lunedì 12 gennaio 2015

Da Novate a Codera per San Giorgio, Cola e Tracciolino: calpestando il passato

Ostinata, un tornante dopo l'altro, l'antica mulattiera risale il fianco della montagna; ora per boschetti pensili, ora nella roccia nuda. Cavi di linee elettriche e teleferiche sono tesi nel baratro, verso l'azzurro scintillante del Lago di Como e di quello di Novate Mezzola. Non si vede ancora da dove partano, ma è chiaro che qualcuno deve vivere lassù, sopra un ambiente tanto aspro e inospitale.

Lago di Novate Mezzola, a sinistra il monte Legnone

Viene da pensare a chi ha scolpito posato e calpestato per generazioni, fino a renderli lisci, i gradini di granito che noi risaliamo per piacere personale, sotto un sole del 4 gennaio che ricorda più quello di aprile. La "civiltà", con le sue strade asfaltate dritte, le sue case colorite, le sue macchine, si fa sempre più piccola sotto di noi, i suoi rumori sempre più fiochi. Saliamo.

La mulattiera che sale a San Giorgio

Finalmente raggiungiamo il culmine e l'angolo del contrafforte roccioso, ed eccoci di fronte la val Codera, coperta di boschi spogli e coronata da cime innevate, con in mezzo il paese che le dà il nome e gli altri nuclei di case sparsi dove la montagna concede un po' di respiro. E' un'altra civiltà che ci aspetta, radicalmente diversa da quella dove abbiamo lasciato l'auto a un'ora e mezzo di scale.

Primo scorcio sulla Val Codera

Attraversiamo un castagneto ben curato e siamo a San Giorgio, che dal sentiero non riuscivamo a intravvedere. Il borgo è adagiato su un prato pianeggiante con vista sui laghi, e dove il pendio comincia a scendere alcuni terrazzamenti forniscono nuovo terreno fertile. Attorno alla semplice, commovente chiesetta in sasso, con il campanile cuspidato e la piazzetta circondata da grandi alberi, si raccolgono le case del borgo, dove qualche famiglia vive ancora per tutto l'anno.


Ci fermiamo a mangiare un panino, corteggiati da due cani di certo abituati ai visitatori: pochi ma comunque presenti anche in questo periodo, un po' come gli abitanti. Un prato pulitissimo, con grandi massi lisci di granito, separa le due ali del paesino come una seconda piazza; lo tiene d'occhio una edicoletta gialla dipinta con Madonna e santi, la prima di una lunghissima serie di immagini sacre che incontreremo. Per vivere in una valle come questa è naturale sia necessaria una buona dose di fede!



Riprendiamo il cammino salendo la schiena del dosso su cui è costruito il paese, in un bosco misto di castagni e betulle. Poco sopra il paese c'è il piccolissimo cimitero, che visto da fuori sembra simile a tanti altri; poi però scopriamo che dentro non ci sono le tombe sparse, bensì una grotta ricavata in qualche modo sotto un masso gigante: manufatto che alcuni studiosi fanno risalire addirittura alle popolazioni celtiche.



Guadagniamo quota fino a immetterci nel sentiero chiamato Tracciolino, un'opera sorprendente costruita negli anni trenta per collegare la diga sopra Codera a quella sotto Frasnedo, in valle dei Ratti. Di fatto si tratta di un tracciato che si mantiene costantemente alla stessa quota (920 metri), tagliando i fianchi di montagne particolarmente scabrose, specialmente nel tratto che inizia proprio qui sopra San Giorgio.


L'ideale sarebbe percorrerlo in mountain bike, essendo il tracciato largo a sufficienza e sempre protetto da una balaustra di ferro; comunque anche a piedi fa la sua impressione! Le viste a picco sulla bassa val Chiavenna si susseguono, una galleria dopo l'altra; e dove lo spazio non bastava lo si è creato scavando il sentiero dentro la roccia.

