mercoledì 9 aprile 2014

In viaggio sulle pietre Apuane, primo pomeriggio: Pruno - Rifugio del Freo

Succede che la materia eterea dei sogni diventi un giorno solida come il marmo. Le Alpi Apuane, dove la natura e l'uomo hanno dato forma ai loro capricci, erano sempre lì, a coprire l'orizzonte, mentre le guardavo dal ben noto Appennino aspettando l'occasione giusta per toccarle con mano e con piede. Finalmente l'occasione si è presentata, e queste montagne aspre e sublimi hanno premiato degnamente tanta attesa.

Monte Forato e Panie

Sapevamo bene di non poterci permettere di sottovalutarle, le Apuane: quindi ci siamo presentati con tutta l'attrezzatura del caso: piccozza, ramponi, casco, imbrago e set da ferrata. Ma nonostante la reverenza e tutto questo peso nello zaino, abbiamo deciso di percorrere un itinerario lunghissimo, che ha sorpreso i vari toscani incontrati lungo il percorso: anche quelli saliti sulla loro montagna preferita, tutti senza ramponi.

Verso la cresta N della Pania, sullo sfondo il Pizzo delle Saette

La Pania della Croce: il nostro battesimo apuano doveva cominciare da lei. Citata persino dal fiorentino più famoso di tutti i tempi nella Divina Commedia; da Gabriele D'Annunzio che la guardava dai lidi della Versilia; e sul versante opposto, in Garfagnana, da Giovanni Pascoli. Sulle ripide coste della Pania si avventurarono partigiani coraggiosi, ricordati da diverse targhe: naturalmente in marmo, fama e condanna di queste montagne meravigliose.

Scendendo dalla Costa Pulita della Pania verso Foce di Valli



La giornata comincia insolitamente di pomeriggio: dopo aver attraversato Parma in tenuta alpinistica, raggiungo Fornovo con l'autobus, dove aspetto l'arrivo di Marco dalle colline. In un paio d'orette siamo a Pruno, l'ultimo paesino della valle di Stazzema: dietro le case si innalzano i fianchi ripidissimi delle Apuane meridionali, con le forme bizzarre del Procinto e del Forato, la mole imperiosa della Pania.

Il borgo di Volegno, di fronte a Pruno

Lasciamo l'auto nel parcheggio sotto il borgo (458 metri), che ci riserviamo di visitare al ritorno: sono le 18 passate, e al rifugio del Freo (1180) ci aspettano fra meno di due ore per la cena. La fase di acclimatamento consiste nei 50 metri spiani di asfalto fra l'auto e la scala dove prende il via il sentiero 122: tutta la prima parte è una spietata salita a tornantelli su ciottoli attraverso i castagneti, con antiche maestà ed essiccatoi in rovina.

Tratturo artificiale...
...tratturo naturale

Per fortuna il sentiero si va tranquillizzando prima dei vecchi alpeggi di Pruno, in posizione panoramica sulla valle, pieni del fascino di un tempo ormai remoto. Numerosi segnali di vernice e pannelli didascalici dimostrano che il percorso è ben curato, forse perché uno dei più comodi e "dolci" per raggiungere da valle il cuore delle Apuane.


Dopo un'ora comoda da Pruno ci ritroviamo su prati brulli con poca vegetazione, dove la vista si apre sulle cave di Levigliani e il litorale di Pietrasanta. Il sole, rimasto per quasi tutto il tempo dietro le nuvole, compare giusto pochi minuti per salutarci, prima di calare dietro il mare in un tramonto ovattato. Attraversata una pineta dove è già quasi notte, siamo alla Foce di Mosceta: mancano pochi passo al rifugio, rosso grande e rassicurante! Lo raggiungiamo con l'ultima luce attraversando il piccolo altopiano fra la Pania e il monte Corchia, adombrato da abeti e larici dal sapore alpino.


Nella sala del rifugio, scaldata da una stufa, c'è un altro gruppo di ragazzi saliti per un compleanno: uno arriverà dopo le 21 in mountain bike con tanto di fanale! Cena e compagnia piacevole, serata conclusa più tardi del previsto: un po' per il pianoforte dove io e Marco abbiamo potuto testare lo spessore della nostra ruggine, un po' per il pipistrello che si aggirava per le camerate al piano di sopra, necessitando di essere accompagnato fuori dalle finestre!

Tramonto sulle cave di Levigliani

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