lunedì 29 settembre 2014

Cresta Roccabiasca e via Garibaldi al monte Scala, alpinismo escursionistico

<<Sai che ore sono?>> <<Boh, le 11? Forse nemmeno...>> Non erano ancora le 10 quando superato un dosso ci si è presentata di fronte, in tutta la sua eleganza, la cresta di Roccabiasca. Poi apparecchia corde e ferri, imbràgati, legati, ripassa due o tre manovre fondamentali rimaste in qualche cassetto della memoria non ancora chiuso a chiave...

Verso la cresta

...e finalmente arrampicati, cavalcando i salti di arenaria-macigno che sbucano come onde fra le valli boscose di Pradaccio e Badignana, apprezzate da una prospettiva nuova. Sembra di volare, ma in realtà è il tempo che vola! E non ti salta in mente che in realtà, a metà della cresta, possa essere già mezzogiorno passato. Dobbiamo un po' lavorare sui tempi, forse siamo una cordata troppo attratta dai panorami!

Sopra il lago del Pradaccio

O forse più semplicemente siamo stati fuorviati dalle relazioni del nostro ex-istruttore Alberto Rampini, che nella sua guida all'arrampicata in Appennino ha valutato come 3a questa traversata in cresta... <<Se è un 3a possiamo farlo anche in scarponi!>> Valutazione errata, siccome dopo qualche tiro con brevi passaggi in aderenza, piccole tacchette, prese leggermente svase, abbiamo deciso di metterci le scarpette, ormai al penultimo tiro: un po' troppo cattivo come terzo grado!

Secondo salto

Già la via non era iniziata nel migliore dei modi, siccome per sbaglio siamo partiti con solo 6 rinvii (gli altri 10 in auto ad ascoltare la radio). Poi al primissimo passo del primissimo tiro una presa si affeziona alla mano di Mario e decide di restarci insieme: imprevisto risoltosi giusto con una breve sfrisata sul macigno che non è certo delicato come il pelo di un giaguaro. Poi in generale tutta la via si è dimostrata lunga, compresi i collegamenti a piedi fra un salto e l'altro, da percorrere con le nostre due mezze corde in spalla.

Vista su Roccabiasca dopo il terzo salto

Siamo in cima alle 14, ancora in tempo per divorare i panini in un orario accettabile. La giornata è meravigliosa, il clima gradevole, e pur sapendo che non ci restano troppe ore di luce decidiamo di trasferirci sulla montagna di fianco a noi, lo Scala, in cerca di qualche via con meno erba e più roccia.

"Sosta" in vetta!

Giù a capofitto attraverso la valle del Badignana, con lo zaino appesantito da mezza corda e ferri che lasceranno prodromi sulla mia magra schiena per almeno un paio di giorni, poi su fino alla Fontana del Vescovo, al Passo Fugicchia dove incontriamo gli unici due escursionisti della giornata, e ancora giù fino alla base della parete Ovest del monte Scala, illuminata dal sole pomeridiano.

Incontri al passo Fugicchia
Sono le 15.45, di fronte al nostro naso partono i due tiri della via Garibaldi: qui non rischi di prendere nelle vene lamate di ferro medio-orientale come nella corrispondente arteria parmense, ma sei costretto a prendere lame di macigno, la vena dell'alto Appennino parmense.

A sinistra Roccabiasca, a destra lo Scala


Il primo tiro lo faccio io, è massimo 4b, e mi dà un po' da pensare soltanto nei primi passaggi; in realtà il pensiero corre spesso a quei 6 rinvii (più due cordini con due ghiere, improvvisati come rinvii lunghi) agganciati all'imbrago che sembrano finire subito! Arrivato in sosta, mi sorgono dubbi amletici sulla natura del mezzo barcaiolo, così decido di recuperare Mario con la piastrina... e passano minuti preziosi!

Il tracciato della via Garibaldi

Marione si riserva il secondo tiro, un 5b che si dimostra subito pepato. Presto lo perdo di vista, e aspettando aspettando mi sorge il dubbio che non trovi la sosta, o si sia spaparazzato come una bistecca a godersi il sole ancora caldo di questo finale di settembre... anch'io in maglietta me la sto spassando più che se fossi a Riccione: ma sotto il mio sedere al posto dell'asciugamano c'è la Piana delle Antiche Pietre, che l'ombra si sta velocemente divorando: anche qui il tempo vola, e temo non riusciremo ad affrontare gli altri due tiri per raggiungere la vetta.

