle del Qualido; causa anche dello sbarramento del torrente con la nascita di un vero e proprio lago.

Il lago "artificiale"

Eccoci a Ca' di Carna (1076), dove inizia sulla sinistra il sentiero che risale la valle del Qualido. Passiamo vicino alla via alpinistica Alba del Nirvana, e saliamo ripidamente nel bosco di faggi. La giornata è un po' coperta, ma godiamo lo stesso di bei panorami sulla bassa valle e sulla spropositata parete est del Qualido, sormontata dal "martello": un masso sporgente di dimensioni difficili da indovinare, vista la distanza, ma senz'altro ragguardevoli.

La parete del Qualido vista dal sentiero

Dopo un pulpito panoramico, i boschi si fanno più radi e la traccia sale a zig zag le placche sul versante orografico sinistro del torrente. Centinaia di gradini scolpiti nel granito testimoniano il duro lavoro dei pastori, che conducevano le vacche nella parte alta della valle, in cerca di aree adatte al pascolo. Alcuni fori quadrati compaiono in prossimità dei tornanti: qui venivano conficcati pali di ferro ai quali assicurare le bestie, come in una sorta di via ferrata per bovini.


Finito questo tratto leggermente esposto, continuiamo a salire attraverso una zona acquitrinosa, sino a sbucare sotto una grande placconata liscia. A questo punto (quota 1758) il sentiero Cai attraversa il torrente, con l'aiuto di vari cavi di ferro: il problema è che la portata d'acqua è notevole (ieri ha piovuto e la neve si sta ancora sciogliendo), e la forza della corrente rischia di portarci via, verso cascate molto pericolose.

Presso il guado

Diamo un'occhiata a un sentiero alternativo, che affronta i punti deboli della placconata di fronte a noi: ora a preoccuparci sono alcuni piccoli gradini scolpiti nella roccia, qualche passaggio bagnato ed esposto, di sicuro non piacevole da affrontare in discesa stanchi e dopo pranzo, magari con un po' di fretta di arrivare giù. Così, siccome sono già le 14 passate, ci accontentiamo di mangiare al sacco qui, rimandando la visita alla Stalla Ovale (2031) a giornate con meno acqua e più tempo a disposizione.

Sarah stende la keffia/tovaglia
Sopra un grande sasso di granito, fronteggiando il vento, predisponiamo la nostra apparecchiata: vino salame formaggio e pane in piena tradizione LuCai. Una volta pieni, la forza di gravità ci aiuta a scendere meglio a valle, dove al rifugio Luna Nascente ci attende una birra fresca e la compagnia del Siro, costruttore del rifugio: scultore, guida di cacciatori, membro del soccorso alpino, starebbe per ore a parlarti della sua storia, che è anche quella della valle.

Pranzo/merenda in val Qualido (foto Alessandro)


Lo si ascolta ancora più volentieri se nel mentre si mangiano ottimi piatti tipici, come i pizzoccheri e il taroz (purè con pancetta e fagiolini), preparati sul momento dai suoi due cognati nella cucina adiacente alla sala; anche il vino ci è sembrato di livello nettamente superiore agli altri bevuti in rifugio finora... davvero un'ottima accoglienza!

Notte su Cascina Piana

La notte la passiamo in uno stanzone con 8 posti letto (siamo in 6), in un edificio separato dal rifugio, addossato a un masso come molti altri del paesino. Prima però ci godiamo la notte e il cielo stellato senza il fastidio delle luci, e Alessandro riesce pure a portare a casa qualche bella foto in lunga esposizione.

Stellata sul Disgrazia (foto Alessandro)

La mattina di domenica ci serve Siro la colazione, trattenendoci con suggerimenti e raccomandazioni... La giornata è magnifica, tersa, finalmente la valle ci si mostra nel vivo dei suoi colori. Dopo pochi minuti dal rifugio, dalla mulattiera principale della valle si stacca il sentiero per il rifugio Allievi Bonacossa, il quale risale la val di Zocca.

Il mattino ha l'oro in bocca!

