lunedì 28 ottobre 2013

Val Venegia e Castellazzo, i colori dell'autunno al cospetto delle Pale

Malga Venegia, ampi pascoli al centro di una valle incontaminata: le Pale di san Martino mostrano qui il loro volto solenne, ufficiale: tutte in fila ordinata, senza mai sovrapporsi, vale la pena farne l'appello per ricordare i loro nomi bellissimi ed evocativi: da sinistra a destra si susseguono dal basso verso l'alto il Mulaz, i campanili e la Cima di Focobon, quella di Valgrande e quella della Vezzana, con il piccolo e ormai estinto ghiacciaio del Travignolo che la separa dal Cimon della Pala, di poco più basso, che già da qui si presenta come il più eccentrico del gruppo.


Almeno da inizio estate desideravo andare sulle Pale, e lo scorso sabato finalmente si è presentata l'occasione. Insieme ad alcuni amici del Cai di Parma, abbiamo percorso un ampio e facile giro ad anello, partendo appunto dalla Val Venegia con destinazione il Castellazzo e la Baita Segantini.



In prossimità di Malga Venegia (1778) abbandoniamo subito la sterrata che risale la valle per prendere a destra un ampio sentiero che attraversa il torrente e sale nel bosco verso Malga Iuribello (1868).


 Dopo un po' di salita il bosco lascia spazio ad ampie radure panoramiche, e poco sopra la malga (che ci lasciamo a destra) il sentiero si congiunge con una strada bianca pianeggiante che ci accompagna quasi sino al Passo Rolle.


Ricompaiono ora, una dopo l'altra, le Pale. Il loro aspetto è ben diverso rispetto a prima, in val Venegia: ora la distesa dolce dei pascoli mette in risalto la verticalità delle crode, che si presentano più isolate e incombenti. Su tutte spicca il Cimon della Pala, che si lancia verso l'alto per mille metri come una spirale impazzita, sempre più stretta fino all'ultima ardita, barocca falange.


 Alle sue spalle si scorge in parte proseguire verso est la fortezza delle Pale, con le sue ciclopiche torri che ora si abbandonano alle forme più bizzarre: il triangolo elegante e precisissimo della Rosetta contrasta più che mai con gli improbabili profili storti delle cime di Baal e della Madonna, con la mole massiccia della Pala di san Martino.


Questo lo spettacolo grandioso che ci si presenta man mano che proseguiamo costeggiando il panettone del Castellazzo, la nostra meta, ben più modesta a confronto dei giganti di dolomia davanti a noi.



 Ormai a pochi passi dagli alberghi e caserme del Passo Rolle, poco oltre la partenza di una seggiovia, voltiamo a sinistra salendo con ampi tornanti fino al Rifugio Capanna Cervino (2062), per l'occasione aperto.


Dopo altri due tornanti abbandoniamo la sterrata per imboccare a sinistra un'ampia traccia non segnata che punta al Castellazzo; dopo non molto ritroviamo i segnali del Cai, che indicano il Trekking del Cristo Pensante. Nella zona sono presenti molti sentieri, non sempre segnati, e in presenza di nebbia dev'essere facile perdere l'orientamento... non è certo il caso di oggi!


Imbocchiamo la traccia più diretta per la cima, che risale faticosamente a zig zag un ampio ghiaione: ormai in fondo, entriamo in una grotta a forma di L che dall'altra uscita ci introduce nel piccolo altopiano sommitale del Castellazzo, dove ritroviamo il sentiero principale.


Grotte, tratturi lastricati, casupole di sassi: si tratta di manufatti risalenti alla Grande Guerra, quando il Castellazzo - per la sua posizione strategica vicino al confine e per la sua conformazione geologica favorevole - costituiva una vera e propria fortezza naturale controllata dalle truppe italiane.


Pochi passi in salita ci separano dalla bella croce sommitale in metallo effetto ruggine e dalla statua in marmo del Cristo Pensante: si tratta di un soggetto iconografico poco comune: Gesù medita, lo sguardo che si perde verso valli e montagne lontane, la testa cinta da una corona di filo spinato - quello della Grande Guerra; la contemplazione della pace e della bellezza si mescola col ricordo delle stragi e degli orrori compiuti quassù ormai un secolo fa.