Mario all'inizio del secondo tiro

Alla fine Mario mi dà l'ok, seguito da un poco incoraggiante <<Che Dio ti benedica!>>. Mano a mano che salgo, mi si rivelano uno per uno i motivi dei rallentamenti su via Garibaldi, dovuti a lavori in corso: recuperi di rinvii sugli spit sottostanti per non rischiare di restare senza; ostici passaggi in aderenza seguiti non dalla bella presona che ti ridà fiducia, ma da altri passaggi delicati; un'uscita su terrazzino d'erba dove la tentazione di afferrare i ciuffi è quasi una necessità; un ultimo passaggio prima della sosta che sfrutta come prese i naturali fori lasciati dall'acqua nella roccia quando qui c'era un grande ghiacciaio - in parole povere, dei tondoni svasi.

Alla base dello spigolo dello Scala: sullo sfondo la cresta percorsa al mattino

L'arrivo sull'estetica forcella fra lo spigolo sud dello Scala e il suo gendarme è la degna conclusione di questa via, una piccola spedizione dei Mille (ma con 6 rinvii) per Mario! I penultimi raggi del sole sfiorano taglienti le cenge del Paitino, il trapezio del Sillara, le sagome lontane del Cusna e dell'Alpe di Succiso: c'è tutto un Appennino ad aspettarci, perché azzardare di metterci stanchi a fare i due tiri dello spigolo rischiando di prendere il buio? Senza troppo pensarci scendiamo verso l'ombra del lago Scuro, riservandoci le vie dello Scala per un'altra volta, magari senza passare prima da Roccabiasca!

Rocca Pumaccioletto e monte Paitino

E dopo quasi 11 ore di escursionismo con parentesi alpinistiche (o viceversa se preferite) siamo di nuovo ai Lagoni, i primi ad essere arrivati, gli ultimi ad andarcene. Un bentornato commovente dalle nostre amate montagne!

Tramonto ai Lagoni


giovedì 25 settembre 2014

Inverness, Lochness e Falls of Foyers: quasi una passeggiata

Ciò che rende inesorabilmente diversi me e il trasporto pubblico inglese è la puntualità: di conseguenza durante questa vacanza ho preso la salubre abitudine di fare delle gran corse per non perdere il treno o il bus di turno. Così il martedì mattina, dall'ostello di Aviemore alla stazione, per saltare sopra il primo treno per Inverness; e dalla stazione di Inverness alla fermata un po' defilata del bus n. 6, diretto al villaggio di Foyers, sul lago di Lochness.

Inverness

La giornata, che le previsioni davano dubbia, è cominciata con un sole splendido (salvo le solite nebbie alte sui Cairngorms), ma poi le nubi alte e basse sono tornate a fare capolino un po' ovunque. Il bus (semivuoto) affronta spedito la stretta stradina a sud di Lochness, rasentando il bordo della strada o infilandosi nelle piazzole di passaggio quando incrocia altri veicoli: un viaggio decisamente traballante! Ma per fortuna c'è poco traffico e in 45 minuti sono a Foyers (Upper Foyers, l'ultima fermata).


Il sentiero per le cascate comincia proprio dalla fermata del bus, calandosi in un bellissimo bosco di larici reso suggestivo dalla nebbiolina; fin da subito si sente lo scrosciare dell'acqua, e al primo belvedere la cascata dà sfoggio di sé: un bel salto di una sessantina di metri, con una portata d'acqua notevole, all'ombra di uno stretto anfiteatro di rocce e alberi.


Dal secondo belvedere, più basso, posso ammirare la cascata frontalmente; dopodiché torno leggermente indietro e proseguo verso Lower Foyers, sempre nel bosco; il fiume, alla mia sinistra, prosegue il suo percorso verso Lochness, entro una profonda forra dove di tanto in tanto si scorgono nuove rapide e cascatelle.


