lunedì 25 maggio 2015

Cresta sud est del Monte Pizzocolo, facile arrampicata sorvolando il Lago di Garda

Il Pizzocolo domina il basso Garda dal lato bresciano. L'itinerario proposto è forse il più interessante per raggiungere la cima con difficoltà che vanno al di là del semplice escursionismo. Una lunga, divertente cavalcata in cresta, su calcare bianco ruvido e solidissimo, con il lago alle spalle e i suoi paesi che si fanno sempre più piccoli. Perfetta come prima esperienza su terreno semplice ma pur sempre alpinistico.

La cresta, in secondo piano il monte Castello di Gaino e il Baldo
Punto di partenza: Località Ortello di Sotto (650)
Punto più elevato: Monte Pizzocolo (1581)
Dislivello in salita: 900
Tempo totale di percorrenza: 5 ore, di cui 2 ore la sola cresta
Grado di difficoltà: F+
Punti d'appoggio: Bivacco Due Aceri in cima al Pizzocolo (presenti bottigliette d'acqua a offerta libera)
Periodo consigliato: Da ottobre ad aprile. Percorso a quote basse in piena esposizione al sole (attenzione però all'eventuale neve in discesa se si sale in pieno inverno).
Note segnaletica: A bolli rossi lungo la cresta, sufficiente nel resto del percorso.
Accesso stradale: Da Toscolano Maderno, appena prima del ponte, svoltare a sinistra (indicazioni per Maclino). Continuare a salire tenendo la destra fino a Sanico, dove comincia la stradina stretta e ripida per il rifugio Pirlo allo Spino (indicazioni). Superati un paio di brevi tratti sterrati e una curva secca a destra con Madonnina, si è arrivati alle case sparse di Ortello. Lasciare l'auto presso una sterrata che sale a destra (sentiero 27, indicazioni per le creste), scarse possibilità di parcheggio.

Monte Castello di Gaino

Calda domenica di inizio aprile, l'inverno ormai si è giocato le sue ultime cartucce... Così scegliamo il Lago di Garda per goderci un po' sole e roccia. Siamo in 6, le due Pandine danno buona prova su per i tornanti e la ghiaia della stradina d'accesso, che si inoltra in una valle boscosa dai fianchi sempre più ripidi.

Bel calcare e monte Baldo
Troviamo i pochi posti auto già quasi tutti occupati, ma in qualche modo ci arrangiamo e cominciamo a salire il sentiero 27 con il caldo già potente delle 11. Proseguiamo in costa su sterrata comoda, poi imbocchiamo un sentiero sulla destra in leggera discesa. Ci lasciamo a sinistra alcune placche, una delle quali spittata, e raggiungiamo il bivio con il sentiero che sale lungo la cresta sud.

Noi siamo diretti alla più evidente cresta sud-est, per cui continuiamo a traversare, addentrandoci in una valletta con al centro alcune vecchie baracche: di fatto bisogna passare sotto i loro tetti, non proprio rassicuranti come tenuta... Cominciano subito dopo i bolli rossi, che portano a risalire alcune roccette ancora circondate dal bosco: la cresta è cominciata!


La prima parte è la più ripida, e mette subito alla prova con passaggi di elementare arrampicata. Ma arrivati ad una placchetta di tre metri dobbiamo usare un po' più inventiva, cercando gli appoggi giusti per i piedi. Una volta guadagnato quota, la cresta si fa più orizzontale ed aerea: la roccia è sempre buona, numerose piante alleviano il senso di esposizione, i passaggi più ostici sono isolati, ma il livello di attenzione va mantenuto costantemente alto.


Il passaggio chiave - definizione un po' altisonante per un percorso del genere - è un grosso masso piazzato proprio sul filo di cresta, prima di un traverso, in un punto un po' esposto. Dovendoci passare per forza, preferiamo farlo con quattro appoggi, per cui gattoniamo! Sono i punti più adrenalinici della salita: poco oltre c'è uno sperone davvero scenografico, anche lui più esposto di quanto non sembri a una prima occhiata... ma le foto rendono giustizia!


