domenica 26 febbraio 2017

Un gennaio a caccia di ghiaccio in Appennino: seconda parte


WEEK 2 E' ARRIVATO IL MARINO?!?

10-12 Gennaio
Mario e Federico, invidiosi del bel colpo sulla cascata della Parmetta, torneranno dopo due giorni a ripeterla, trovando condizioni leggermente migliori. Il Red climber va anche a visitare insieme a Pietro G. la cascata della Mamma, in val Cedra, e altri budelli dimenticati in val Bratica. Poi come per dispetto verso metà della seconda settimana di gennaio inizia a soffiare in quota il Libeccio, che noi chiamiamo Marino, e sembra rovinare tutto irreparabilmente.

Federico sulla Parmetta (foto di Mario)

E invece Parma, venerdì 13 giorno del patrono di Sant'Ilario, si risveglia coperta dal vetro-ghiaccio: non so quante macchine volano fuori strada, in città come in periferia... per fortuna nessuno si fa troppo male, ma i carrozzieri devono aver brindato, sempre che non fossero in ferie. Già dal pomeriggio il cielo si rasserena, ripulito da freddi venti settentrionali... all'orizzonte, dietro le nuvole in dissolvimento, ricompaiono le vette appenniniche più alte, e hanno finalmente un colore diverso: il bianco!

Alberto e l'Alpe
14 Gennaio
Le premesse per divertirsi ci sono tutte: però Fede deve andare al mare e Mario sta poco bene, così sabato mattina siamo di nuovo soltanto io e Alberto a ritrovarci di buon ora a Lagrimone, per andare a testare le condizioni sulla nostra montagna preferita: l'Alpe di Succiso! La giornata è limpida e fredda, già da lontano la parete nord dell'Alpe appare bella incrostata di neve.

Noi però vogliamo andare a sondare il versante ovest per salire il Canale del Masso, una delle linee più logiche e lunghe di questa montagna piena di sorprese. La salita ai Ghiaccioni è ricca di suspence... la neve c'è sui versanti a nord, ma gli altri sembrano totalmente puliti. Arrivati ai piedi della parete, invece... meraviglia! Una striscia bianca sinuosa serpeggia fra le rocce, in buona parte scoperte: ecco il canale del Masso, in condizioni a dir poco perfette!

La bellissima linea del Canale del Masso

Saliamo tutto il canale slegati, superando tre brevi ma delicati saltini ghiacciati. Il resto è neve ottima, ben solidale col terreno, almeno fino a 3/4 della salita; poi le cose si fanno più delicate, con zolle d'erba scoperte e sempre più verglassate salendo di quota. L'uscita in cresta (sulla sinistra) è ripida e delicata, e una volta fuori dall'imbuto il vento taglia la faccia.

Il primo salto ghiacciato
 
Altro tratto delicato

Uscita su erba verglassata!
 
Decidiamo così di proseguire lungo il canalone nord-ovest, salita (e discesa con gli sci) fra le più classiche e lunghe dell'Appennino, in ambiente grandioso. Mano a mano che saliamo le montagne attorno si fanno sempre più piccole, e all'orizzonte fanno capolino le Alpi di confine. Verso la fine del canalone, Alberto taglia decisamente a sinistra, raggiungendo per un ripido canalino la cresta nord; dopodiché inizia a traversare in parete sotto le placche sommitali.

Nel canalone nord-ovest

Lo raggiungo ai piedi della prima linea di salita evidente, un bel canalino che si impenna fra le rocce corazzate di ghiaccio. Inizio a sentire la stanchezza, e per non rischiare faccio portare su la corda ad Alberto: la neve è a dir poco fantastica, le picche affondano che è un piacere. Un paio di salti ripidi con erba affiorante e le difficoltà finiscono. Poco più di 60 metri, ma che divertimento!

Sotto la parete nord

Ora resta solo un pendio più facile per raggiungere la cresta principale, a pochi passi dall'antecima: che montagna fantastica e severa l'Alpe di Succiso, quanto si fa desiderare e aspettare la vetta, da qualunque parte si arrivi! Il vento per fortuna si è un po' placato, e nonostante la temperatura percepita sia attorno ai meno 15 ci concediamo una lunga pausa contemplativa. La giornata è limpidissima, scorgiamo bene la Corsica, l'Amiata, il Monviso...

