domenica 29 settembre 2013

Andare a funghi in val Taro

Porcino fra foglie di quercia
In Alta val di Taro, quando è stagione da funghi, capita di imbattersi in scene davvero singolari: coda sull'autostrada A15 alle 5 di mattina; gente che sale nel bosco nascosta nel baule per non fare il permesso di raccolta; lampade che si aggirano furtive fra gli alberi a notte fonda... tutti sintomi di una "boletomania" che negli ultimi 3-4 anni ha raggiunto livelli da isteria collettiva.

Ma cos'hanno di tanto speciale Borgo Taro e dintorni per quanto riguarda i funghi? Le montagne al confine con Toscana e Liguria sono ricoperte da una distesa sterminata di boschi, esposti in gran parte a nord fra i 500 e i 1500 metri, che ricevono l'aria umida del mare. Sotto questi alberi (in ordine di altezza cerri, querce, castagni e faggi) crescono porcini di tutte e quattro le varietà (in ordine di apparizione stagionale Boletus Aestivalis, Aureus, Phinopilus, ed Edulis), oltre ai prelibati e rari ovuli e numerose altre specie.

Boletus Aureus
Chi va a funghi in val Taro (e Ceno) sentirà di certo parlare delle Comunalie: si tratta di ampie porzioni di bosco riservate all'uso collettivo dei valligiani. La loro storia è molto antica: tutti i paesi principali disponevano di una propria Comunalia, dove gli abitanti potevano mandare le bestie al pascolo, procurarsi legname, castagne e funghi.

Boletus Phinophilus nel castagneto







Le Comunalie di fatto esistono ancora, e si sono consorziate fra loro per regolamentare la raccolta dei prodotti del sottobosco. Chi ha un permesso giornaliero per Albareto ad esempio non può raccogliere funghi sopra Bedonia, ma nemmeno nella vicinissima Boschetto (dove queste foto sono state scattate ieri). Nella sola Val Gotra ci sono ben sei comunalie! Una legislazione del genere è abbastanza complessa e ben diversa da quella di altre zone del parmense, come le alte valli di Parma e Cedra (Corniglio e Monchio), dove vale un unico permesso.

L'accesso in queste aree di bosco, nella stagione dei funghi, è riservato a chi possiede il permesso, con gabbiotti per la sua emissione. Se in macchina si è in quattro, occorre fare quattro tesserine: ecco perché corre voce che certa gente si nasconda nei bauli! Tutto poi sta nell'affabilità o nel pungiglio di chi incontri alla sbarra!


Boletus aestivalis su una costa ripida
In quasi tutte le comunalie salgono lunghe strade sterrate, dunque se si intende cercare i funghi in alta quota (cioè nei faggi) conviene salire in fuoristrada. Conviene pure partire presto, considerando comunque che si troverà sempre qualcuno già parcheggiato! La val di Taro è molto frequentata da bresciani e bergamaschi, che nei casi estremi non si fanno problemi a partire da casa alle quattro di notte; dunque i valligiani hanno interesse ad arrivare prima, in una vera e propria corsa al fungo.
Se non si ha il fuoristrada è meglio cercare nei castagni, oppure puntare a faggete dove si arrivi in alto anche con l'asfalto (monte Penna, Molinatico) o soltanto a piedi (monte Gottero).

Padre e figlio mori nella faggeta
Una ricca fonte di informazioni è il sito ufficiale del Porcino IGP, dove si può trovare la mappa delle comunalie e info sui permessi; è presente anche una tabella della crescita, iper-sommaria dunque poco attendibile, e un forum ridicolo. Se volete sapere quando e dove nascono i funghi dovete andare nel bosco; nella foresta di internet si trova qualche rara info utile in una marea di castronerie... ovviamente non su Montagnatore!

martedì 24 settembre 2013

Monte Gottero e Foce dei Tre Confini dal Passo della Cappelletta, anello in alta val Gotra

C'è una zona del nostro Appennino frequentata più da fungaioli e cacciatori che non dagli escursionisti: si tratta della media val Taro, dove dominano i boschi ma non manca qualche angolo interessante per chi cerca trekking più variegati; fermo restando che una passeggiata fra castagni e faggi secolari, specialmente in autunno, rimane un'esperienza splendida!


Porcini gemelli
L'alta val Gotra (importante affluente del Taro), dove il principale paese è Albareto, penetra nel territorio ligure come un grande triangolo, al cui vertice si innalza il monte Gottero. L'effetto è chiaro guardando le cartine, ma si intuisce anche dalla cima di questa splendida montagna, un'autentica terrazza di prati affacciata su buona parte del levante ligure.


