venerdì 9 ottobre 2015

Un po' di Parma sul Catinaccio: Via del Gracchio alla Torre Edwards

Il Giardino di Rose, le Torri del Vajolet, i Dirupi di Larsec, la Roda di Vael... nomi romantici, evocativi, in mezzo ai quali stona un po' quello di Torre Edwards. Qualcuno preferì in passato chiamarla Torre Edoarda, un'italianizzazione sicuramente più ascoltabile rispetto a quella di Catinaccio (se qualcuno ancora non avesse capito di cosa sto parlando).

Via del Gracchio, traverso del quarto tiro con Marmolada sullo sfondo

Eppure su questa torre dal nome così poco fantasioso, sale una via alpinistica davvero affascinante, che porta la firma di un nostro compatriota: Antonio Bernard, parmigiano di origini fassane non parmigianizzato Bernardi. Federico e Alberto con il Bernard hanno più volte arrampicato - accompagnandolo anche su per una loro via al Braiola - e oggi sono quasi emozionati di seguire le sue orme, qui nel "suo" Rosengarten.

Primo tiro

Dopo esserci alleggeriti l'avvicinamento con la comodissima seggiovia Paolina, percorriamo il comodo sentiero per il rifugio Roda di Vael. La giornata è magnifica, tersa, e i turisti della domenica si affollano a fare foto attorno al monumento a Theodor Christomannos: la grande aquila di bronzo sorveglia tutte le montagne tanto amate da questo pioniere, che a fine Ottocento si impegnò per renderle più accessibili a tutti... oggi può osservarne in primo piano risultati buoni e cattivi.

Sesto tiro

Al rifugio ci fermiamo per un caffè, e un nano secondo prima di noi partono due cordate. Sembra che facciano il nostro stesso sentiero, ma con tutte le vie che ci sono in questo anfiteatro siamo speranzosi non si dirigano proprio a quella scelta da noi... e invece scambiando due chiacchiere veniamo a sapere che è proprio così!

In coda all'attacco

All'attacco del resto c'è già la fila. Una cordata da tre sta partendo, una è già a metà via; ci tocca attendere quasi un'ora che siano sfilate anche le altre due. La prima si defilerà in fretta, mentre la seconda, quella subito davanti a noi, troverà non poche difficoltà a indovinare il percorso della via, con conseguente nostra attesa in parete subito al caldo, poi - col girare del sole - al freddo.

Terzo tiro


Alberto e Federico, più esperti, si alternano al comando della cordata, mentre faccio un po' di foto e mi godo l'arrampicata da secondo in tutta tranquillità. La via è tutta un susseguirsi di placche e diedri uno più bello dell'altro, pochi chiodi, tante clessidre con cordini sicuramente messi dal Bernard. Dire che non c'è un singolo sasso smosso fino all'ultimo tiro non è un'esagerazione!


Quinto tiro dal basso...
Le soste sono su comodi terrazzini, attrezzate quasi tutte con due spit. Non si ha mai la sensazione di essere in piena parete, i passaggi esposti e tecnici non mancano ma sono tutto sommato isolati entro una salita tutta da godere: o forse è stata solo una mia impressione di secondo? Il diedro del terzo tiro, la lunga lama del quinto, richiedono un'arrampicata tecnica, sono quinti gradi onesti, ma ben proteggibili e su roccia a dir poco fantastica.

...e dall'alto

Il discorso cambia per l'ottavo e ultimo tiro. Qui la roccia cambia, e con essa la difficoltà e il senso di esposizione. Se ne occupa Federico, un po' fiaccato da una lunga settimana di lavoro in val di Fassa percorrendo ferrate su ferrate. Seguendo passo passo il secondo della cordata prima di noi, riesce a superare in scioltezza i passaggi più delicati, compreso quello chiave della via: uno strapiombetto con prese non troppo generose, e due spit con cordino messi lì a indurre in tentazione...

Parete dell'ultimo tiro

Del resto il passaggio è di VI, un po' sopra le righe su una via considerabile fino a quel punto come un quarto grado con passaggi di V. Azzerare non sarebbe certo un'offesa verso Bernard, ma riusciamo tutti e tre a passare in libera. All'uscita sul piccolo terrazzo poco sotto la cima il sole torna a sbatterci in faccia, attorno a noi l'abisso ci separa dalla Torre Finestra e dalla Roda di Vael. 

Passaggi atletici

La coppia che ci ha fatto tanto aspettare si sdebita lasciandoci usare le proprie corde per la calata, che segue fedelmente il tiro appena salito e come sempre, ogni volta che si scende, lo fa sembrare molto più pauroso. Una lunga cengia esposta sotto la parete della torre Finestra ci porta al sentiero per la Roda e la cresta di Masarè, che con alcuni tratti attrezzati ci riaccompagna al rifugio.

Non ama le doppie ma stavolta è costretto

Di nuovo col sole in faccia, stravaccati in discesa sui sedili imbottiti della seggiovia Paolina, vediamo scintillare lontani i ghiacci dell'Adamello e dell'Ortles, forse meno contenti rispetto a noi di questa estate calda e soleggiata conclusa per me davvero degnamente. Un ringraziamento pubblico ai miei compagni di cordata per essere saliti con me su una via che da primo dubito sarei riuscito a superare! Il maestro Bernard deve di sicuro è orgoglioso di voi.


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