Panorama dalla vetta dell'Alpe

Anche il rientro non è banale, con la normale dal Rio Pascolo liscia come un biliardo e il sentiero, una volta finita la neve sotto i 1400 metri, ricoperto da un insidioso strato di ghiaccio almeno fino ai 1200. A Succiso arriviamo soddisfatti e quasi stanchi, ogni salita all'Alpe somiglia sempre a un'ascensione.

Sentiero ghiacciato per il Rio Pascolo

15 Gennaio
La domenica dopo provo a bissare le belle condizioni, ma stavolta ci va male... con Luca B. e Pietro C. puntiamo a un facile canalino nella zona del Cusna, ma siamo costretti a fare retrofront dopo una lunga ravanata nel bosco sotto la neve... la giornata si conclude ai piedi della Pietra di Bismantova in compagnia di torta fritta e salume!

L'unica nevicata del mese... presa in pieno!


WEEK 3: ALPE & APUANE

20 Gennaio
Passa un'altra settimana, meno soleggiata in montagna rispetto alle precedenti, ma sempre fredda. Venerdì Federico va anche lui all'Alpe di Succiso, salendo un canalone al Casarola, una linea sulla nord e un canale sulla sud-est. Le condizioni sembrano essere ancora perfette, specialmente sulla nord, con un poco di neve in più rispetto alla nostra salita.

Canalino Nerli, secondo tiro

21 Gennaio
Il sabato però lo convinco a tornare sulle Apuane, dove da altre fonti sappiamo che sopra i 1500 deve esserci parecchio da divertirsi... Ci fissiamo come obiettivo il Canalino Nerli al Grondilice, che lo scorso inverno avevamo dovuto interrompere per la neve impresentabile. Oggi la situazione è decisamente diversa: poca neve, tanta roccia e ghiaccio a tratti affiorante.

Canalino Nerli, terzo tiro

Il canalino si rivela più impegnativo e ingaggioso in queste condizioni: in vari punti somiglia più a una goulotte. Con 4/5 tiri, su soste da attrezzare, raggiungiamo la cresta poco distanti dalla cima, che ci regala di nuovo un bellissimo panorama non guastato da alcuna nuvola - fatto raro per le Apuane!


Uscita in cresta


WEEK 4: GHIACCIO O NEVE? QUESTO E' IL PROBLEMA!

25 Gennaio
Inizia una nuova settimana: qualche debolissima nevicata in quota, freddo persistente. Il mercoledì torna bello: puntuali come due orologi, Mario e Federico sono di nuovo sulla nord dell'Alpe, dove salgono una sottile goulotte sulle placconate centrali: le condizioni, dopo le ultime deboli nevicate, sono veramente scozzesi! Le foto pubblicate da Fede riscuotono scalpore, e nel weekend successivo si spingeranno all'Alpe spiccozzatori da Modena e addirittura da Brescia...

Parete nord del Munro di Succiso: foto di Mario


26 Gennaio
Giovedì altra bella giornata, altra bella salita per Alberto, Pietro G. e l'instancabile Federico: stavolta la location è il vallone dell'Inferno, dove i nostri salgono una nuova linea di 200 m sulla parete nord del monte Scalocchio. La neve è di meno rispetto all'Alpe, ma dura e presente dove serve... dove non c'è più i ramponi grattano un po' di roccia: la via è ribattezzata Misto Inferno, e attende la prima ripetizione!

Monte Scalocchio: Misto Inferno (foto Federico)


28 Gennaio
Sabato finalmente torna anche il mio turno... purtroppo il tempo non è sereno come i giorni scorsi, ma per una cascata a bassa quota va benissimo, considerato che fa ancora molto freddo. Siamo io e Fede e decidiamo di cambiare radicalmente zona, addentrandoci nell'Appennino Piacentino per esplorare la zona di Cattaragna / Rocca dei Borri.

Fantasia, grado 4+, la cascata più famosa e difficile della zona

Sul posto ci attende l'amico borgotarese Paolo, arrivato un po' prima di noi per un'altra strada insieme a Manuel.  Saliamo ai piedi della Rocca dei Borri e attacchiamo la stessa cascata, pensando si tratti di Cavolini di Bruxelles: in realtà siamo su Fantaghirò, ma ce ne accorgiamo soltanto quando dopo due lunghezze la colata scompare!


Incroci di corde su Fantaghirò

Con una digressione poco raccomandabile di misto terra ci ritroviamo su un bosco molto ripido, che seguiamo fino alla base della cascata. Ci rendiamo conto della situazione piuttosto magra degli itinerari, molto più difficili di quanto siano classificati sulla guida... solo Fantasia sembra ben formata: incanta a guardarla, ma non è ancora pane per le nostre picche!