Il Castellazzo (2333) è un autentico balcone naturale su un'ampia porzione di Alpi, che la giornata tersa ci permette di scorgere anche a grandi distanze. A sud comincia la catena del Lagorai, con le sue cime piramidali;

 a est, in primissimo piano, giganteggiano le Pale;


verso nord, oltre i prati del Passo Valles e del Col Margherita, sbucano le Tofane


e si innalza la parete Sud della Marmolada, parzialmente nascosta dietro i gruppi di Cima Ombretta e Cima Uomo.


 Continuando in senso antiorario si scorgono pezzetti di Sassolungo e Catinaccio, mentre tutto intero si apprezza il Latemar.


 A ovest, coperte di neve, sfilano tutte le Alpi Retiche Meridionali, dall'Oltres all'Adamello; e per concludere in bellezza, riecco la dolomia del Brenta.


La gioia degli occhi, comunque, è giusto accompagnarla col piacere del palato: così celebriamo la vetta, conquistata pacificamente, accoltellando il salame e addentando gli ottimi panini con speck e formaggio di malga imbottiti giù a Predazzo; e un bel bicchiere di prosecco per mandare giù tutto con piacere!


Per la discesa scegliamo una via più dolce, siccome il peso che c'era negli zaini si è trasferito nelle pance, e si fa sentire tanto quanto prima... in breve ci ritroviamo sopra la Capanna Cervino, al crocevia già incontrato al mattino, chiudendo così "l'anello interno" del percorso. Potremmo scendere direttamente a Malga Venegiota, ma ci teniamo a passare da Baita Segantini, a costo di allungare un po' l'anello esterno.



Il sentiero sale gli ampi prati della Costazza, avvicinandosi sempre di più al Cimon della Pala: l'incantevole Baita Segantini (2170) si trova praticamente ai suoi piedi, e con il piccolo specchio d'acqua che ha di fronte si presenta come uno dei luoghi più ricchi di soddisfazioni per gli amanti della fotografia. A dire il vero le auto parcheggiate di fronte sono ben poco fotogeniche, ma per fortuna sono poche...


La baita si trova al culmine della Val Venegia, ed è raggiungibile dal Passo Rolle con la strada bianca da noi percorsa al mattino fino alla Capanna Cervino; la stessa strada scende poi verso Malga Venegia, ed è la via che scegliamo per il ritorno.


Man mano che scendiamo l'ambiente cambia: gli ampi e dolci pascoli sono occultati dagli ultimi larici isolati e da grandi massi; a destra invece domina la pietra, col la distesa desolante di sfasciumi colata dai canali delle Pale, con quel poco che resta del ghiacciaio del Travignolo.


Diminuendo la pendenza, il bosco si fa più fitto, il verde scuro di mughi e pini cembri in pieno contrasto con l'oro dei larici ormai in piena esplosione di colore.


 In breve raggiungiamo l'affascinante Malga Venegiota (1824), chiusa, e dopo poco Malga Venegia, che in via del tutto straordinaria è aperta: così possiamo goderci davanti a una birra il sole del tardo pomeriggio che ancora illumina le Pale nell'ultimo pomeriggio lungo della stagione, prima dell'ora solare.

 
 
Punto di partenza: Malga Venegia (1778)
Punto più elevato: Monte Castellazzo (2333)
Dislivello in salita: 600
Tempo totale di percorrenza: 6 ore  
Grado di difficoltà: T
Segnaletica: Buona
Punti d'appoggio: Malga Venegia, Venegiota, Iuribello, Rifugio Capanna Cervino
Accesso stradale: Da Predazzo si sale verso il Passo Rolle, e dopo Paneveggio si volta a sinistra per il Valles. Qui si imbocca la val Venegia superando un primo parcheggio, si risale per un km circa con un facile sterrato fino a sotto Malga Venegia, dove si può lasciare l'auto. Entrambi i parcheggi sono a pagamento in estate.
Note:

Nessun commento:

Posta un commento