domenica 22 marzo 2015

Salita del Canale Cambron al Monte Cavallo, sulla neve marmorea delle Apuane

Alpi Apuane e inverno. Un binomio che mi ammalia da tempo, stimolato da foto, racconti, quando non veri e propri libri sull'argomento: mi riferisco a Ghiaccio Salato, presentato presso la sede del Cai di Parma da uno degli autori un mese fa. Creste rocciose col mare sullo sfondo, pendii ripidissimi, ambiente severo rendono queste montagne intriganti già nella "bella stagione"; d'inverno - condizioni permettendo - le trasformano in qualcosa di fenomenale.

Cresta del Cavallo

Il Monte Cavallo racchiude in sé tutti gli aspetti migliori dell'incantesimo apuano. Già ci aveva respinti in un'uggiosa giornata di novembre, senza la neve; ora tentiamo di nuovo di avvicinarlo forti di un meteo perfetto, forse nel primo weekend dell'inverno 2014-2015 con condizioni adatte per fare alpinismo da queste parti.

Mar Ligure *

Il vero e proprio tifone abbattutosi sulla Versilia nei giorni scorsi forse ha seminato timore fra gli "apuanisti": ci sono soltanto due persone oltre a me e Mario in tutta la valle dell'Acqua Bianca, via di avvicinamento che abbiamo scelto per il nostro obiettivo, il Canale Cambron. Partendo dalla Val Serenaia avremmo risparmiato circa 200 metri di salita, ma le condizioni della strada (ufficialmente chiusa) ci hanno indotti a spostarci sull'altro versante del Pisanino.

Orme sulla via Vandelli
Superiamo Gorfigliano seguendo la strada per Vagli, e dopo tre tornanti, in prossimità di una grossa statua di marmo, imbocchiamo un buono sterrato che seguiamo per circa un km, parcheggiando in uno spiazzo appena prima di una catena. Da qui in poi la strada si fa più ripida, risalendo a tornanti un ravaneto di cava. Teoricamente dovremmo essere sul sentiero 36, ma non c'è alcun segnale... la cartina è poco chiara, vecchia, resa inattendibile da un paesaggio che qui cambia anno per anno.

Cercando il sentiero fra ferrivecchi e ruderi
Raggiungiamo un ampio spiazzo alla base delle Cave Scaglia, e ci si presentano tre alternative per proseguire: alla nostra destra prosegue la strada di cava, che costeggia prendendosela molto larga il versante est del Pisanino; a sinistra c'è un ripido ravaneto innevato, che invece se la prende fin troppo veloce; e un sentierino che sale a tornantelli nel bosco.

Cercando il sentiero fra sassi vecchi e ruderi di alberi

Optiamo per l'ultima soluzione, forse poco vogliosi di mettere subito i ramponi per poi doverli togliere... ce ne pentiremo, siccome le chiazze di neve durissima, i tanti alberi caduti, le foglie scivolose, il terreno comunque ripido renderanno la salita faticosa e complicata. Dopo tanto ravanare, ci immettiamo nel sentiero giusto, che probabilmente partiva più a monte dalla strada Gorfigliano - Vagli.

Il Cusna da un'angolazione nuova

Si tratta dell'antica Via Vandelli, sorretta da robusti muri a secco: un'ardita via di comunicazione costruita nel Settecento per collegare Modena con la Garfagnana e Massa, parte di un unico ducato unito dai matrimoni ma diviso dalle montagne. Seguiamo ora questo comodo sterrato, dove ci sono anche tracce di sci, e guadagnando quota entriamo nell'alta parte della valle, coperta da una bella faggeta.

Sentiero 36

La neve sul terreno aumenta passo dopo passo, siamo partiti un po' troppo tardi e il sole scalda, comunque ancora non si sprofonda. Poi fra le foglie finalmente sbuca il muso di un Cavallo, con in bella mostra, a destra della cima principale, il canale che ci accingiamo a salire: ripido quel tanto che basta, ben incassato all'ombra e coperto tutto di neve. La prima sensazione è quella di essere ancora in basso, molto in basso!

