sabato 27 luglio 2013

Santa Maria Maddalena, all'ombra del Ventasso

Punto di partenza: Fonti di Santa Lucia, Cervarezza Terme (1000)
Punto più elevato: Bivacco Santa Maria Maddalena (1501) 
Dislivello in salita: 550
Tempo totale di percorrenza: 3,45 h
Grado di difficoltà: E
Segnaletica: Ottima
Punti d'appoggio: Bivacco Romei (fonte), Bivacco Santa Maria Maddalena; fontane anche lungo la sterrata diretta al campeggio
Accesso stradale: Vedi percorso su Google Maps

Descrizione
Questo itinerario semplice e poco faticoso si presta ad essere percorso nelle mezze stagioni, magari abbinandolo con un po' di relax alle Terme di Cervarezza e di divertimento (per bambini ma non solo) nel parco avventura più grande d'Italia, Cerwood.

Siamo in una delle zone con più vocazione turistica dell'Appennino reggiano, compresa nel Parco Nazionale, a pochi minuti dalla Pietra di Bismantova e dalla piccola stazione sciistica di Ventasso Laghi: a Cervarezza, oltre alle terme e alle fonti (con lo stabilimento dell'acqua Ventasso), si trova un gigantesco e moderno camping, un ampio giardino botanico - il Parco Flora - e un osservatorio astronomico.

Malgrado tutto ciò, ci vuole poco per entrare nel bosco e immergersi nella natura, con pochi altri escursionisti in giro. Parcheggiato all'entrata di Cerwood e delle Terme, si sale al piccolo oratorio di Santa Lucia, dove occorre seguire i cartelli dell'Ecomaratona del Ventasso. In breve ci si innesta con un sentiero segnato, il 665.

Il tracciato segue per un lungo tratto una carrozzabile in terra battuta, in gran parte nel bosco, purtroppo rovinata dalle tracce dei trattori; si incontrano molte deviazioni, ma i segnali sono sempre presenti e non ci si può perdere. La salita è dolce fino al Bivacco Romei, recentemente restaurato, dove troviamo due tavoli in legno e una fonte; un ultimo strappo e la vista si apre sulla valle di Ramiseto e le piste di Ventasso Laghi.


Il sentiero si fa ora più piacevole, cavalcando un crinaletto pieno di maggiociondoli; finalmente oltre le piante compare vicinissima la mole rocciosa e sfasciumata del Monte Ventasso. Ignorato il sentiero a sinistra diretto al Lago Calomone, si percorre un traverso affascinante lungo una pietraia, con vista sulla valle del Secchia.



Dopo un brevissimo tratto nel bosco raggiungiamo la caratteristica chiesa-bivacco (caso abbastanza raro) di Santa Maria Maddalena: antico luogo di eremitaggio, un tempo ospitava suore ed oggi escursionisti, entrambi in cerca di contemplazione. Siamo proprio ai piedi del Ventasso, con i suoi pendii ripidi ed aspri di rocce; ma qui regna la pace, con il prato morbido che circonda la chiesa all'ombra di faggi ed abeti.

Il sentiero che sale in cima al Ventasso è scosceso, faticoso e un poco esposto, segnalato per escursionisti esperti; l'anello dalla cima al lago Calamone è comunque consigliatissimo, ma vanno messe in conto circa 2 ore di cammino in più partendo e tornando a S. Maria Maddalena. Se non le si ha a disposizione e si vuole stare su sentieri facili, conviene scendere a sinistra in direzione Busana-Nismozza, con il sentiero 661-663.

 
La ripida discesa nel bosco si interrompe a un nuovo bivio, dove si volta a sinistra sul 661 (direzione Busana); al bivio successivo, si prosegue sull'ampia strada inghiaiata diretta al Campeggio di Cervarezza, ignorando il sentiero 661 che scende a destra verso Busana. I segnali di vernice diventano assenti su questo tracciato, ma la strada è una sola e prosegue a lungo in discesa fino a un nuovo bivio per Busana, dove si tira di nuovo dritto sempre verso il camping di Cervarezza.

