martedì 11 marzo 2014

Bianco e nero: avventura notturna su neve fresca a Lago Santo e Marmagna

La lampada frontale disperde il suo fascio nel buio della notte a milleottocento metri; ormai in cresta, di fronte a noi la neve finisce e comincia il nero. Il breve raggio di luce cerca di imbattersi in una forma ben nota, già vista tante volte ma ora più che mai attesa: un simbolo innalzato dall'uomo sulla cima della montagna, là dove finisce il bianco e comincia il cielo. La natura si è rimpossessata della grande croce del Marmagna, avvolgendola tutta di neve affilata su cui il vento ha congelato il suo tragitto, rendendola un tutt'uno con la montagna.


Sul sentiero più frequentato dell'Appennino parmense - dove d'estate non di rado capita di salire in fila - la notte fra 5 e 6 marzo 2014 non c'era anima viva, salvo due matti partiti da Parma quasi a ora di cena, dopo lo studio/lavoro: l'obiettivo, una serata infrasettimanale alternativa in locali diversi dai soliti.

Il mitico pandino di Mario ai Cancelli

Il primo locale, a Ghiare di Corniglio, si chiama trattoria da Vigion: scelto per una cena quasi veloce e quasi leggera, nella quale abbiamo potuto apprezzare la spalla cruda e i soliti tortelli; gli altri due locali, i rifugi Lagdei e Mariotti, sono chiusi... già lo sapevamo, e abbiamo provveduto a rifornirci di caffè e tè caldo nei nostri thermos.

Al rifugio Mariotti


Partiti dai Cancelli di Lagdei alle 22 (la strada per Lagdei chiusa pure lei per un improbabile pericolo di valanghe), arriviamo sulla cima poco prima dell'una di notte. Troviamo la traccia battuta sul 737 fino al Lago Santo, poi ci dobbiamo arrangiare... ma che bello arrangiarsi in condizioni simili! La neve è caduta in abbondanza nei giorni scorsi, ha ricoperto il lago ghiacciato che possiamo attraversare per primi in sicurezza, lasciando le tracce delle nostre ciaspole sullo spiano, finalmente.


Nel bosco, dove il vento ha soffiato più forte, il manto nevoso ci sorprende con lunghe lingue e accumuli improbabili che hanno alterato radicalmente il terreno, mentre altissime righe bianche marchiano i tronchi dei faggi tutte nella stessa direzione; avvicinandosi al crinale invece la neve si è posata indisturbata, imbalsamando le trame intricate degli ultimi faggi isolati e opprimendo i rami folti degli abeti sotto chili e chili di bianco.


Solo una bestia e un paio di sciatori saliti durante la giornata hanno lasciato le loro tracce qui. L'alta coltre di neve arriva a coprire i segnali bianchi e rossi del Cai, dobbiamo lavorare di memoria e intuito per imboccare la strada giusta... ma il terreno si lascia leggere, nei tratti in costa una leggera sfumatura di piano lascia intuire che un metro e mezzo sotto deve passare l'autostrada estiva per il Marmagna.


Ormai al limitare del bosco, un uccello monotono nottambulo nascosto chissà dove ci rimprovera ripetutamente per il nostro disturbo... e chissenefrega, continuiamo ad alternare al suo noioso richiamo lo sbattere soffocato delle ciaspole nella neve vergine. Intanto si iniziano a distinguere nel cielo le sagome dell'Aquilotto e della Sella del Marmagna, all'apparenza più alti e lontani per le proporzioni distorte dal buio.


Costeggiamo la Piana delle Antiche Pietre sui prati sterminati sotto il crinale, superando poderosi accumuli e onde di neve ormai crostosa. Evitiamo con attenzione i tratti più ripidi (cioè quelli sotto l'Aquilotto) per il pericolo di valanghe non più trascurabile. Arriviamo sulla Sella e sotto di noi si accendono i lampioni della Lunigiana, la lunga valle che stasera si offusca nel buio ben prima di arrivare al mare.

Cartello sulla Sella del Marmagna
Il vento soffia forte e freddo, il cielo - limpido e stellato alla partenza - ora è velato come per beffa... in compenso la neve ci offre l'ennesimo spettacolo, modellata fino nei minimi particolari dalle violentissime raffiche che sferzano questo tratto esposto di crinale. Esili fiamme di ghiaccio ricoprono le schiene dei sassi, una distesa baroccheggiante di spumini.


Malgrado la pendenza più sostenuta le ciaspole continuano a fare buona presa coi loro chiodini sul terreno, duro ma ruvido: cerchiamo di seguire la larghissima cresta per evitare gli accumuli verso l'Emilia, ma di fatto l'unico pericolo sono le piccole buche che vengono a crearsi fra i sassi sotto lo strato non sempre robusto di ghiaccio.

Quando il fascio della lampada frontale incrocia la forma ben nota della croce, non nascondiamo un sollievo che d'estate suonerebbe banale. Armeggiamo un po' con lampada grande e treppiede (ci piace allenare la schiena...) per fare qualche foto, ma c'è poca visibilità e molto freddo, così voltiamo i tacchi abbastanza in fretta.

Il ritorno è più veloce: alle 2 siamo a Lagdei, dove togliamo le ciaspole, e mezz'oretta dopo all'auto dove rimettiamo abiti civili. Alle 4 è la volta del pigiama a Parma, per un breve recupero in vista di una nuova giornata di fiera, fra le meravigliose foto in bianco e nero di uno stand bianco e nero.

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