Il Monte Cavallo visto da est

Acceleriamo il passo, ansiosi ora di ramponarci, e lo facciamo poco sopra la fine dei faggi, presso un casolare in posizione dominante alla base del versante nord est del Cavallo. La via Vandelli, ormai irriconoscibile sotto la neve, proseguirebbe verso il Passo della Focolaccia, alterato dagli squarci delle cave; noi puntiamo dritti al canale sopra di noi, su pendii molto ampi con pendenze che cominciano a picchiare sulle gambe.

Sullo sfondo Tambura e Passo della Focolaccia

La neve anche al sole si mantiene dura; ma non ovunque, ad esempio vicino ad una roccia mi finisce la gamba in una tipica buca apuana, per fortuna poco profonda e non troppo tagliente! La pendenza aumenta avvicinandosi all'imbocco del canale, siamo ancora sui 45 gradi slegati e con un'unica picca. Ormai a sinistra ci fiancheggia la parete rocciosa della vetta principale, sulla quale cerchiamo le soste; e presso una sorta di grotta troviamo la prima, a chiodi e cordini.

Che goduria! *

Ci fermiamo a valutare il materiale e a prendere fiato, potendo apprezzare il bel pezzo di salita già percorso fino a qui. Saliremo in cordata, anche per toglierci un po' di peso dagli zaini! Lascio andare Mario da primo, che meglio di me sa come attrezzare le soste. La corda dà un appoggio psicologico non indifferente, e il tempo impiegato per attrezzare, salire a turno e recuperare è nettamente riguadagnato in termini di fatica mentale (e di conseguenza fisica); comunque il tempo passa e ci si stanca lo stesso, almeno io!

Primo tiro

Mantenendoci vicino alle rocce di sinistra, troviamo neve durissima, dove le becche delle piccozze usate in appoggio / trazione fanno leva che è un piacere. Attrezziamo tre soste, tutte sulle pareti a sinistra, con materiale non troppo vecchio ma che è sempre meglio integrare... così Mario può usare i suoi friend!

Secondo tiro *

Il tiro finale dà un po' più da pensare; stando sulla sinistra, vicino alle rocce dove la neve è migliore, la pendenza impenna a 55 gradi; a un certo punto conviene però attraversare il canale per non uscire sotto imponenti cornici di neve. Gli ultimi metri sono al sole, e leggermente meno ripidi... Mario arriva.
Terzo tiro con traverso a destra
"Vieni pure!" Sì che vengo, molto volentieri. La stanchezza rimane latente, la smania di sbucare di là e chiudere questa salita classica fa da motore a gambe e braccia. Sotto il sedere l'imbuto vertiginoso del canale, uno scivolone di 400 metri: la forza di gravità che spinge giù, la forza di volontà che spinge su, fra queste montagne repulsive, in cerca di emozioni che rimangano ancorate nel cuore come un fittone piantato in sosta che guarda il mare.


Ultimi colpi di piccozza, il sole torna a scaldarmi dopo due ore nel freddo del canale... finalmente sbuco fuori anche io! Il Brunelli se la gode spaparazzato al sole sopra la sua bella sosta, fra il bianco della neve e l'azzurro del mare.


Ma il Golfo della Spezia già lo conosciamo. Ciò che non conoscevamo, visto soltanto in foto o da molto lontano, è lo scorcio in primo piano sulla cresta del Cavallo, con la cima principale bianca e rocciosa che si staglia come la lama di un coltello contro il cielo.

La vetta principale del Cavallo
Basta un colpo d'occhio per capire quanto sia difficile salire di lì. Ora sono quasi le 14, la neve su quei pendii al sole deve avere mollato già da un po', la fascia rocciosa da superare prima della vetta sembra insormontabile... ci ripenseremo! La voglia di salire su una cima ci impedisce di fermarci a godere lo spettacolo che abbiamo di fronte, mangiare qualcosa e recuperare un po' di energia preziosa.