A questo punto la cresta si fa meno pronunciata e più facile. La cima del Pizzocolo, con i suoi precipizi discontinui, si è fatta più vicina, ma ancora manca un bel pezzo. A un bivio ignoriamo la deviazione a destra "Pizzocolo EEA", probabilmente una variante diretta più difficile, e continuiamo a seguire i bolli rossi.


Un nuovo passaggio in arrampicata, ripidi strappi di salita, il caldo del primo pomeriggio, la fame che ormai morde, la mezza corda nello zaino di Marco che lamenta il suo non uso facendo sentire il suo peso... sarà pure un montagnotto di nemmeno 1600 metri, ma ne stiamo anelando la cima! Dopo un ripido canale erboso, sbuchiamo sui prati aperti, e incontriamo di nuovo il sentiero della cresta sud.


Pochi passi e siamo sulla cima, con già diverse persone presenti. Prendiamo possesso di un tavolo davanti a una cappelletta, e cominciamo ad apparecchiare il nostro pranzo tendente alla merenda. Salame parmense e formaggio locale, a suggello dell'amicizia coi bresciani. Peccato niente vino! Sono le 16 passate, anche se il rientro è facile e più breve preferiamo non attardarci.


Seguiamo il sentiero principale verso nord, molto battuto, fino a un bivio presso una pozza dove si conserva l'ultima neve. Qui scendiamo a sinistra in direzione Malga Valle, attraverso una faggeta con esemplari monumentali. Dopo l'alpeggio il sentiero continua a scendere deciso, fino a sfociare in una strada asfaltata. La seguiamo fedelmente, imprecando un po' nei tratti ripidi piuttosto antipatici su asfalto, e raggiungiamo di nuovo le auto.

sabato 23 maggio 2015

Monte Acuto, anello tardo-invernale dal Passo del Lagastrello

Prima elevazione significativa a est del Lagastrello, l'Acuto soffre evidentemente la vicinanza di un colosso come l'Alpe di Succiso, di cui sembra quasi il fratellino. Si tratta comunque di una montagna interessante, alla quale si può dedicare anche mezza giornata. Il giro ad anello qui proposto è godibile in tutte le stagioni dell'anno, mantenendosi per buona parte all'ombra delle faggete. Non mancano comunque tratti su terreno aperto e panoramico, e persino una breve cresta: qui gli accumuli di neve - che in primavera si conservano a lungo - danno un tocco d'alta quota alla salita.

Monte Acuto

Data uscita: 11 Aprile 2015
Punto di partenza: Diga del Passo del Lagastrello (1160)
Punto più elevato: Monte Acuto (1756)
Dislivello in salita: 650
Tempo totale di percorrenza: 4 ore  
Grado di difficoltà: F (in assenza di neve: E)
Punti d'appoggio: Rifugio Sarzana (1581, aperto d'estate)
Periodo consigliato: Tutto l'anno
Note segnaletica: Bolli un po' sbiaditi in zona Foce di Torsana.
Accesso stradale: Parcheggiare presso la diga del Passo del Lagastrello, dove convergono le strade provenienti da Aulla, Parma e Reggio.
Note: In inverno sono necessari sempre piccozza e ramponi, già nel bosco se la neve è dura. Evitare il pendio nord-ovest che scende dalla cima se il rischio di valanghe è alto.

Groppi di Camporaghena

Cercando gli ultimi rimasugli di inverno, approfitto di un sabato mattina con tempo buono per andare sul monte Acuto: decisamente comodo da raggiungere, per chissà quale motivo finora vi ho sempre girato alla larga, lasciando aperto un bug non trascurabile su tutti i sentieri attorno al Lago Paduli.