Il tratto centrale del Tracciolino

A un certo punto confluiamo in una ferrovia, a quanto pare ancora in servizio: superiamo una lunga galleria (circa 300 metri, possibilità di accendere le luci con interruttore a tempo) e rivediamo il sole, ormai vicini alla valle dei Ratti. Qui il sentiero (e la rotaia) si biforca: a destra si scende a Campo Mezzola, a sinistra si prosegue verso Frasnedo. Noi torniamo indietro siccome la nostra destinazione è Codera e ormai sono le 14.30.


Seguiamo fedelmente il Tracciolino oltrepassando il profondo vallone del Revelasco, vinto grazie a un bel ponte tibetano. Quasi 2000 metri sopra di noi spiccano le nevi e il granito del Sasso Manduino, montagna meravigliosa e difficilmente accessibile, un obiettivo per il futuro? La luce calda del pomeriggio ci riaccoglie nei bei castagneti sotto il borgo Cola (1018), che raggiungiamo deviando a destra in salita dal Tracciolino.

Scalinata per Cola

Il paese è in una posizione invidiabile, e i tratturi costeggiati da muro a secco, le scale, le tante case ancora in sasso sembrano davvero farti sprofondare in un altro secolo. Un paio di camini fumano, alcune finestre hanno gli scuri aperti, anche qui qualcuno sfida il tempo e l'inverno (quello a dire la verità non deve essere certo una grossa preoccupazione al momento!).

Lago di Novate, in secondo piano la punta del Lago di Como

Con un vecchio sentiero scendiamo a riprendere il Tracciolino dall'altra parte del paese, e superato il solco della Val Grande lo abbandoniamo per un bel tratturo che scende a sinistra nei castagneti. Gli ultimi raggi di sole ci permettono di ammirare e fotografare meglio un'altra piccola borgata, sorretta da terrazzamenti: Cii è il suo strano nome, e leggenda vuole ci abitassero streghe.

Veduta di Cii

Siamo ormai prossimi a Codera, ma dobbiamo prima attraversare il torrente, finora lasciato sfogarsi fra profondissime, inviolate forre. Due ponti di sasso veramente arditi, e corredati dalle necessarie edicolette sacre, superano i torrenti Ladrogno e Codera: specialmente da quest'ultimo viene il capogiro a guardare giù nel baratro dove i due torrenti si uniscono esibendosi in cascate sorprendenti... pozze dove il sole batterà una dozzina d'ore in un anno.

Ponte sul torrente Lardogno

Dopo l'ennesima scala entriamo finalmente nel paese "capoluogo", che ci riserviamo di visitare dopo cena. Abbiamo prenotato al rifugio Osteria Alpina, gestito dall'associazione Onlus Amici della Val Codera, un gruppo di ragazzi che evidentemente si impegna tanto per fornire accoglienza agli escursionisti anche in un periodo come questo, dove evidentemente il ritorno economico è ben poco.

Codera, alle spalle l'omonima cima

L'accoglienza a dire la verità non è stata proprio calda, ma per fortuna le temperature sono miti... qualcosina da dire ci sarebbe anche sul menu a km zero sbandierato sul sito, ma del resto quando una locanda in pratica sta aperta solo per tre persone non ti puoi certo lamentare. Dopo cena facciamo una passeggiata in paese, alla luce della luna quasi piena da poco sbucata sopra il solito Sasso Manduino.

Sasso Manduino al tramonto

Sasso Manduino sotto la luna piena

Passeggiamo per i borghetti silenziosi, con poche finestre illuminate, e ci fa specie pensare che qui fino agli anni trenta vivevano circa 200 persone. La piazzetta della chiesa forse sarebbe stata animata, a quest'ora, con al centro un bel fuoco, qualche cantastorie vagante giunto fin quassù, magari un capo-scout inviso ai fascisti... o più verosimilmente la gente sarebbe stata già a letto in vista del duro lavoro che la aspettava il giorno successivo già all'alba!

La chiesa di Codera e il monte Legnone

Lo stesso vale anche per noi, domani si comincia presto e in rifugio non hanno certo orari da motel... 21.30 a nanna, fa fresco e sotto le coperte si sta bene, si è pure mangiato poco così niente odori sgradevoli: dovremmo trovarne più spesso di rifugi così! (anche di conclusioni di articoli, ma non vi preoccupate, il racconto...

...continua qui

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