La discesa, ripida ma non troppo, mi conduce brevemente al villaggio inferiore, dove costeggiando una fish farm mi affaccio finalmente su Lochness. L'atmosfera è silenziosa, malinconica; quasi nessuno in giro, solo barchette abbandonate sulle rive del lunghissimo lago; il suo limite occidentale appare confuso fra la nebbia leggera, che aleggia ovunque e nasconde le montagne circostanti.


Comincio a costeggiare il lago, facendo il giro di una sorta di penisola; passo il Rivier Foyers su un bel ponte di acciaio e ricomincio a camminare sui sentierini lungo il lago, fino a un monumento invaso dalla vegetazione. Nei pressi c'è un cimitero, e girandogli attorno torno nel villaggio di Lower Foyers.


A questo punto ci metto un po' a capire qual'è il sentiero giusto: ho fotografato una cartina molto essenziale trovata per pura fortuna in un pannello informativo, e da qui ho improvvisato il mio giro ad anello.


Alla fine riesco a trovare la mia strada, che sale fra il bosco ed un campo, costeggiando una linea elettrica e regalando belle viste alle mie spalle sul grande lago. Vado avanti a lungo per poi compiere un ampio tornante e proseguire nella direzione opposta, sempre nel bosco, fino a un nuovo ponte di pietra sul fiume delle cascate, qui piuttosto vuoto a dire il vero... dev'esserci qualche invaso!


Mangio in un bel cottage circondato da angus (ottima torta con ottimo tè), dopodiché mi attende per la digestione il ballo nel bus per Inverness, con lo stesso autista di stamattina ovviamente. In attesa del treno per Aviemore, mi concedo un giretto pomeridiano per la capitale delle Highlands, una città nobile e graziosa, con le sue chiese e i suoi ponti pedonali sul Rivier Ness.


Rispunta pure il sole, che in una sorta di beffa illumina le pendici dei Cairngorms (ma non le cime) alla sera, quando dopo una doccia volante in ostello lascio Aviemore per riprendere un secondo treno diretto ad Edimburgo. L'anello si chiude, finisce la parte escursionistica della vacanza e comincia quella alcolica... in comune soltanto gli autobus, che non riprenderò per almeno 3 mesi una volta tornato in Italia.


L'itinerario evidenziato in rosso sulla mappa iper-essenziale


martedì 23 settembre 2014

Assalto ai Cairngorms: tentativo Ben Macdui, Chalamian Gap e Glenmore Forest

Lunedì, sveglia presto dopo essere andato a letto prestissimo: pensavo di non riuscire a dormire in ostello e con la smania del giro, invece a quanto pare avevo veramente bisogno di sonno! La sala della colazione apre alle 7, il primo autobus per Cairngorm Mountain passa alle 7.20 dalla stazione, a 10 minuti di cammino dall'ostello. Riesco in qualche modo a trangugiare due biscotti con mezza tazza di "caffè", giusto per sentirli ballare nello stomaco mentre percorro di corsa la strada deserta di Aviemore. Non perdo l'autobus, semi-deserto anche lui, e in una ventina di minuti sono alla base delle piste da sci (500 metri circa).



La giornata sembrava iniziata coi migliori auspici meteorologici, giusto un poco di nebbia a coprire i Munro ("Munro" è il nomignolo affibbiato alle cime scozzesi che superano i 3000 piedi, cioè 914 metri); ma già nell'arco di tempo del viaggio in bus e le nuvole basse si sono fatte più consistenti, e un'atmosfera umida e grigiolina è andata coprendo il cielo azzurro anche tutto attorno, verso la pianura.


Ho tutta la giornata davanti, sono carico, un'ultima occhiata alla cartina e parte l'assalto ai Cairngorms. Passo sotto a un paio di skilift preistorici, poi seguendo un ottimo sentiero comincio ad allontanarmi dalla zona delle piste. Riesco a intravvedere fin dall'inizio buona parte del mio itinerario: la traccia taglia lungamente prati sterminati verso est, per poi rimontare un crinale che si va a perdere nella nebbia, via via più bassa.


Il lungo tratto pianeggiante termina dopo aver guadato facilmente un paio di ruscelli, provenienti dal bel circolo glaciale del Cairn Lochan (1215) , con il suo versante nord roccioso che ancora ospita un piccolo nevaio (il 15 settembre!). Per la salita devo scendere a compromessi col mio pile, che finisce nello zaino; ma con solo maglietta e smanicato patisco decisamente freddo, specialmente quando in terreno più esposto si alza il vento e comincia la nebbiolina umida.