Gente che si cala vista dall'auto...

Torniamo all'auto che non sono neanche le 15, e incontriamo altri due alpinisti di Genova che hanno salito Il maestro è nell'anima. I borgotaresi devono ripartire, mentre noi abbiamo ancora voglia e tempo di dare due spiccozzate: la comodità estrema delle cascate, che spesso iniziano di fianco alla strada, ci consente di fare un'altra salitina.

Scegliamo L'insostenibile pesantezza dell'essere, con due divertenti tiri sul 2-, e ghiaccio inaspettatamente migliore di quello trovato la mattina più in quota! Il rientro non è di nuovo dei più comodi, per bosco quasi verticale che diventa verticale appena sopra alla strada. Federico traversa un po', mentre io raggiunto un bell'albero 6 metri sopra la strada decido di usare la corda e calarmi!


Su L'insostenibile pesantezza dell'essere

Ovviamente Fede ci mette meno, e immortala anche la ridicola calata con machard. Tornati all'auto che ormai fa buio, ci accorgiamo che manca una vite all'appello: cerca qua cerca là, non salta fuori, mentre io non mi rendo conto che non ho caricato qualcosa di ben più importante... partiamo un po' rattristati, ma dopo pochi metri per pura fortuna mi accorgo della vite in mezzo alla strada, proprio dove Fede mi ha aspettato mentre mi calavo!

Federico recupera la BD da 16cm dall'asfalto!

Contentissimo, il Red Climber scende a recuperare il prezioso (e molto pericoloso se in mezzo a una strada!) strumento, e ripartiamo felici verso Parma, senza sapere che ci sono solo tre piccozze nel baule!!! Il sottoscritto se ne rende conto solo a casa. La Jorasses non c'è! Chiedo a Fede se ce l'ha lui, mi viene il dubbio di averla lasciata allo scambiatore dell'autostrada, o al parcheggio sotto la cascata... scandagliamo le foto, la picca non si vede, eppure fino all'ultimo la avevo con me!

La foto "incriminata"

Alla fine risolviamo il mistero dalle foto che Fede mi ha scattato mentre mi calavo sopra la strada... avevo soltanto una picca agganciata all'imbrago! La Jorasses, che nel bosco avevo usato come appoggio, è rimasta sotto l'albero attorno a cui avevo fatto girare la corda! La vite da ghiaccio - lasciata lì da Fede quella, però... - era un avvertimento!


29 Gennaio
Mi tocca svolgere una massiccia opera di convincimento per spingere Federico, Alberto e Pietro a tornare a in zona la domenica, giornata potenzialmente perfetta per salire canali più in quota con sole freddo e neve marmorea... Ma gli amici sono amici, a me guidare non dispiace, e così rieccoci - meno di buon ora rispetto a ieri - sulla strada di Cattaragna, dove le cascate da salire certo non mancano!

Mal d'Africa: primo salto

Stavolta cominciamo con Mal d'Africa, quattro o cinque tiri con partenza direttamente dall'auto, difficoltà 2, ghiaccio ottimo, migliore ancora di ieri; discesa leggermente meno scomoda rispetto alla vicina Insostenibile (che del resto non avevamo salito fino in fondo). Tornati alla strada, mangiamo al sole il nostro panino e alle 14 siamo pronti per ripartire con una nuova cascata: la scelta cade su Il maestro è nell'anima, 150 metri, difficoltà 3.

Mal d'Africa: secondo salto

Anche qui il primo tiro si può cominciare direttamente dal baule... Troviamo più ghiaccio rispetto alle altre cascate, evidentemente il rio deve avere maggiore portata. I tiri sono belli e vari: dal muro grasso dove sali ovunque, alla goulottina stretta e obbligata, fino all'imponente salto del quarto tiro, con attacco quasi verticale. Federico fa il lavoro sporco, anzi bagnato! C'è da sudare a piazzare le viti su queste pendenze, e anche il ghiaccio sta iniziando a sudare un po'... sono quasi le 16!


Il Maestro è nell'anima: Federico sul tiro chiave

Ultimo tiro con breve candelina e anche questa cascata è portata a casa. La quarta in due giorni! Con nostra grande gioia, il ritorno alla macchina stavolta avviene per sentiero comodissimo, e anche oggi ripartiamo che ormai fa buio. Per tornare a Parma, mi invento un itinerario un po' più coinvolgente, con svalicamento in val Nure e strade provinciali fino a Fiorenzuola... incontriamo lepri, caprioli, cinghiali e per puro caso non ne investiamo nemmeno uno!