Sentieri alla Diga del Lagastrello

Dalla diga, mi incammino in direzione del lago, e dopo pochi minuti incontro il primo bivio, presso una maestà: seguo il 659a, in direzione della Foce di Torsana, ignorando i segnavia per il rifugio Sarzana. In breve raggiungo una bella torbiera solcata da ruscello con ponticello in legno. Da qui in avanti il sentiero rimane nella faggeta, cominciando a salire dolcemente fino a incrociare il 653. Lo imbocco a destra, seguendo sempre per Foce di Torsana.


La neve comincia ad essere abbondante e un lungo tratto in traverso mi induce a indossare piccozza e ramponi, anche per togliere un po' di peso dallo zaino. Appena si passa all'esposizione a sud però la neve si interrompe, quindi mi tocca sporcare le punte. Ignoro il 659a che sale a sinistra. La pendenza va addolcendosi, e anche i segnavia si fanno più radi. La traccia con la neve non è facile da trovare, e lascio sulla mia destra Foce di Torsana, ritrovandomi dopo un taglio nel bosco sullo 00.


Si sale ora più decisamente, fino ad uscire dalla faggeta poco sotto il crinale della Costaccia. Il tempo si è un po' coperto, ma la lingua nevosa che sale verso la spartiacque principale compare ogni tanto fra le nubi basse, mosse dal vento. Alla mia sinistra il circolo glaciale a ovest del monte Acuto, dove sprofondano brevi ma interessanti canalini; a destra i contrafforti ben più imponenti dei Groppi di Camporaghena, sul versante toscano.

Versante ovest del monte Acuto dal crinale

Pochi passi in leggera salita e raggiungo la Sella di Monte Acuto (1725), ampia distesa di prati dove la vista si apre sulla valle del Liocca, dominata dall'Alpe di Succiso. Una brevissima cresta con nuova, suadente lingua di neve mi accompagna sulla cima (1756). Le nuvole si sono un po' diradate, concedendomi un bel panorama purtroppo negato verso il mare.

Alpe di Succiso

Volendo scendere con i sentieri, dovrei tornare alla Sella e raggiungere con il 657 Lago del Monte Acuto e Rifugio Sarzana; preferisco però tagliare per il versante nord-ovest, consistente in un ampio pendio sui 35/40 gradi, interessante come discesa con gli sci: anche se preferirei non trovarmi qui dopo forti nevicate. Non è il caso di oggi, il pericolo piuttosto è quello di scivolare per via dello zoccolo di neve che si crea sotto i ramponi: ormai sono le 13 passate e cammino sulla pappa.

Monte Acuto, il versante ovest da valle

Senza grossi problemi, accelerando anzi con qualche prova di caduta, raggiungo il bosco, e continuando a scendere tenendo un poco la destra incrocio quasi subito il sentiero 659, sotto la Tecchia dei Corvi. Lo seguo in discesa e in meno di un'ora sono di nuovo alla fine del Lago Paduli e all'auto, concludendo il giro ad anello.


giovedì 7 maggio 2015

Via Amoretti di Vestea sulla Pania della Croce e parete ovest Pania Secca: una tira l'altra

Stavamo già recitando il requiem per un inverno breve e sottotono, quand'ecco che proprio il weekend di Pasqua arriva una debole nevicata seguita da un deciso calo termico: accantonati i propositi alpini, decidiamo di giocarci la carta Apuane. A inizio aprile comincia ad essere tardi per queste montagne, ma il ricordo delle condizioni fenomenali del canale Cambron ci spinge di nuovo su questo "ghiaccio salato" che si crea e scompare tanto in fretta.

Mario, Federico e Alberto fra le due Panie col mare dietro

Scegliamo anche una zona nuova, dove soltanto io nel gruppo ero già venuto quasi un anno esatto fa: le Panie. Il rifugio Rossi rimane aperto tutto l'anno nei weekend, e ne approfittiamo per passarci la notte di Pasqua e partire il lunedì con calma e già in quota. Ci mettiamo in viaggio sull'Autocisa nel primo pomeriggio, con i nostri lauti pranzi pasquali che rimbalzano fra una curva e l'altra. Invece che ad Aulla usciamo a Massa, con l'intenzione di raggiungere Castelnuovo di Garfagnana via Passo del Vestito.