Si costeggia ormai sull'asfalto il grande paese di bungalow, per poi imboccare a sinistra in salita il sentiero 665, che ci riporta all'Oratorio di Santa Lucia e dunque alle Terme, dove abbiamo lasciato l'auto.

lunedì 22 luglio 2013

Dai Cancelli a Staiola passando per Roccabiasca e Aquilotto

Dopo una settimana di caldo e afa cittadina, la lancetta del montagnatometro raggiunge livelli allarmanti, peggio del contagiri di un R6 in prima dopo 1 km. Avrei voglia di scoprire nuovi sentieri e ferrate sulle Alpi, ma devo ancora una volta accontentarmi delle montagne di casa: per fortuna riescono sempre a sorprendermi, e qualcosa di impegnativo si trova sempre anche qui, con un po' di fantasia.

In cima a Roccabiasca

Non ho l'auto, e mi faccio lasciare ai Cancelli di Lagdei (1286m), dove termina l'asfalto; mi incammino sulla sterrata diretta ai Lagoni. Sono le 10,30, e comincia ad esserci un discreto passaggio d'auto: niente mi nega una buona porzione di polvere! Proseguo costeggiando la Riserva Naturale Guadine/Pradaccio, di cui la strada è il limite inferiore: spazio interdetto agli escursionisti e in buona parte recintato (vengono organizzate visite guidate), si estende nella valle del torrente Parma di Francia, compresa fra Roccabiasca e monte Sterpara, con al centro il suggestivo Lago del Pradaccio.

Orchidea sui prati in quota

Dopo circa 2 km la rete della Riserva termina, o meglio compie una curva a gomito: qui (quota 1203) comincia il sentiero che devo percorrere, il 721 diretto a Roccabiasca, che costeggia il limite orientale della riserva risalendo l'unico versante dolce (N) di questa splendida montagna. La salita nella faggeta dà poche tregue, e quando sbuco nei primi prati la cima di Roccabiasca appare giusto per un attimo: è ancora lontana, e sembra un balconcino sul nulla, circondato da corvi inquietanti, attratti dalla croce su cui amano lasciare i propri bisogni.

martedì 16 luglio 2013

Grande anello di Bertolucci in val Bratica

 
 
Punto di partenza: Grammatica (1026)
Punto più elevato: Monte Navert (1654)
Dislivello in salita: 700
Tempo totale di percorrenza: 6 ore
Grado di difficoltà: E
Segnaletica: Discreta, assente in alcuni brevi tratti
Punti d'appoggio: Fontane e bar a Casarola, bivacco presso il Bosco delle Fate
Accesso stradale: Da Corniglio salire verso Monchio (bivio nella parte alta del paese), parcheggiare sotto la chiesa di Grammatica

Itinerario
Il torrente Bratica nasce sotto i boschi del monte Navert, e scende fino a sfociare nel Parma sotto Corniglio, attraverso una vallata fresca ed ombrosa. L'ultimo paesino che si incontra salendo verso il passo del Ticchiano e Monchio è Casarola, terra d'origine e di soggiorno del poeta parmigiano Attilio Bertolucci: padre del regista Bernardo, Attilio seppe cogliere nei suoi semplici versi l'anima dell'Appennino, delle sue stagioni, i suoi riti, la sua gente.
Pannello illustrativo sul percorso

Fra i caratteristici borghi di Casarola e Riana sono presenti brevi itinerari naturalistico/culturali, ricchi di pannelli illustrativi e targhette con le poesie di Attilio; questo itinerario non è "ufficiale", ma conviene lo stesso percorrerlo con l'anima attenta a prati fioriti, farfalle, lucertole, fragoline, castagni, maggiociondoli... tutte quelle piccole manifestazioni della natura che animano i versi di Bertolucci.


Maggiociondolo
L'itinerario è abbastanza lungo, e si sviluppa per gran parte su ampie sterrate; ma percorrendolo in mountain bike o a cavallo si rischierebbe di non accorgersi proprio della vita minuscola che ci circonda, nei suoi colori, suoni e odori più nascosti... non si troveranno gli scenari maestosi e quasi alpini del crinale, ma un paesaggio più dolce e ondulato, nel quale comunque le tracce dell'uomo sono scarse, salvo quelle dei fuoristrada.


Partendo da Grammatica (1026), si risale la sterrata sotto alla chiesa (possibilità di parcheggiare, indicazioni per il monte Navert con il sentiero Cai 739); si sale progressivamente fino a entrare nella faggeta, ormai vicino alla spartiacque con la val Parma. I segnali di vernice sono vecchi e sbiaditi, ma la direzione è intuitiva: basta seguire la strada sterrata principale, e all'unico bivio importante - ormai nei faggi - si sale a sinistra, incontrando un vascone e nuovi segni del Cai.