Uscita di Il Maestro dall'alto


WEEK 5: E' ARRIVATO IL MARINO: THE END.

30-31 Gennaio
Purtroppo l'incantesimo delle cascate in Appennino si interrompe bruscamente a cavallo fra gennaio e febbraio con un innalzamento delle temperature dovuto all'arrivo del libeccio, che purtroppo con il ghiaccio non va d'accordo. Mentre scrivo si spera nell'arrivo di un po' di neve, che finora è stata la grande assente dell'inverno appenninico (e non solo...).

Alla prossima!

martedì 14 febbraio 2017

Un gennaio a caccia di ghiaccio in Appennino: prima parte

Un inizio d'inverno controverso, quello del 2016-2017: chi desiderava la neve nelle città e sulle piste da sci del nord-est è rimasto a bocca asciutta; chi non se l'aspettava proprio al centro-sud è rimasto a bocca aperta; chi invece aveva voglia di ghiaccio e poca neve dura si è solo leccato i baffi!
Una lunga serie di giornate fredde e serene, ci ha spinti in montagna con una frequenza e intensità sorprendenti, specialmente per il mese di gennaio; e quasi sempre - fatto non scontato in Appennino! - siamo riusciti a centrare i nostri obiettivi.

Cascata Lavacchielli: l'unico obiettivo mancato!

Vere protagoniste di questo inizio di stagione sono state le cascate di ghiaccio! Finora avevamo praticato questo genere di scalata soltanto sporadicamente; lo consideravamo un ripiego a salite di più ampio respiro, lungo canali o creste di misto che conducessero su una vetta. Ma creste e canali del nostro Appennino, almeno fino a metà gennaio, sono rimasti sgombri di neve; e le uniche salite alpinistiche possibili erano proprio quelle cascate che sulle nostre guide ci sembravano carta morta, miracoli di inverni lontani e irripetibili. Invece, come in un gelido incantesimo, eccole lì luccicare in mezzo al secco dei prati, nell'ombra delle faggete!

Sulla Cascata dei Laghi Sillara


Il gusto della scalata su ghiaccio è andato subito di pari passo con quello dell'esplorazione: la ricerca della colata nuova, la corsa alla cascata più bella in una tacita competizione con gli amici di altre province e compagnie... un alpinismo leggero, divertente, ma non esente dal rischio di sbagliare: ben lontano dalla tendenza, comune a molti sedicenti ice-climbers, a muoversi soltanto con la sicurezza di centrare il colpo, dopo avere intasato tutti i social network di richieste di info su quell'itinerario  quella valle quella regione. Con il risultato di ritrovarsi sotto la cascata in coda! A me questo non piace: nelle mie uscite cerco prima di tutto l'avventura, e so che comunque una giornata passata in montagna non è mai buttata, anche se non si riesce a combinare quello che ci si era prefissati.

Alpe di Succiso in condizioni perfette dopo la prima nevicata del 2017



2016: WEEK 0: LA SCOPERTA

26 Dicembre 2016
Tutto è cominciato il giorno di Santo Stefano dell'ormai lontano 2016. Per non buttare via la bella giornata di sole, in tarda mattinata parto per fare una passeggiata sopra ai Lagoni. Mi incammino lungo il sentiero a sinistra del lago, e la situazione è desolante: pochissima neve soltanto nel bosco e sul sentiero, dove stranamente noto alcune impronte fresche: chi mai si sarà avventurato su di qui oggi?
Federico sul crinale: l'inverno sembra ancora lontano!

Supero la sella di Rocca Pumacciolo e comincio a scendere verso il bel vallone sotto il monte Paitino, su un terreno particolarmente scivoloso. Le impronte proseguono. Poco oltre raggiungo due persone, uno zaino ben noto... è Federico, salito con la madre anche lui per una innocente "passeggiata" su uno dei sentieri più remoti dell'Appennino parmense!

Presto capisco il secondo fine del Red Climber, figlio apprensivo ma anche approfittatore! Sul fondo del vallone aveva addocchiato alcuni salti d'acqua, che ora spera di trovare ghiacciati: e il ghiaccio in effetti c'è! Mentre lui scende ad esplorare io proseguo per il Sillara: ci incontreremo di nuovo a ritorno, e mi confermerà di avere fatto una bella scoperta!