Resisto finché posso, ma presto devo coprirmi di nuovo; per fortuna la salita lascia spazio a tratti pianeggianti, attraverso un ambiente sempre più spoglio e sassoso. La visibilità è davvero ridotta, ma c'è di buono che il sentiero è ampio e ben battuto, pur non essendo segnato. Vado avanti nutrendomi della speranza che da un momento all'altro la nebbia cessi, ma nulla sembra lasciare presagire qualcosa di simile.

Man mano che procedo, mi avvicino al cuore dell'altopiano al centro dei Cairngorms, di fatto un calderone in cui la nebbia ha tutta l'aria di ristagnare volentieri. Il mio progetto prevedeva di raggiungerne il cuore, salendo il Ben Macdui (1304, seconda cima più alta del Regno Unito) per poi scendere al Loch Etchachan (il lago più alto in UK) e tornare alle piste con un ampio giro ad anello.

Pernice rossa





Naturalmente un itinerario simile era fattibile con meteo favorevole, mentre in queste condizioni, su montagne a me sconosciute, coi sentieri non segnati, da solo e col cellulare senza ombra di linea (non prendeva neanche giù ad Aviemore!) diventa puro azzardo.

 Per una questione di onore, proseguirei almeno fino al Ben Macdui, seguendo la buona traccia di sentiero in cui mi trovo, ma comincio a patire sempre più freddo alle mani... non aspettandomi temperature così rigide, ho deciso di non comprare un paio di guanti (che pure mi sarebbero tornati utili anche a Parma).


Una stupidaggine; ora mi ritrovo a dover muovere le dita in tasca fingendo di suonare il pianoforte, ma ogni volta che mi fermo per consultare la cartina o mangiare un po' di frutta secca, tempo pochi secondi e le dita sono di nuovo rigide. Supero alcuni grandi ometti di pietra, chiamati appunto Cairn: loro danno il nome a queste montagne.

Il sentiero subito dopo comincia a scendere; riesco ad individuare grosso modo sulla cartina il punto in cui mi trovo, a circa 1150 metri: il Ben Macdui è ancora lontano e io sono piuttosto provato... l'allenamento non è soltanto fisico: in 3 mesi a Ramsgate ho camminato, corso, fatto giri anche impegnativi in mountain bike, ma non sono mai stato in montagna; e la montagna in condizioni difficili richiede un allenamento anche mentale. Quindi meglio non rischiare di mettermi nei pasticci: Cairngorms, avete vinto voi, io giro i tacchi e vado a prendermi un bel tè caldo col latte, da bravo inglese!

Nel tornare indietro, incrocio qualche escursionista che sale, alcuni addirittura in maglietta, altri in tenuta prettamente invernale... io rimango imbacuccato con maglia pile smanicato e guscio praticamente fino al punto di partenza! La nebbia sembra diradarsi, qualche Munro si riaffaccia, già temo di dovermi mangiare le mani (non per scaldarle...), ma sono solo falsi allarmi: la giornata ormai è compromessa. Ma forse non alle basse quote.


Provando a gustare il mio white tea nel bar alla base della funicolare, studio un possibile itinerario per tirare al pomeriggio; sono ancora le 11.30 e non voglio buttare subito il prete nella merda (è la traduzione letterale di un modo di dire scozzese). Mi sono ripreso, ho abbandonato il rancore come una pietra sopra quei cairn lassù immersi nella nebbia, riesco a ritrovare la giusta carica per ripartire.

E riparto in discesa, facendo un lungo giro che mi porta ad attraversare la profonda forra scavata dal fiume Allt na Ciste presso il limitare della foresta di Glenmore, per poi risalire dall'altra parte e ritrovarmi nei campi aperti, costeggiando un lungo filo spinato. Dall'altra parte della valle riconosco il lungo taglione percorso al mattino, mentre il mio sentiero punta dritto all'intaglio del Chalamian Gap.