Se a sinistra non si va, proviamo a destra; la cima settentrionale (1888) sembra più abbordabile. Percorriamo un breve tratto di cresta portandoci sotto un risalto roccioso, che non ci fidiamo a superare senza assicurarci. Con un paio di friend Mario fa una sosta e prova a salire. Nel frattempo si alza il vento, ed è un vento freddo anche se il mare è qui a 15 km in linea d'aria.

Il tratto di cresta verso la cima settentrionale

La roccia è pessima, Mario fatica a trovare la via migliore, a me sorge il dubbio di non starci con i tempi e soprattutto con l'energia per salire e scendere di lì e poi dal canale... raggiunto il primo traguardo, la stanchezza rimonta tutta in una volta, e in luoghi del genere non sono concessi errori: il traguardo dev'essere sempre tornare a casa.

Il Canal Cambron
Comunico a Mario che è meglio voltare i passi prima che sia tardi, lo vedo d'accordo. Ci riportiamo con le corde all'imbocco del canale, il nostro aborto di tentativo ci ha fatto perdere almeno 40 minuti e ora non è più il caso di fermarci a mangiare, è ora di scendere. Non ci fidiamo di scendere senza corda, specialmente io, né di fare una serie di doppie su soste di cui non vogliamo testare la tenuta con troppa convinzione... per cui facciamo dei tiri all'inverso, dove il secondo a scendere (cioè io) ha la sensazione non troppo bella di essere recuperato dal basso.

Sole pomeridiano sulla Tambura *

La corda svolge più che altro il ruolo di sicurezza psicologica, di fatto con questa neve di marmo ancora in pieno pomeriggio piccozze e ramponi tengono quasi come chiodi. Il tempo passa, il freddo si fa sentire, e l'ultima sosta decidiamo di saltarla: scenderemo non assicurati con due picche dove non assicurati eravamo saliti con una piccozza sola. Ormai la stanchezza mi sta divorando, cerco di sincronizzare gli sforzi con il respiro ben sapendo che ora men che mai posso permettermi di cedere.

Tramonto sull'Appennino
Tre appoggi costanti danno più sicurezza, usarne due fa guadagnare tempo prezioso, ogni tanto devo fermarmi un poco a recuperare le energie sempre più esigue... piano piano arriviamo dove la pendenza si ammorbidisce, possiamo girarci faccia a valle e accelerare il passo verso il casolare dove ci eravamo messi i ramponi ormai 5 ore fa. Troppe, dobbiamo necessariamente velocizzare la nostra progressione!
Dopo il biroldo, via di porchetta!

Raggiunta la meta, fuori dalle difficoltà, possiamo fermarci a mangiare con tranquillità. Porchetta focaccia cioccolata tè e succo di frutta mi restituiscono una buona dose di vita dopo un'ora e mezza parecchio brutta... prendiamo con calma la carraia in discesa, dove la neve comincia a mollare; per raggiungere più in fretta la spianata delle cave scendiamo diretti per il ravaneto innevato, 100 metri comodi ripidi certo, ma ben poco in confronto al canale.


Il ravaneto
All'auto scopriamo che la catena è stata tirata e lucchettata; se avessimo parcheggiato oltre, sarebbe stato un discreto casino! Ripartiamo con le ultime luci del giorno, lo sforzo un po' esagerato che ho dovuto fare per scendere, forse non al massimo della forma, si farà sentire nel viaggio in auto e nel rientro a casa con 39 di febbre... e domenica niente canali!

Itinerario di salita
Punto di partenza: Cave dell'Acqua Bianca, 900 m circa
Punto più elevato: Sella (1800 circa) fra Cima Settentrionale e Cima del monte Cavallo
Dislivello in salita: 900
Tempo totale di percorrenza: 10 ore, molte meno senza legarsi o facendo le manovre più in fretta! 
Grado di difficoltà: AD -
Segnaletica: Scarsa
Punti d'appoggio: Nessuno
Accesso stradale: Da Gorfigliano seguire per Vagli e dopo tre tornanti imboccare una sterrata a destra (statua in marmo); seguirla fino a una catena con spiazzo per parcheggiare
Note: Le foto segnate con l'asterisco sono di Mario Brunelli

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