Grammatica

Sugli ampi pascoli del monte Quadro (1477) e soprattutto del Groppo Fosco (1556) si gode di un bel panorama sull'alta val Parma e le cime reggiane; non è raro incontrare cavalli al pascolo. Le tracce sono molte, occorre sempre mantenersi sulla carraia che segue il crinale; presso Pian del Monte (1578) si passa vicino a una capanna, dalla quale si può scendere a Riana con una sterrata.


Panorama dal Monte Navert
Un ultimo ripido strappo in salita nel bosco conduce in cima al monte Navert: posto fra tre valli (Parma, Cedra e Bratica) è un autentico balcone sul crinale parmense, visto da una prospettiva insolita. Dalla cima si scende ripidamente mantenendosi sul filo della scarpata (c'è nel caso una variante più in basso, sul versante della val Bratica), fino a raggiungere il bivio con il 737: a destra si raggiunge la strada sterrata del passo della Colla, che collega Monchio ai Lagoni; occorre andare a sinistra, verso il passo del Ticchiano.


Il sentiero scende ora nel bosco, regalando begli scorci sulla valle del Bratica e ricche fioriture. A 40 minuti circa dal Navert si incontra la sterrata che unisce Pianadetto e Casarola: va presa a sinistra, in direzione del paese di Bertolucci, il quale si raggiunge dopo circa 3 km di discesa dolce, in un bosco ormai di media quota; incontrato il sentiero Natura, si tiene la destra, altrimenti si scende verso Riana.

Incontri simpatici a Casarola
 
A Casarola si attraversa tutta la parte bassa del paese, con la chiesa, e nei pressi del cimitero si imbocca una sterrata che scende a sinistra verso il torrente (segnali dell'Ippovia e del Grande Giro in MBK del Parco); presso un mulino si ritrova anche il sentiero Natura, diretto al Bosco delle Fate: un incantevole castagneto, con due antichi essicatoi in sasso restaurati e adibiti a bivacco; qua e là incontriamo targhette coi versi e la storia di Bertolucci.


Si prosegue ora sulla sterrata che attraversa in costa il castagneto, incontrando altri essicatoi in rovina; una leggera salita porta infine a ricongiungersi alla strada fra Corniglio e Monchio, presso una casetta-cantiere di lamiera. Percorso un km circa di asfalto (poco traffico, ambiente lo stesso piacevole) si rivede, dopo una curva, la chiesa di Grammatica è stata lasciata l'auto.

Monte Navert (1654)

Il nome strano e affascinante di questa cima rimanda probabilmente alla sua forma di nave: la grande e piana plancia termina nella prua rivolta verso sud, corrispondente al precipizio sopra il passo della Colla. Il Navert si può considerare l'ultimo baluardo della media montagna: la sua "prua" annuncia le più alte e aguzze cime prossime al crinale, come la vicina Rocca Pumaccioletto. Pur non offrendo la vista sul mare, il Navert è un perfetto balcone sulle cime del crinale e sulle tre valli di Cedra, Parma e Bratica, che qui hanno il preciso punto di spartiacque; notevoli le fioriture presso la cima.

Escursioni:
Grande anello di Bertolucci in val Bratica

lunedì 15 luglio 2013

Una calda domenica nei boschi della val Bratica

Dopo una bella serata al Festival Squinterno di Berceto, mi sveglio a un orario non proprio escursionistico, ma accettabile! Una frana isola il mio paesino dal resto dell'Alta val Parma, così sono indotto a cercare destinazioni diverse dalle solite (Lagdei e Lagoni): almeno finché qualche politico non abbia l'illuminazione di ripararla con i soldi già stanziati per farlo, ma temo di chiedere troppo al loro cervello.


Così decido di fare un bel giro in alta val Bratica, lungo sentieri mai percorsi prima. Passo da Corniglio per procurarmi un panino rispettabile, e alle 11,15 sono a Grammatica (1026m): paesino dal nome strano, sorvegliato da una strana chiesa con due campanili (da queste parti ne hanno quasi sempre solo uno; a volte non lo hanno proprio, essendo la torretta campanaria incorporata sopra la facciata).
 

martedì 9 luglio 2013

Fra le torri del Re Laurino: sul Catinaccio col Cai, secondo giorno

Domenica sveglia a un orario più civile rispetto al giorno prima: colazione e alle 8 circa partiamo alla volta del Rifugio Principe. Il sentiero 584 risale la parte alta della valle del Vajolet, dominata da tre colossi di dolomia: la Cima di Vajolet, il Corno di Valbona e il Catinaccio d'Antermoia, l'unico 3000 del gruppo.