Monti Grondilice, Contrario e Cavallo da Pian della Foiba

La strada è l'unica che attraversa le Alpi Apuane, ed è perfetta come introduzione a questo ambiente aspro e spigoloso: in pochi chilometri si passa dal mare alla montagna più severa, che la recente nevicata rende ancora più affascinante: il Sagro, il Grondilice, la cresta del Cavallo percorsa a inizio inverno da Alberto e Federico, il Sumbra con la sua enorme parete sud, forse la più difficile dell'intera catena.

Cervino o Pisanino?

Dal centro di Castelnuovo svolta secca a destra verso Molazzana, nuova salita e altre curve; Federico le patisce un po', ma ritrova tutto l'entusiasmo non appena compare la parete nord della Pania Secca. Si cercano con lo sguardo le linee di salita viste sulle guide, si fantasticano tutte quelle possibili su questo versante che è solo una delle facce di questa montagna, e nemmeno la più severa. Ma domani con ogni probabilità saliremo altrove.

Rifugio Rossi

La strada è tortuosa, seguiamo le indicazioni per Piglionico e il rifugio Rossi e non appena finisce l'asfalto parcheggiamo: c'è soltanto un'auto, con ogni probabilità quella del rifugista. Sono le 18, fa fresco, partiamo spediti verso la meta. Dopo un tratto sterrato, il sentiero (insolitamente comodo per le Apuane) sale per la faggeta, mostrando un nuovo versante della Pania Secca, quello ovest. Anche qui salgono spettacolari canali incassati, e a prima vista sembra siano tutti ben guarniti di neve.

Pania Secca

I faggi finiscono, sbuca il naso dell'Uomo Morto con il tetto del Rossi. Un ultimo strappo sui prati innevati e lo raggiungiamo: compaiono le Apuane settentrionali, troneggia il Pisanino che da questa prospettiva e con questa neve fa davvero rima con Cervino. Il sole sta tramontando, gli ultimi raggi vanno scivolando in alto sui pendii della Secca, le nuvole si tingono di rosa; alcune sembrano imitare per gioco la forma seghettata di queste cime!


Sale la voglia di godere il calore di una stufa dentro questo nido d'aquila di cui saremo gli unici ospiti. Il rifugio è piccolo, essenziale, con la camerata connessa alla sala da pranzo e la stufa in mezzo; il gestore di poche parole, si vede subito che dev'essere un alpinista. Infatti ci fornisce buoni consigli per l'indomani, suggerendoci la via che già avevamo puntato in principio: l'Amoretti - Di Vestea, probabilmente l'unica con innevamento ancora buono e costante al di là dell'illusione offerta dalla recente nevicata.

La est della Pania della Croce dalla finestra del Rossi

Dopo una buona cena, ci accomodiamo nei piani bassi dei letti a castello a tre piani: due coperte a testa - tanto ce n'è in abbondanza! - e un po' alla volta stacchiamo la spina in vista della Pasquetta impegnativa che ci attende. La sveglia non arriva troppo presto, siccome siamo già sul posto e la giornata si preannuncia fredda. Colazione senza fretta, e poco prima delle 8 siamo in marcia già ramponati verso il Colle della Lettera.

Batte il sole sulla Pania della Croce

La parete nord-est della Pania della Croce è ricca di linee invernali, anche molto difficili; la via Amoretti di Vestea, salita nel 1931, segue il canale più ampio, che si impenna fino a 50 gradi e sbuca fra il Colle della Lettera e la cresta nord dalla Pania. Dalla Foce del Puntone, vicina al rifugio Rossi, lo raggiungiamo costeggiando la base della parete sopra l'imbuto della Borra di Canala.