Giochi di nuvole sui boschi dalla vetta del Gottero

Questo itinerario ad anello comincia al Passo della Cappelletta (1085), ben riconoscibile da tutta la vallata per quattro grandi pale eoliche. Siamo sul crinale fra Emilia e Liguria, e dobbiamo imboccare l'Alta via dei Monti Liguri (segnavia AV) in direzione del Gottero: sormontiamo inizialmente grandi prati spogli e panoramici, per poi costeggiare una pineta ed entrare infine nella faggeta.

La faggeta di alto fusto del monte Gottero

Il sentiero segue la linea del crinale, mantenendosi a lungo nel bosco e guadagnando quota fino al Passo del Lupo (1400). Proseguendo sulla variante di crinale dell'Alta Via, incontriamo alcuni cippi di confine ottocenteschi, e grandiosi faggi ben più antichi. Il bosco si fa sempre più rado fino a terminare ormai vicini alla vetta del Gottero (1640), costituita da prati abbastanza dolci.

Panorama dal Gottero verso SO

In cima ci sono diversi manufatti - croce, cippo trigonometrico, due targhe commemorative - ma a una montagna così prominente e isolata poteva andare molto peggio (vedi il vicino Molinatico...)! Il panorama è davvero immenso e privo di ostacoli: a NO la val di Taro, a S la val di Vara, a O le valli di Zeri con dietro il crinale parmense e le eleganti alpi Apuane: il mare è davvero vicino, e in condizioni terse si possono contare quasi tutte le Alpi. Ciò che sorprende di più è comunque il contrasto cromatico fra il verde chiaro della vetta e quello dei boschi che si stendono sterminati in tutte le direzioni.

Panorama verso NE

Dopo la dovuta sosta, si prende la ripida discesa, sempre sulla variante dell'AV, fino alla Foce dei Tre Confini (1406). In questo crocevia di sentieri si incontrano Emilia, Toscana e Liguria, un tempo Ducato di Parma e Piacenza, Granducato di Toscana e Repubblica di Genova. Un antico cippo monumentale contraddistingue il valico.

Occorre ora riprendere a ritroso il percorso principale dell'AV, che attraversa i boschi a N del Gottero tagliandone la cima. La zona è particolarmente umida e fresca, tanto che ho trovato ancora dei fiori a fine settembre; non ho invece trovato i prelibati funghi porcini, che in questa zona quando è il momento giusto devono crescere davvero numerosi.

Seguendo il sentiero, che attraversa numerosi ruscelli e una torbiera (Lago Grande) ci si ritrova poco sopra il Passo del Lupo, da cui si ripercorre il sentiero dell'andata fino al passo della Cappelletta.


Amanita Muscaria (VELENOSA!!!)


Punto di partenza: Passo della Cappelletta (1086)
Punto più elevato: Monte Gottero (1640)
Dislivello in salita: 700
Tempo totale di percorrenza: 4,30 h
Grado di difficoltà: E
Segnaletica: Buona
Punti d'appoggio: Nessuno
 

domenica 22 settembre 2013

Monte Gottero (1640)

Il Gottero è la più alta montagna in provincia di La Spezia, e la sua cima erbosa domina un gran dedalo di valli coperte di boschi. Ci troviamo vicini al punto di incontro fra val di Taro, Lunigiana e val di Vara, dove confinavano Ducato di Parma, Granducato di Toscana e Repubblica di Genova: come rivela il toponimo Foce dei tre Confini, valico a nord del Gottero. Sconfinato appare invece il panorama nelle rare giornate limpide e serene, magari in autunno quando i boschi tutt'attorno si colorano.



Escursioni:
Monte Gottero e Foce dei Tre Confini dal Passo della Cappelletta, anello in alta val Gotra

domenica 15 settembre 2013

L'anno d'oro dei mirtilli

Forse è stato merito di una primavera molto piovosa, o di un agosto sereno, oppure di un inizio settembre abbastanza caldo; ma non ho mai visto tanti (e bei) mirtilli come quest'estate. Tutte le camminate sull'Appennino da inizio agosto fino a ieri, sono state accompagnate da piacevoli scorpacciate, e il piacere è andato in crescendo!

Ripida salita fra i mirtilli verso Cima Canuti
L'Appennino Tosco Emiliano è ricchissimo di mirtilli, che normalmente si trovano da metà luglio a metà agosto, sui prati vicino al crinale; nei versanti a nord durano più a lungo e sono più buoni. Ci sono almeno due varietà di mirtilli: quelli precoci di colore azzurro spento con un buchino sulla testa, e quelli con il frutto più scuro e lucido. I secondi generalmente sono più saporiti e grandi.