Rispetto al cugino in val Qualido, percorso ieri, questo sentiero è un po' meno aggressivo, con numerosi gradini e qualche palizzata in legno. Per oltrepassare il torrente (anche lui molto impetuoso) possiamo sfruttare un comodo e robusto ponte, quota 1503. Continuiamo a salire nel bosco di faggi e larici fino a Casera Zocca (1726), in bella posizione panoramica sulle cime ancora innevate a sud del fiume Mello.

Casera Zocca

La salita prosegue, superando un bel larice monumentale, ma ormai il bosco si fa meno folto, e dietro ai rami ancora in parte spogli cominciamo a distinguere le sagome di nuove montagne. Ripidi tornanti ci fanno guadagnare velocemente quota, fino a un cancelletto per le bestie al pascolo. Da qui in poi ci immergiamo in uno scenario davvero paradisiaco.


Prati non ancora verdi, canali ancora innevati, rivi di acqua limpidissima che si lanciano in altissime cascate, fiori incastonati fra le rocce, montagne granitiche dalle forme perfette slanciate verso il cielo. Sono il Pizzo e il Torrione di Zocca, la Punta Allievi, la Cima di Castello, la Punta Rasica, il Picco Luigi Amedeo, il Pizzo Torrione occidentale... tutti giganti di 3000 metri o poco meno, percorsi da spigoli lunghissimi sui quali corrono vie coraggiose e poco ripetute.


Torrione di Zocca

Il sentiero continua a salire ma in leggera traversata, verso il torrente. Superiamo la Croce Parravicini, in un bel pulpito panoramico, e una volta accanto al torrente la valle per un attimo si restringe... poi le quinte rocciose si aprono a mostrare la meravigliosa radura del Pianone (2070), ancora piena di neve, come a conservare traccia della sua antica origine glaciale.

Sopra il Pianone, si lanciano nuove mode per la stagione estiva in quota

Qui compare tutta la nobile corona di cime che chiude la val di Zocca, e si scorge anche il rifugio Allievi, annidato sopra un contrafforte roccioso da cui scendono vari canali ancora innevati. Era quella la meta della giornata: con Gianpaolo proviamo ad avvicinarci, ma presto ci rendiamo conto che raggiungerlo oggi non è un'operazione né veloce né semplice, a causa di qualche tratto ripido su neve.


E' mezzogiorno passato e preferiamo non fare aspettare al Pianone il resto del gruppo - che tra l'altro ha in ostaggio il cibo avanzato da ieri e le bottiglie di vino lasciate conficcate nella neve! Ci regaliamo così tutti assieme un nuovo picnic e un nuovo brindisi, godendoci in tutta calma l'erba morbida, l'acqua gelida del fiume sui piedi, la roccia ruvida scaldata dal sole sotto la schiena.

Godere si fa per dire...

Mi capita a volte di camminare a testa bassa pensando soltanto a raggiungere la cima, a concludere il sentiero o la via... e così dimentico di godermi i singoli momenti per quello che valgono, la compagnia di persone che condividono i miei stessi valori. Basta poco a portare nello zaino in montagna quegli ideali tutti cittadini del raggiungimento di un obiettivo, della competizione, del tempo... qualche volta è meglio portarci una bottiglia in più, e fermarsi senza guardare l'orologio a goderci la meraviglia tutto attorno a noi.


Rimarremmo qui ancora a lungo, ma poi a un certo punto l'orologio tocca guardarlo e scendere! Senza fretta però, apprezzando a faccia in giù il percorso fatto al mattino in salita. A valle c'è movimento, e anche al Luna Nascente dove sostiamo per salutare e recuperare il materiale per la notte. Torniamo in pianura, nel traffico fra Lecco e Milano, nelle vie dormitorio di Sesto San Giovanni... ma torneremo anche in val di Mello!

Un saluto e un ringraziamento particolare ai compagni della giornata!

Elena

Sarah

Gianpaolo

Giancarlo

Alessandro

E il tutto il gruppo con Siro