Il cielo tutto attorno è ormai scuro, ma un ultimo sprazzo di sereno proprio sopra di me mi regala qualche istante di vivi contrasti con l'erba luminosa; dopodiché mi viene regalata solo una fastidiosa pioggerella. In queste condizioni attraverso la bella pietraia del Chalamian Gap, un valico alto circa 700 metri che mi permette di sbucare sulla valle del Lairig Ghru.



Mangio il mio iper-essenziale sandwich con un po' di frutta secca e riparto, sono curioso di vedere da vicino l'aspetto di uno dei più celebri passi scozzesi. E lo spettacolo vale tutta la (poca) fatica: due ripidi versanti ghiaiosi, che le nuvole fanno sembrare ancora più alti, precipitano nel solco della valle in uno scenario grandioso, degno... non dirò delle Alpi, ma almeno degli Appennini! La memoria corre subito ai ben noti valloni dell'Alpe di Succiso, per molti aspetti simili.


Con una ripida discesa raggiungo il torrente, immettendomi nel sentiero principale diretto al Lairig Ghru. Volendo avrei tempo per raggiungere il passo, ma il maltempo incombente mi porta a più miti consigli, e senza troppo pensarci scendo a valle: la strada è ancora lunga, e più che una strada è un sentiero di quelli poco adatti a farli di corsa, con tanti passaggi su pietre per aggirare il terreno fangoso. Qualche ardito compie questa discesa in Mbk: se si divertono senza ammazzarsi buon per loro!


Scende una pioggerella quasi invisibile, ma tanto basta per il guscio; poi raggiunti i primi alberi la temperatura si fa più gradevole. Prendo un sentiero a destra, diretto al Rothiemurchus Lodge, un bel villaggio di casette di legno circondato dalla foresta. Non intendo tornare alle piste da sci, ma riprendere l'autobus per Aviemore alla fermata precedente, posta a Glenmore Village.


Sulla cartina vedo un sentiero che nella realtà non c'è: beh dai, almeno uno ci vuole, se no sai che noia? Scendo da una strada sterrata abbastanza nuova, ma la direzione non mi convince, così imbocco una traccia di boscaioli; e si sa che le tracce di boscaioli presto o tardi finiscono... Pensando di essere vicino a Glenmore e al Loch Morlich, decido che posso permettermi di ravanare un po' nella splendida foresta: in fondo sono da poco passate le 15!


Non vedo più tracce, quindi prendo come riferimento un fiumiciattolo; finché domina il sottobosco dei larici non ci sono problemi, ma quando il terreno cambia la progressione diventa più faticosa; il rivolo ha un andamento illogico, scompare e ricompare, di tanto in tanto devo sincerarmi del giusto scorrimento dell'acqua... trovo un laghetto, una labile traccia che si perde presso alcune piante tagliate dove riesco a guardarmi intorno: ma non ci sono punti di riferimento!


Sento il rumore delle auto alla mia destra, sento che la direzione è quella giusta. Mi tocca passare attraverso altissime felci bagnate, ma per fortuna prima che il ravanaggio si faccia amazzonico trovo una bella carrozzabile, la seguo nella direzione che mi ispira e cammina cammina finalmente raggiungo il Loch Morlich, oppresso dall'umidità.


Purtroppo Glenmore Village è più lontano di quanto sperassi, o forse sono io che comincio ad avere troppa voglia di cioccolata calda e il tempo si va dilatando... strade sterrate che sembrano non finire mai, il sentierino lungo il lago, il fiume che non si attraversa e tocca cercare un ponte, infine un enorme campeggio pieno di camper con stranieri che non sanno nemmeno dove si può prendere l'autobus e una cioccolata calda.


Il bus passa ogni ora alle mezza, ora sono le 16.45 quindi ho tutto il tempo per cercare un bar e un telefono pubblico per chiamare a casa: non ho linea da due giorni! Il telefono pubblico però non funziona, e anche il bar non è affatto semplice da trovare...  qui chiude tutto alle 17. Alla fine comunque riesco a trovare il posto giusto, e ad aspettare la corriera con una bella cioccolata fumante in mano. Ad Aviemore riesco a chiamare a casa dove mi credevano morto: per così poco... ho rischiato molto di più con il chicken tikka d'asporto dal ristorante indiano alla sera!

