martedì 9 luglio 2013

Fra le torri del Re Laurino: sul Catinaccio col Cai, secondo giorno

Domenica sveglia a un orario più civile rispetto al giorno prima: colazione e alle 8 circa partiamo alla volta del Rifugio Principe. Il sentiero 584 risale la parte alta della valle del Vajolet, dominata da tre colossi di dolomia: la Cima di Vajolet, il Corno di Valbona e il Catinaccio d'Antermoia, l'unico 3000 del gruppo.


Man mano che saliamo incontriamo sempre più neve: il Rifugio Principe (2599) compare all'improvviso, nascosto dietro la parete contro cui è costruito, come un nido d'aquila.


Ci aspetta la parte più delicata del percorso: un traverso totalmente innevato sotto la parete sud dell'Antermoia, a tratti decisamente ripido. Poco prima di partire, assistiamo in diretta a una modesta scarica di sassi scesa da un canale nella valle vicina, sul sentiero 544: non uno splendido incoraggiamento! Indossiamo ghette, ramponi, casco, imbrago, piccozza: mentre saliamo incrociamo dei ragazzi in felpa e braghe corte: i due estremi nell'affrontare in montagna!




Un ultimo strappo decisamente ripido ci regala un pulpito splendido (e pulito dal vento), con vista sull'alta valle del Vajolet e le cime che la contornano. La salita però non è ancora conclusa: un nuovo breve traverso, ed ecco intuirsi il possente spigolo meridionale del Catinaccio di Antermoia: un grande accumulo di neve ventata annuncia il Passo di Antermoia (2770), il punto più alto della nostra escursione.



Di fronte a noi scende la valle di Antermoia, totalmente coperta di neve per la sua esposizione a nord: sembra un ghiacciaio (del resto lo fu), con la sua grande curva verso est. In discesa affrontiamo direttamente il pendio, senza compiere traversi; ma la pendenza lascia presto il posto a un'affascinante marcia in piano.




Troviamo il Lago di Antermoia ancora mezzo ghiacciato e ricoperto di neve: il contrasto fra bianco, nero del cielo, blu profondo dell'acqua e marrone delle rocce è emozionante! Peccato non avere con me la reflex...





Ci concediamo una breve pausa al vicino Rifugio Antermoia (2496), dove abbandoniamo la tenuta invernale, non proprio in sintonia con ragazzine in shirts e scarpe da ginnastica!

Un nuovo facile traverso in leggera salita ci porta al Col di Dona, dove la vista si apre una volta per tutte su Sasso Piatto, Sasso Lungo, Sella e l'onnipresente Marmolada; più lontano riconosciamo Tofane, Civetta, Pelmo, Odle, e un buon tratto delle Alpi di confine: un party dolomitico coi fiocchi! In primo piano, dietro la neve e gli sfasciumi, vediamo le distese verdi delle valli Udai, di Dona e Duron, una affianco all'altra. Inverno alle spalle, primavera di fronte ed estate giù a valle!



Il passo Ciaregole (2282) ci permette di scendere nella meravigliosa val Duron, tutta coperta di rododendri e altri fiori anche rari, solcata da formazioni rocciose stranissime, punteggiata di baite solitarie, chiusa a nord-ovest dai profili frastagliati dei Denti di Terrarossa.

 La valle è percorsa interamente da una strada inghiaiata chiusa al traffico, una chicca per le mountain bike: sarebbe un percorso noioso da fare a piedi, ma guardandosi intorno si incontrano continuamente scorci fiabeschi, compreso il culo portafortuna dell'omino di legno costruito da quel matto che gestisce la Baita Branch. Purtroppo la batteria della compattina mi ha definitivamente abbandonato, e non riesco a immortalare l'ultima parte del percorso!

Al rifugio Micheluzzi, principale struttura ricettiva della valle, ci prendiamo la prima pausa "lunga": il pullman ci aspetta a Campitello, e anche se siamo l'ultimo gruppo possiamo concederci un po' di relax al sole prima della ripida discesa su sterrato fino in paese, un ultimo schiaffo alle ginocchia con il rischio di fare da birilli per le MBK; comunque nulla in confronto alle 5 ore di pullman fino a Parma!

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