Alberto e Mario all'imbocco della via Amoretti di Vestea

Un conoide valanghivo segna l'inizio del canale, ripido fin da subito e ghiacciato nonostante il sole già ci batta sopra. Una piccozzata dopo l'altra prendiamo quota, ci sentiamo di salire slegati. Il tratto più ripido è in corrispondenza di alcune rocce che sbarrano il canale, e vanno aggirate a destra seguendo una rampa o affrontate direttamente come ha deciso di fare Federico: sentiamo le sue grida rimbalzare nel canale, ma sono solo innocenti sfoghi di piacere.

Il canale poco prima della "strozzatura"

Noi si aspetta a urlare, meglio risparmiare il fiato per qualche passaggio un po' delicato. Spaventano le buche che possono crearsi vicino alle rocce e fazzoletti di neve non trasformata da cui è meglio girare alla larga. Comunque un movimento alla volta, piantando bene le picche, usciamo dalle difficoltà, e su pendenze minori guadagniamo il crinale del Colle della Lettera.

Colle della lettera (la via Amoretti sbuca a sinistra di Alberto e Federico)

A questo punto pochi minuti ci separano dalla facile cresta nord e quindi dalla vetta della Pania della Croce. A nord la cuspide rotta del Pizzo delle Saette, giù verso ovest il rifugio del Freo circondato dai pini, il monte Corchia, la breve piana della Versilia dove ormai è primavera.

Cresta nord della Pania (foto Mario)

Dietro ancora l'orizzonte si riempie del blu del mare, le isole di Portovenere, e dall'altra parte il Lago di Massaciucoli, la linea costiera che si perde dopo la foce dell'Arno... sappiamo da Wikipedia che in caso di giornate super-pulite si dovrebbe vedere addirittura la cupola di Santa Maria del Fiore, ma ci accontentiamo, e godiamo abbastanza ad essere gli unici su questa montagna magnifica.

Primi in vetta oggi!

Affrontiamo la discesa dal vallone dell'Inferno, scendendo direttamente dalla vetta: il sole batte su questi pendii abbastanza ripidi, occorre fare attenzione. In prossimità di un grosso masso al centro del vallone confluiamo nella via normale che sale dal Rossi, e le pendenze si fanno più dolci fino alla Foce del Puntone.

Vallone dell'Inferno, dove sale la via normale per la Pania

E' ancora presto, fa ancora fresco, e la Pania secca di fronte a noi, con i suoi canali esposti ad ovest, è un richiamo irresistibile. Ripassiamo un attimo dal rifugio Rossi, diamo un'occhiata alla guida e ci rimettiamo in marcia verso il Canale Batic. L'avvicinamento normale avverrebbe molto più a valle, poco oltre Piglionico, mentre la nostra intenzione è traversare perdendo meno quota possibile fino alla base del canale.

Rifugio Rossi e Pania Secca

L'operazione non si rivela semplice, per via dei vari canalotti da attraversare e la molta roccia presente. A un certo punto ci tocca anche scendere da un canale piuttosto ripido, e con neve ormai molle; finalmente arriviamo sui pendii del versante ovest, apparentemente puliti (sotto ci sono infide placche...).


Il canale è ben riconoscibile per un'alta fascia di rocce che lo chiude a sud, e per il grande deposito di neve scaricata che cominciamo a risalire. Il ghiaccio ancora duro sotto i nostri ramponi promette bene! Dopo 100 metri comodi di salita raggiungiamo una strozzatura, con una placca e un grosso cumulo di neve riportata sul quale ci sistemiamo per fare sicura.

Neve scaricata e ghiaccio verso il Canale Batic

La via di salita affronterebbe direttamente il diedro sulla sinistra, con l'aiuto delle colate di ghiaccio che nel periodo giusto coprono la placca. Ora di ghiaccio, malgrado il freddo, qui non ce n'è più, e Federico opta per seguire una linea di chiodi verso una sorta di cengia ancora più a sinistra. Gli faccio io sicura. I passaggi non sono semplici, occorre studiare bene dove andare: giù un paio di friend, ecco il secondo chiodo, Federico decide di fermarsi a togliersi i guanti per arrampicare meglio...