Le due varietà

mercoledì 11 settembre 2013

Bocchette Alte, sospesi su un abisso di nuvole, giorno II: cengia Garbari e ferrata Detassis

Dopo la giornata tutto sommato buona di sabato, la domenica il tempo non è affatto incoraggiante...

Alba nuvolosa al rifugio Tuckett: vista verso Campiglio

...ma saliamo ugualmente verso la bocchetta del Tuckett (2642), affrontando il lungo nevaio che la precede.

Il vallone sopra il rifugio Tuckett: si intravvede al centro l'omonima bocchetta

Comincia qui il percorso classico delle Bocchette Alte: facili roccette divertenti da arrampicare e non sempre attrezzate ci conducono in salita fino all'imbocco della cengia Garbari, ai piedi di Cima Brenta, affacciata sul versante di Molveno.

 

Noi purtroppo siamo affacciati soltanto su un muro di nebbia, e procediamo in queste condizioni, mentre tra l'altro comincia a spiovigginare.

In cengia col maltempo
 

lunedì 9 settembre 2013

Bocchette Alte, sospesi su un abisso di nuvole, giorno I: sentieri Benini e Dallagiacoma

Alla fine del giro i ricordi si riaffacciano confusi ma suggestivi, come guglie dolomitiche avvolte da una nebbia persistente che fatica a diradarsi. Le Bocchette, vie ferrate per eccellenza: furono costruite a partire dagli anni '30 per collegare fra loro le forcelle (bocchette appunto) sulla dorsale principale del gruppo dolomitico, vincendo pareti fino ad allora riservate agli alpinisti.

Sentiero Benini

 
Non si tratta però di vie di arrampicata fiancheggiate dal cavo, bensì di puri sentieri di ferro: percorsi squisitamente logici, che si mantengono a una rispettosa distanza dalle cime, sfruttano lunghe cenge, cavalcano creste, superano i tratti più verticali con l'aiuto di ardite scale. Per questo non risultano difficili tecnicamente, pur richiedendo assenza assoluta di vertigini.

Ferrata Detassis: essenziale fidarsi della propria attrezzatura!

Le Bocchette del Brenta, divise in alte e centrali, sono considerate fra le più belle vie d'alta quota di tutte le Alpi. Ciò che le rende famose e molto frequentate sono i grandiosi panorami dolomitici che offrono, ma che purtroppo questo weekend, nella gita sociale del Cai di Parma, abbiamo potuto apprezzare solo in minima parte.

Cengia Garbari

 Per buona parte del percorso infatti siamo rimasti circondati dalla nebbia, vedendo a malapena a pochi passi davanti a noi; l'esperienza è stata comunque affascinante, siccome sembrava di camminare sospesi sul nulla; e chi soffriva di vertigini ha avuto una magra consolazione!


Dopo un lungo viaggio in pullman, raggiungiamo Campo Carlo Magno, e con la cabinovia raggiungiamo in 20 minuti il passo del Grostè (2442).


martedì 3 settembre 2013

Monte Rondinaio, anello dal Lago Santo per lago Turchino, Torbido e Baccio

Lago Santo modenese e Lago Santo parmense: due bellissimi specchi d'acqua, due poli d'attrazione del turismo montano per le rispettive città emiliane. Patriotticamente preferisco il parmense, più ameno e con un solo rifugio; ma non posso negare la grandiosità delle montagne che circondano il modenese, con i loro sistemi di creste e dirupi: brusche interruzioni nelle distese di prati che contraddistinguono gran parte del crinale dal passo del Cerreto in giù.

 
Il Rondinaio si raggiunge facilmente dal parcheggio (1450) sotto il lago Santo. In questo itinerario leggermente più lungo e impegnativo invece ci siamo gustati fino in fondo la salita, compiendo un giro attorno alla montagna per ammirarne le diverse facce e i graziosi laghetti ai suoi piedi.



Il viaggio in auto da Parma è lungo e tortuoso: cerco di convincere gli amici del Cai che ogni singolo km e curva sarà ricompensato dalla bellezza dei luoghi cui siamo diretti, vicini in linea d'aria ma più complicati da raggiungere rispetto a buona parte delle Prealpi venete e lombarde. Facciamo sosta nella trafficatissima Pavullo nel Frignano dove troviamo un ottimo forno, e alla fine ci mettiamo in cammino poco prima di mezzogiorno.