27 Dicembre
Mentre io sono al lavoro, 12 piccozze - comprese quelle di Federico! - tornano in zona: nasce così - se di nascita si può parlare! - la Cascata del Pumacciolo, una lunga cavalcata di 400 metri su ghiaccio, tutta da attrezzare e proteggere, con difficoltà discontinue ma non banali: l'esplorazione del ghiaccio appenninico è cominciata!

Cascata del Pumacciolo (foto Federico)

Cascata Laghi Sillara: il primo tiro
28-29 Dicembre
Federico torna - da solo o accompagnato - in val Cedra, a sondare con tanto di binocolo le varie colate. A forza di vedere foto, sale esponenzialmente anche a me la voglia di tornare a pestare il ghiaccio delle nostre montagne.

30 Dicembre
Senza troppo pensarci sopra mi prendo un giorno di ferie, e con Mario e Federico partiamo sotto un bel sole per attaccare il primo pezzo grosso della stagione di ghiaccio appenninica: la Cascata dei Laghi Sillara!
Molto magra, ma si sale!


Mario ci era già stato l'anno scorso insieme ad Alberto e Luca Z, dopo un periodo di freddo intenso, trovando davvero tanto ghiaccio. La situazione che troviamo oggi è decisamente più magra, per via del secco prolungato dei giorni scorsi... ma la cascata è formata, e nonostante il ghiaccio sottile e vetroso, con qualche passaggio un po' psicologico, saliamo sempre sulla linea e ci divertiamo come dei matti!

Subito dopo di noi, un'altra cordata - fatto quasi incredibile! - attacca la cascata... Seguiamo il ruscello ghiacciato fino alla grande lavagna bianca e luminosissima del lago, dove ci concediamo un po' di meritato cazzeggio. In discesa, dalle parti del Lago Verde, facciamo una nuova scoperta, potenzialmente molto interessante per future stagioni più nevose! Per ora top secret a riguardo...



2017: WEEK 1: DAL CHIESE ALLA PARMETTA

2-4 Gennaio
Il nuovo anno inizia con un freddo pungente, e giornate sempre serene. Federico continua l'esplorazione, passando in rassegna quasi tutte le cascate nella media montagna relazionate su Arrampicaparma, guida di riferimento per l'alpinismo nella nostra provincia. Purtroppo quasi tutte risultano brevi e in un ambiente snaturato dalle frane o invaso dalla vegetazione. I calanchi di terra lungo la provinciale per Bosco svelano insospettabili candele, l'invaso artificiale sotto la centrale di Marra sembra un colouir... come si fa a lavorare concentrati con giornate simili, una più serena dell'altra??


5 Gennaio
Non resisto e il giovedì mi prendo un altro giorno di ferie! Il meteo però in Appennino non è dei migliori, così per una volta indossiamo le vesti degli ice climbers 2.0: e dopo avere spulciato una lunga serie di post su Facebook, mettiamo nel mirino la superclassica Excalibur in val Daone. Come già sapevamo, la cascata è praticamente l'unica formata in valle, almeno fra quelle comode. La giornata ventosa e feriale ci permette di salire senza fare coda, anche se non siamo gli unici sulla cascata.

L'intrusa... Excalibur, Federico sul tiro chiave
Nonostante un voletto per fortuna senza conseguenze di Mario, la salita è portata a casa... siamo gasati, il grado 3 non ci sembra nulla di impossibile, possiamo tornare in Appennino forti di questa nuova esperienza! La sera però torniamo a casa tardi dalla trasferta prealpina, e nessuno ha voglia di svegliarsi troppo presto il venerdì dell'Epifania.




6 Gennaio
E invece le 10 però la voglia rimonta, e mando un messaggio a Federico:
- Fai un giro oggi?
- Sono con mia madre ai Lagoni
- Proviamo la Cascata del Lago Scuro?
- Aggiudicato!

Cascata del Lago Scuro: il primo saltino

La cascata in questione non è relazionata sulle guide: mi aveva incuriosito quest'estate, poi Fede e Alberto nei giorni scorsi, durante le battute di caccia in val Cedra, avevano notato che si stava formando: proviamo! Dopo pranzo lancio la Panda a tutto gas metano su per la fondovalle, e alle 14,30 sono ai Lagoni. Arriva anche Fede, sua madre ci aspetterà pazientemente al caldo in rifugio leggendo qualcosa.

