C'è chi, passeggiando per i sentieri sulle nostre montagne, si lamenta della carenza o inadeguatezza della segnaletica; e in alcuni casi non gli si può dare torto, anche se un po' di senso dell'orientamento e una buona cartina dovrebbero sempre essere nello zaino e magari nella testa.
Poi bisogna considerare che i cartelli non crescono come arbusti, né i segnali di vernice come funghi sugli alberi; aggiungiamo i danni causati dal gelo e da qualche furbone che sempre si diverte a rompere ciò che trova sui propri passi, e avremo un quadro più sfaccettato della questione sentieristica.
Come membro di un corso Cai, ho potuto partecipare a una giornata dedicata alla manutenzione dei sentieri, nella zona fra Bosco di Corniglio e Lagdei. Il lavoro, concesso dalla provincia al Club Alpino, è più complesso di quanto possa sembrare a prima vista: non tanto per la fase manuale, dove in fondo basta piantare un palo e avvitarci i cartelli o fare due segni di vernice, quanto per tutto il progetto che la sottintende.
|
Palo piantato con la puntazza |
|
Pulitura di un segno vecchio dal muschio |
I cartelli sono prodotti da ditte specializzate, ma occorre prima stabilire la direzione della freccia (tutto varia a seconda di dove si dispone il cartello) e la scala corretta delle tempistiche per le località segnalate: e tutto questo richiede un attento studio sulle cartine e nel caso sul posto. Ogni cartello inoltre è numerato (sulla parte posteriore), in modo da poterlo prendere come punto di riferimento per localizzare escursionisti in difficoltà.
Può capitare di trovare cartelli di natura e materiali eterogenei: legno, lamiera, plastica... quest'ultima è ormai il materiale preferito, per tutto un insieme di motivi: il legno marcisce, il ferro arrugginisce, mentre la plastica resiste bene al tempo. I luminosi cartelli bianchi e rossi di plastica sono meno in sintonia con l'ambiente rispetto a quelli in legno, ma proprio la loro natura di "pugno in un occhio" li rende funzionali e facili da individuare in condizioni di scarsa visibilità.
E' sempre meglio piazzare i segnali su pali, siccome gli alberi col tempo tendono a inglobarli (se sono di ferro e plastica) o a respingerli (quelli in legno). Sono poi da evitare le scritte indelebili sui sassi, antiestetiche e poco visibili, specialmente d'inverno se la neve è alta.
|
Verso il monte Cusna |
|
Appennino Modenese |
Per quanto riguarda i segni di vernice, capita spesso di vederne troppi, oppure troppo pochi... dipende dalla data in cui è stata fatta manutenzione sul sentiero. Nei paesi, i segnali talvolta sono difficili da individuare, dal momento che i proprietari delle case potrebbero non gradirli sui propri muri o staccionate. In quota invece, dove mancano alberi e punti di riferimento, l'ometto di pietre è la soluzione migliore per non dover piantare pali ogni 4 passi.
|
Alpe di Succiso |
Un altro problema è la compresenza di segnali eterogenei, spesso sistemati da personalità diverse dal Cai: parchi, comunità montane, semplici organizzatori di percorsi tematici... da questo punto di vista occorrerebbe un po' di pulizia: è giusto ci siano i segnali che servono e dove servono, la montagna non deve diventare uno svincolo autostradale!
|
Parco del Frignano |
|
Passo dell'Ospedalaccio, tre generazioni di cartelli Cai |
Nessun commento:
Posta un commento