Ci lasciamo sulla sinistra il Lago Santo per restare sul sentiero principale diretto al lago Baccio, il 523; dopo circa 10 minuti lo abbandoniamo per il 519, che scende a sinistra nella faggeta passando sopra un'alta e inaspettata cascata. Procediamo a lungo in costa: in un primo tratto fuori dal bosco possiamo ammirare davanti a noi la parte alta della valle delle Tagliole, con la sterrata della Foce di Giovo; mentre sopra di noi incombono i dirupi del Passetto (1699), ultimo picco della dorsale N del Rondinaio.


lunedì 2 settembre 2013

Lotta con l'Alpe!? Grande anello da Succiso sulle tracce del Barbarossa

Ci sono momenti in cui la voglia di montagna ti pervade totalmente, anima e corpo: con gli occhi e col cuore tracci arditi itinerari, convinto delle tue possibilità mentali e fisiche: perché ti senti in forma perfetta, carico come una molla. Ecco, questi sono i momenti in cui sono più propenso a sopravvalutarmi e fare delle stronzate; e allora quel pizzico di esperienza che ho estratto dai passati errori interviene per farmi mettere i piedi saldamente per terra, come è giusto li tenga ogni buon escursionista!

Sul vallone di Rio Pascolo coi piedi per terra e il cervello per aria
Le Alpi e le Dolomiti quest'anno mi hanno visto di più rispetto agli scorsi, ma comunque meno di quanto sperassi; mi consolo con il fatto di avere un'Alpe a 70 km da casa, sopra il paese di Succiso! Sulla montagna che mi è più cara ho già scritto molto, e molto ho ancora da raccontare; questa è la quarta volta che ci salgo, e in tante altre occasioni conto di tornarci, magari nella stagione bianca e con tutte le cautele del caso.


Cima dell'Alpe di Succiso
Parto alle 7,30 in sella alla motina, e come passo il semaforo ed entro in campagna ecco l'Alpe già sveglia da un pezzo che mi saluta, non nitida come nelle giornate più terse ma lo stesso ben visibile. A Lagrimone mi fermo come di consueto per prendere caffè e pranzo al sacco; la consuetudine - in realtà molto recente! - è dovuta al consigliatissimo Alimentari lungo la strada (non il supermercatino nel piazzale), dove si trovano panini buoni e sostanziosi a prezzi ridicoli e tanta cortesia: i primi non sono così rari da trovare sul nostro Appennino, la seconda invece sì...

Maestà anomala a Succiso Vecchio
Arrivo a Succiso (Villa di Mezzo) poco dopo le 9, e parcheggio di fronte alle suggestive rovine di una pieve (905 m), molto probabilmente crollata nelle alluvioni dei primi anni '70 come molti altri edifici delle vecchie borgate.

Esattamente di fronte alla chiesa sbuca il sentiero che intendo percorrere a ritorno, diretto al passo Scalucchia; ora però mi devo sorbire come riscaldamento 2 km scarsi di asfalto fino a Succiso Nuovo (970). In paese trovo tratti di sentiero segnati che mi permettono di tagliare due tornanti, passo l'Agritursimo Valle dei Cavalieri e giungo ad una bella fontana vicino alla chiesa, dove partono i sentieri per l'Alpe di Succiso e il lago Acuto.



Imbocco il primo, che sale nel bosco con una bella lastricata; alle mie spalle
però sento presto il rombo fastidioso di un trattore. Per un po' lo tengo dietro poi mi stufo e lo lascio passare; tutto questo accade nel cuore pulsante del Parco Nazionale. Salendo lentamente ma senza pausa, attraverso belle faggete, già battute dai fungaioli; il sottobosco è sporco e rovinato, del sentiero poi non ne parliamo: sassi smossi nelle salite, fango e pozzanghere nei tratti spiani, tutto marchiato dalle tracce dei trattori, che evidentemente salgono spesso su di qui per portare giù la legna.

L'ampia faggeta a N dell'Alpe, sullo sfondo si intravvede Succiso Alto
Dopo un'ora abbondante di salita un po' noiosa, esco finalmente dal bosco in vista del rifugio/bivacco Rio Pascolo, dove compare l'Alpe di Succiso ancora altissima. Al primo bivio giro a destra sul 673a, detto Sentiero Barbarossa e segnato EE: un tracciato per nulla banale e pochissimo battuto, che attraversa il più aspro versante dell'Alpe, quello Ovest; leggenda vuole fosse stato percorso dal Barbarossa durante una delle sue discese in Italia.

Sentiero Barbarossa, prima parte: sullo sfondo le montagne parmensi