Cascata del Lago Scuro, quarto tiro
Attraversiamo i laghi ormai ghiacciati, in breve raggiungiamo il rio che scende dal lago Scuro e scopriamo con piacere che è ghiacciato anche lui! Non abbiamo tempo da perdere, e partiamo slegati; al primo salto un po' lungo però tiriamo fuori la corda, e ci alterniamo al comando. Ogni tiro è una sorpresa: la cascata sembra sempre esaurirsi , ma poi dietro l'angolo presenta un nuovo salto!

L'ambiente è davvero suggestivo: si risale una sorta di canyon fra solidi strati di arenaria macigno, perfette per attrezzare soste a chiodi o friend. Il ghiaccio è un po' bagnato, ma le difficoltà sono contenute e riusciamo a completare la salita in due ore scarse, felicissimi della piacevole scoperta. In breve col vicinissimo sentiero torniamo al rifugio, entrando con tanto di piccozze e corda.

Non suscitiamo curiosità nei rifugisti, che non sprecano fiato per domandarci dove siamo andati con tutta quell'attrezzatura... sicuramente non avrebbero mai sospettato che la Cascata del Lago Scuro, nelle due settimane successive, sarebbe diventata una piccola classica, ripetuta da amici e conoscenti di Parma ma anche da forestieri provenienti da Brescia e Firenze, che dei Lagoni non conoscevano nemmeno l'esistenza!

Già dal pomeriggio Alberto, rimasto a casa per un po' di tempo per un'indisposizione, comincia a scalpitare per il sabato: soliti dubbi amletici, neve o ghiaccio? Alla fine è il secondo ad avere la meglio, e l'obiettivo è una delle cascate più belle e famose del nostro Appennino: il Lavacchiello, sopra Ligonchio!

Il salto più evidente del Fosso Lama Cavalli, noto come Cascata del Lavacchiello (in realtà ci sono altri salti sia sotto sia sopra)

7 Gennaio
La Panda di Mario (e anche Mario stesso!) non sembra troppo felice di salire strada ghiacciata che risale l'alta val d'Ozola verso il lago di Presa Alta, ma alla fine riusciamo ad arrivare incolumi al gelido parcheggio. La selvaggia e ripidissima valle è cosparsa di colate ghiacciate, ancora molto magre ma decisamente attraenti.
Cascate ancora troppo magre in Val d'Ozola


Percorriamo il sentiero, totalmente pulito, fino alla confluenza del Fosso Lavacchielli con il Lama Cavalli: è quest'ultimo a formare il salto più famoso, che ci appare in tutta la sua immobile bellezza. Così immobile in verità non è... l'acqua scorre ancora abbondante sotto il ghiaccio, che si è appena formato. La salita sembra possibile e non troppo difficile, ma il ghiaccio è troppo morbido ed effimero... non ci fidiamo a salire un salto di 20 metri con tali condizioni!

Ma a ben cercare il ghiaccio salta fuori!

La giornata non è comunque buttata: guidati da Alberto, che queste zone per ragioni di studio le conosce come il giardino di casa sua, risaliamo il vicino Fosso Lavacchielli, che sembra ghiacciato e forma un paio di salti poco più su: purtroppo sono troppo magri! Per prati e boschi ripidi ci riportiamo così nell'invaso del Lama Cavalli, per vedere le due cascate superiori: la seconda è anche lei troppo "pisciona" ed effimera, mentre la terza, più semplice, è circondata da un grande anfiteatro di candele.

Improvvisata falesia di ghiaccio sul Fosso Lama Cavalli

Abbiamo portato le piccozze fino qui, perciò tanto vale usarle! Attrezzate due soste sugli alberi sopra le colate, ci caliamo e iniziamo ad andare su e giù in moulinette cercando le linee più interessanti. Una piccola falesia di ghiaccio! Peccato che ormai è pomeriggio e riusciamo a fare giusto 3 o 4 tiri a testa...


8 Gennaio
La domenica Fede e Mario devono dedicarsi alle morose, mentre io e Alberto approfittiamo della nostra condizione e del freddo per una nuova avventura: partiamo comodi alle 11 da Pastorello, diretti alla più classica fra le cascate della nostra provincia: Il diavolo e l'acquasanta, meglio nota come la cascata della Parmetta!

Cascata Parmetta: primo salto, placca ghiacciata

Ormai i pantaloni invernali, tenuti addosso per quattro giorni, iniziano a puzzare... così provvedo subito a lavarli, non volontariamente, nelle acque della Parmetta, coperte da un infido e sottile strato di ghiaccio! Non proprio il modo migliore per iniziare la salita... La cascata è formata, ma complice la portata non indifferente del torrente, sotto il ghiaccio scorre ancora molta acqua.