Man mano che saliamo incontriamo sempre più neve: il Rifugio Principe (2599) compare all'improvviso, nascosto dietro la parete contro cui è costruito, come un nido d'aquila.


Ci aspetta la parte più delicata del percorso: un traverso totalmente innevato sotto la parete sud dell'Antermoia, a tratti decisamente ripido. Poco prima di partire, assistiamo in diretta a una modesta scarica di sassi scesa da un canale nella valle vicina, sul sentiero 544: non uno splendido incoraggiamento! Indossiamo ghette, ramponi, casco, imbrago, piccozza: mentre saliamo incrociamo dei ragazzi in felpa e braghe corte: i due estremi nell'affrontare in montagna!



lunedì 8 luglio 2013

Fra le torri del Re Laurino: sul Catinaccio col Cai, primo giorno

Il Corso di escursionismo avanzato 2013 del Cai di Parma si è davvero chiuso col botto. Dopo l'uscita sul Gran Paradiso, non sembrava facile trovare qualcosa che reggesse il confronto; ma le risorse delle nostre montagne sono infinite, e questo al Cai lo sanno bene: così ecco programmata un'escursione emozionante attraverso l'intero gruppo del Catinaccio.


Anche la sveglia di sabato è emozionante, quasi traumatica, con la partenza alle 4,15 del mattino; ma tutti i sacrifici si fanno dimenticare risalendo la val d'Ega, mentre sbucano piano piano le guglie del Latemar e poi del "nostro" Catinaccio.

Latemar

giovedì 4 luglio 2013

La polenta pasticciata di Lagdei

Una delle specialità del Rifugio Lagdei è la polenta pasticciata. Viene servita bollente in una caratteristica ciotola di terracotta: la porzione è abbondante, e anche se ci è presentata come secondo, potremmo tranquillamente considerare la polenta pasticciata un piatto unico!


 Fra le tante ricette diffuse un po' in tutta Italia, quella scelta dalle cuoche di Lagdei - rigorosamente del luogo - è una delle più golose e corpulente: gli ingredienti sono polenta (ovviamente), gorgonzola ben fuso, funghi e cinghiale, il tutto condito con salsa di pomodoro.
Se proprio intendete cavarvi la voglia di polenta, fatevi portare come antipasto quella fritta con il lardo di colonnata, altra autentica leccornia!


Naturalmente un simile trionfo delle calorie dev'essere il premio meritato di una bella escursione, e nei dintorni di Lagdei ce ne sono per tutti i gusti e gli allenamenti. Consiglio in particolare le due qua sotto, fattibili in 3/4 ore da un camminatore un minimo allenato: partendo da Parma alle 8, riuscirete a rientrare al rifugio in orario di pranzo!


Monti Marmagna e Orsaro da Lagdei









Monte Aquilotto, anello a otto da Lagdei 









Dopo la lunga discesa l'appetito sarà senz'altro sollecitato! E al termine della mangiatona potrete rilassarvi nei comodi prati assolati della torbiera, a due passi dal rifugio.

La torbiera di Lagdei

mercoledì 3 luglio 2013

Equi Terme, Ugliancaldo e la valle del Lucido: viaggio nei luoghi colpiti dal terremoto

 
Il Solco di Equi
Questo viaggio comincia fra Lunigiana e Garfagnana, dove i rilievi dolci dell'Appennino incontrano le prime muraglie delle Apuane: all'ombra della più possente di tutte - quella del Pizzo d'Uccello - si trova una zona detta Cantoni di Neve Vecchia, dove piccoli rivoli vanno a formare il torrente Solco di Equi: le sue acque turchine scendono verso la valle del Lucido, creandosi faticosamente spazio fra alte pareti scure, vicine quasi fino a sfiorarsi; su queste rocce sono certificati nidi di aquila reale, ragion per cui è stata vietata nella zona l'arrampicata sportiva.