- Blocca! - recupero corda, poi in un attimo lo vedo volare giù. Il chiodo, probabilmente vecchio, ha ceduto al suo peso, e il secondo friend gli è andato dietro... il che significa volo di circa 7 metri e totale inutilità della mia sicura. L'angelo custode del Red Climber fa in modo che vada ad atterrare sul cumulo di neve molle sotto la strozzatura del canale, ma sarebbe bastato poco a farsi male sul serio!


Senza pensarci troppo decidiamo di fare retrofront, ormai il jolly della giornata è giocato. Rinunciamo al canale Batic, ma sarebbe un vero peccato rinunciare anche alla Pania Secca. Così proseguiamo lungo la base dei pendii ovest fino a trovare un'altra linea, biforcata da un masso. Le pendenze sono massimo sui 45 gradi, verso la fine superiamo qualche facile roccetta, per poi sbucare su pendio aperto.
La cresta sud della Pania Secca e il mare

Sono le 13 passate, ma la neve è ancora in buona parte dura! Raggiungiamo la cresta, con belle cornici di neve affacciate sul baratro della parete est. L'aria si è fatta più tersa, e la visibilità è aumentata rispetto a stamattina. La cima è l'ultima grande elevazione delle Apuane verso sud-est, e garantisce un panorama straordinario, con colpi d'occhio vertiginosi sui paesini giù nella valle della Grotta del Vento.

Ultimi passi prima della cima (foto Federico)
Le nuvole si sono diradate a mostrare le cime dell'Appennino, stavolta - ma in generale questo inverno 2014-2015 - lasciato un po' in secondo piano di fronte a destinazioni alpine e apuane, dove le condizioni permettevano qualcosa di più. E del resto i pratoni innevati di Cusna e vicini sono tutto un altro mondo rispetto alle pareti rocciose che ci circondano.

Dietro il Gruppo dell'Alpe di Succiso: ma oggi la picca si è appoggiata sulle Apuane!

Sulla cima ci concediamo di fermarci un poco a mangiare i nostri panini, godendo del sole e dello spettacolo tutto attorno e sotto. Non possiamo però tirare tardi, siccome la neve ormai comincia a mollare. I primi tratti della discesa a lato della cresta, con pendii innevati sopra le placche quasi lisce, è molto rischiosa, specialmente per gli zoccoli che si creano.

Via lo zoccolo!

Torniamo sui nostri passi fino al rifugio Rossi, ripercorrendo il lungo traverso su neve ormai molle. Un saluto al rifugista e poi giù verso il caldo, anche se nel bosco la neve è inaspettatamente dura, quasi da ramponi! Per il viaggio di ritorno optiamo per una Grande Traversata Apuano Appenninica: ieri si era partiti da Massa attraversando le Apuane e poi tornando su fino a Piglionico; oggi ci occupiamo dell'Appennino, con il Passo delle Radici via San Pellegrino in Alpe.

Giochi di luce nei faggi, zona Passo Radici

Dal piazzale del santuario godiamo di uno straordinario colpo d'occhio sulle Apuane, con le Panie in primo piano in bel controluce. Poi almeno altri 100 km di curve attraverso tutte le valli dell'Appennino reggiano, Canossa compresa, ci riportano a casa: non proprio a tutti, siccome Alberto deve tornare a Urzano da Collecchio, e si sorbirà ulteriori saliscendi per un totale stimato di circa 5000 metri di dislivello - attivo - in auto, cui vanno aggiunti i 1000 a piedi. Per quanto mi riguarda, l'uscita più bella che abbia fatto finora in inverno - e inverno non doveva essere già più da un pezzo!

Si riparte infreddoliti da San Pellegrino in Alpe (le due Panie dietro la croce)