Secondo salto

La salita è varia e divertente, con tre tiri vicini abbastanza lunghi e diversi uno dall'altro, mai difficili, su ghiaccio morbido a cavolfiori con le rocce vicine. Ci sono già i segni di ramponi, sia sulle rocce sia sul ghiaccio: non siamo dunque i primi stavolta! Un altro paio di tiri su placche ghiacciate e togliamo i ramponi a un minuto dalla macchina.


La prima settimana del 2017 è andata, le feste sono ormai agli sgoccioli, ma non le cascate! Avremo ancora modo di divertirci parecchio...

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martedì 24 gennaio 2017

Vagando in autunno fra le cenge del Brenta: tentativo alla Via Kiene

...Continua da Tentativo alla Torre dei Quattro Cantoni

Alla fine scegliamo di visitare un posto nuovo (alla Corna Rossa avevamo scalato l'anno scorso la via Detassis) e optiamo per la Kiene. L'albergo dove siamo però non è un rifugio, e non riusciamo a contrattare la colazione prima delle 7... ma al netto del cambio dell'ora, quindi è come se fosse alle 8! Saliamo spediti verso Vallesinella, fermandoci un attimo in paese a Campiglio dove recupero le scarpette dalla casella della posta del rifugista del Segantini, che ce le ha gentilmente lasciate.

Panorama verso Adamello e Presanella dal rifugio Tuckett

Al parcheggio ci sono altri arrampicatori, e l'aria è fresca... il Castelletto inferiore si avvita in cielo  proprio di fronte a noi, incutendo un certo timore... la vetta è 1100 metri più su e sappiamo che oggi alle 17,30 farà buio. Ci incamminiamo veloci sulla comoda scalinata nel bosco di larici, ancora tutto in ombra: superiamo il rifugio Casinei, raggiungiamo il Tuckett con l'inconfondibile skyline di cime alle sue spalle, forse uno degli scorci più belli e famosi delle Dolomiti di Brenta.

Il rifugio Tuckett: a sinistra il Castelletto inferiore

La nostra parete è già al sole, contrapposta al severo e ben più grande versante nord di Cima Brenta, con la famosa cascata ghiacciata che interrompe a metà ciò che resta della vedretta alta. L'avvicinamento è comodissimo: risaliamo per tracce i ghiaioni a sinistra del rifugio, dunque costeggiamo la parete fino all'evidente camino del primo tiro (poco più avanti c'è una grande grotta con il tubo che porta l'acqua al rifugio).

All'attacco
Siamo all'attacco alle 10, e purtroppo il primo tiro è ancora tutto all'ombra. Si tratta anche del tiro più difficile, un camino di 40 metri abbastanza sostenuto sul V grado. Lo attacco io, forte di una lunga esperienza estiva su camini di ogni genere e roccia... dalla Maestri in Apuane alla Oppio a Bismantova, dal camino della Cotoletta al Catinaccio alla via di Paolo alla Rocca del Prete... quasi sempre rigorosamente con lo zaino! Ormai mi sento uno spazzacamino professionista.


La roccia è fredda ma per fortuna asciutta, i chiodi buoni e non troppo lontani, piano piano guadagno metri piazzando qualche protezione nei punti più delicati. Dove riesco procedo in spaccata, se vedo che fatico appoggio senza troppi patemi la schiena alla parete sinistra, ben sapendo che sicuramente anche i fratelli Kiene salirono così!

Sbuca il sole dietro la Cima Brenta
Il punto dove faccio più fatica è l'ultima strozzatura strapiombante... un passaggio un po' sbilanciante che supero appunto nello stile degli antenati: peccato che uno dei troppi elastici dello zainetto Dechatlon resti impigliato in una ruga proprio nel punto più delicato, costringendomi ad energiche bestemmie e sforzi per scastrarlo! Alla fine riesco a uscirne, gli ultimi metri sono più facili e arrivo in sosta felice di avere fatto tutto il tiro senza azzerare.


Primo tiro
Il sole come per magia illumina la roccia appena infilo il moschettone in sosta, poi si nasconde di nuovo dietro la una gobba di cima Brenta. Mario che si è caricato per bene di freddo farà un po' fatica, ma se la cava. Ci abbiamo messo almeno un'ora, ma il tiro duro è andato, ora è quasi tutta un'autostrada di III e IV fino in cima! Così almeno crediamo...