Pizzo d'Uccello: la famosa parete nord

Il torrente Lucido prosegue dunque placido verso Equi Terme, dove è canalizzato in alcune rilassanti vasche, le “terme libere”, molto frequentate in estate dai bagnanti; mentre lo stabilimento vero e proprio conta due piscine, alimentate da sorgenti ipotermali (circa 24 gradi): si tratta di acque contenenti solfato di calcio e cloruro di sodio, terapeutiche per la pelle ma anche ottime come bevande: non lo diresti mai dall'odore di uovo marcio che sprigionano!

In paese, appena oltre un grazioso ponte medievale, sfocia nel Lucido un altro torrentello, più fragoroso rispetto al Solco, proveniente come quello dalla zona del Pizzo: è il Canale Fagli, che diventa grande all'improvviso, secondo un tipico fenomeno delle zone carsiche: le acque sgorgano dalle profondità delle Grotte di Equi, fra le poche visitabili in un gruppo montuoso come le Apuane che riserva continue sorprese agli speleologi.

L'orso speleo nel museo di Equi
Ponte medievale sul rio Fagli a Equi Terme
Qui l'acqua ha agito nel corso dei millenni, modellando le rocce in un'architettura solenne di stalattiti e stalagmiti, colonne e saloni: come un grande santuario sotterraneo. Vicino alle grotte si trovano poi la Buca e la Tecchia, grande cavità nella roccia dove sono stati rinvenuti reperti preistorici. Tutte queste bellezze sono unite in un percorso didattico; è presente anche un piccolo museo, con modelli di animali fra cui l'orso speleo.

Equi Terme si presenta così stretto fra roccia ed acqua: il borgo vecchio, danneggiato dal terremoto del 1920, si aggrappa audacemente alla montagna, dominato da un campanile a cuspide aguzza: quasi una replica in scala umana del colossale Pizzo d'Uccello, che però - al posto di vallate ombrose e profonde - sorveglia vicoletti ugualmente umidi e misteriosi.

Veduta di Equi Terme, con dietro il Pizzo d'Uccello
Se invece scendiamo nel borgo nuovo, e dalla piazzetta seguiamo con lo sguardo il corso del torrente Lucido, al culmine della valle ci balzerà agli occhi una fila disordinata e gobbuta di case, quasi fosse un serpente lasciato qui da un'aquila nel suo nido, disteso sul crinale fra Garfagnana e Lunigiana: si tratta di Ugliancaldo, uno dei borghi più alti e strani della Toscana, come del resto fa intuire il suo nome così complesso da memorizzare!

Ugliancaldo visto da Equi Terme, lungo il torrente Lucido
 Fa uno strano effetto passeggiare lungo le strade deserte di questo paese, le cui dimensioni ci appaiono oggi assurde vista la sua posizione quanto meno sperduta. Il borgo si sviluppa quasi tutto in lunghezza: anche qui il terremoto del 1920 ha fatto gravi danni, e la fila di case colorate all'ingresso del paese è di certo una ricostruzione di inizio secolo, con un'improbabile aria da periferia spagnoleggiante.
Ugliancaldo: il borgo "nuovo"

Ugliancaldo: il borgo vecchio

Troviamo poi il nucleo più antico del paese, con le case conglobate sul poggio che si rubano ogni spanna di spazio; qua e là si aprono improvvise finestre sul Pizzo d'Uccello e il Pisanino, la cima più alta delle Apuane che ci mostra il suo aspetto più slanciato. In fondo alla lunga via-budello che attraversa tutto il paese, si sbuca finalmente dinnanzi alla bellissima pieve: un portico e un gradevole praticello permettono di rilassarsi, nell'unico angolo idilliaco di un paese multiforme e inquietante.
Veduta di Ugliancaldo, alle spalle il Pisanino

Nelle ultime settimane questi splendidi borghi sono stati feriti, dopo quasi un secolo, da nuove scosse di terremoto. Molte sono state le disdette dei turisti, che non si fidano a soggiornare negli splendidi agriturismo della Lunigiana, spesso edifici antichi che trasmettono meno sicurezza.


Il terremoto del 7 settembre 1920
L'invito, forse un po' ingenuo ma sincero, è quello di non abbandonare queste terre tanto sfortunate, colpite gravemente anche dall'alluvione del 2011; passato il trambusto necessario e le messe in sicurezza da parte della Protezione Civile, torniamo dunque a scoprire questi gioielli col cuore sereno.

Il terremoto del 21 giugno 2013
-Nota: le foto risalgono all'estate 2011; quella dell'orso e le ultime due sono raccattate dalla rete