Il secondo tiro se ne va alla svelta: Mario aggira da destra un masso incastrato, poi riprende la linea del camino per uscire a destra sul comodo terrazzino con la sosta. Nemmeno un chiodo in tutto il tiro... La parete appare qui decisamente più abbattuta e discontinua. Vado con il terzo tiro, raggiungendo dopo 15 metri facili una grande cengia di ghiaia ed erba. Qui si trova una sosta intermedia, ma preferisco proseguire per guadagnare tempo. Salgo a destra della sosta su un vago diedro, fino a una nuova cengia più piccola (cordino in clessidra).

Mario sul secondo tiro
Il tiro dovrebbe proseguire a sinistra, ma ho già molto attrito, non vedo la sosta, così decido di recuperare Mario sulla clessidra e un mio friend. La relazione è piuttosto vaga, dice di salire a sinistra verso una placchetta grigia... ma l'intera parete è grigia, e tra noi e lei c'è tutta una serie di cenge sovrapposte dove non è intuitivo trovare la linea di salita giusta.

Arriva Mario, ma vado ancora io sperando di trovare in fretta la sosta per poi far salire a lui il tiro successivo. Percorro una, due cengie, ma di fittoni resinati neanche l'ombra... vedo soltanto un chiodo con cordino molto più in alto e a sinistra, su un diedro che potrebbe tranquillamente essere quello del quinto tiro. Così opto per puntare direttamente a lassù, sperando di intercettare nel frattempo la via!

Dopo le facili cenge la parete inizia ad opporre difficoltà: di chiodi neanche l'ombra, ma le possibilità di proteggersi non mancano. Procedo lentamente, puntando a un diedro molto evidente, sulla stessa linea di quello che ho battezzato come il quinto tiro. Spero di trovare chiodi, ma anche qui nulla. Solo qualche antica lattina arrugginita nelle crepe di un terrazzino.

Panorama sulla vedretta di Tuckett
Infilo un ottimo spuncione e affronto il diedro: sarà un IV+, la roccia per fortuna è buona, ma l'imbrago si sta alleggerendo troppo e ambisco di uscire sul terrazzino sovrastante per fare sosta... quasi alla fine del diedro, prima dell'uscita delicata sul terrazzino, vedo tre chiodi nuovi su una cengetta un poco più a sinistra... non ci penso due volte e faccio sosta lì!

Mario sale il tiro, si guarda un po' meglio attorno, e individua il diedro da cui saliva il quarto tiro... leggermente più a destra rispetto a dove sono salito io. Quando è ormai arrivato in fondo al diedro, lo invito a non uscire sulla mia sosta ma a controllare sul terrazzino poco più a destra, che avevo puntato all'inizio. L'uscita è in effetti delicata... Mario si affaccia, dubbioso, non vede nulla; lo invito a controllare bene, per me la via deve passare di lì!

- Se lì dietro c'è un resinato mi ci faccio una sega dentro! - La sentenza riassume bene la giornata. Mario si affaccia e per fortuna il resinato c'è! E' la quarta sosta, sotto il bel diedro grigio del quinto tiro, col chiodo e il cordino svolazzante che avevo visto da giù. Le seghe però ora sono soltanto mentali: ci tocca interrompere il giochino di non guardare l'orologio per indovinare che ora è alla fine della via. Lo guardiamo e sono le 14... non siamo neanche a metà, la discesa è lunga e complessa, non ci pensiamo due volte a calarci.

Ci si cala di nuovo!

Con una doppia da 60 metri raggiungiamo la grande cengia detritica del terzo tiro: calandoci scopriamo dov'era nascosto il tanto ambito fittone della terza sosta. Dalla terrazza attrezziamo la doppia sulla sosta intermedia (presente maglia rapida) e in neanche 15 metri siamo alla seconda sosta. Altra calata di 30 metri (incastro risolto sul masso sopra la sosta) e siamo sopra al camino.

Calata dal primo tiro della Kiene

Questa è la calata più delicata e a rischio incastro... arrivati giù non so perché la corda da tirare risulta quasi subito bloccata... temiamo di dover rifare il tiro, ma alla fine tiriamo l'altra corda con successo: il nodo era passato attraverso il fittone! Mangiamo qualcosa fuori dal rifugio Tuckett, godendoci l'ultimo sole, poi scendiamo a testa bassa a Vallesinella. Arriviamo all'auto col buio, con la magra consolazione che in questo momento avremmo potuto essere ancora essere lassù a cercare la via di discesa!


Ultime luci sul rifugio Tuckett