Itinerario: in giallo il giro del mattino, il arancione il proseguimento

Prima e ultima parte del giro in arancione
Il progetto originale del giro

lunedì 22 settembre 2014

Aviemore - Loch an Eilein: primo giorno di trekking in Scozia

36 ore. Non di più per trascorrere dalle zanzare, il puzzo di spazzatura, i vicoli e il porto di Ramsgate; alle gallerie d'arte e i mercati traboccanti di gente e colori a Londra; ai campanili e i palazzi scuri, austeri di Edimburgo che si confondono col grigio della nebbia; e infine alle sfumanti prospettive di pini e larici fra i cui tronchi filtrano i raggi del sole ormai nordico nel Cairngorms National Park.

Loch an Eilein

Raggiungo Aviemore in una luminosa domenica pomeriggio: dopo avere appoggiato il sedere su un aereo Easy Jet, autobus National Express e Citylink, biciclette ai punti noleggio Barclays di Londra, finalmente posso sollevarlo e utilizzare il mezzo di trasporto a me più congeniale: le gambe. Lascio il trolley nell'ottimo Youth Hostel; il check in è alle 14 ma non ho voglia di aspettare... qui il sole va preso al volo!

Rivier Spey

Sentieri e percorsi pedonali partono direttamente dal paese, nella migliore tradizione britannica. Attraverso su un ponte il Rivier Spey e mi ritrovo nel Rothiemurchus, difficilissimo nome (nella migliore tradizione scozzese) della foresta che ricopre tutto il versante nord dei Cairngorms. Diverse specie di abeti, larici, rari pini di Caledonia danno vita a un sottobosco meraviglioso, pieno di muschio e funghi, brulicante di profumi e di vita.

Che porcino! Ma qui non li scoreggiano neanche...

Costeggio il Rivier Druie fino a Coylumbridge, dove imbocco un'ampia strada bianca nel bosco. Dopo non molto, un bivio rispecchia il prossimo biforcamento della valle: a destra destinazione Loch Eanaich, meta di un pregevole percorso per MBK; a sinistra Lairig Ghru, forse il più bel passo montano della Scozia.

Cairn Gorm dietro al castello del Loch an Eilein


Mi dirigo verso quest'ultimo, ben sapendo che non lo raggiungerò... oggi pomeriggio voglio giusto fare una passeggiata pregustando da lontano e dal basso ciò che mi aspetta domani! Peccato che la foresta copre ogni visuale e i lunghi rettilinei, insieme al terreno pressoché pianeggiante, la fanno apparire interminabile, e dopo un po' noiosa.


Poi finalmente gli alberi si cominciano a diradare, in uno scenario quasi da steppa, e sullo sfondo si materializzano di nuovo - più vicini e imponenti - i profili dei Cairngorms, che avevo visto l'ultima volta dall'ostello. In fin dei conti dei collinoni, con prati sterminati e giusto qualche rupe e ghiaione in prossimità della forra del Lairig Ghru, e la nebbia che ancora ricopre le zone centrali dell'altopiano. Balza subito all'occhio la stazione sciistica Cairngorm Mountain, coi tracciati delle piste e le strisce di lumaca della funicolare.


Raggiungo un nuovo bivio, dove prendo a destra verso il Loch an Eilein. Ora il terreno è più vario, con brevi su e giù, alberi isolati, ruscelli, laghetti paludosi: mi trovo con ogni probabilità in una zona di antichi depositi morenici. A nemmeno 300 metri di quota, lo scenario ha molto in comune con quelli alpini che trovi sopra i 2000, quando le foreste di conifere cominciano a lasciare spazio ai prati e alle rocce.


In leggera discesa, mi porto verso il lago, la cui presenza si intuisce in un ampia spianata fra i pini: completamente circondato dal bosco, il Loch an Eilein è un vero gioiello, con tanto di castello diroccato su un isolotto. La luce radente del pomeriggio e l'aria tersa mi permettono di scattare qualche bella foto - nei limiti della compattina (e del suo proprietario!).



E' ora di girare i tacchi. Seguendo una nuova strada bianca, non più tutta nel bosco ma in un ambiente più antropizzato, mi ritrovo nuovamente a Coylumbridge, e da qui ad Aviemore. Avrei tempo per un giro veloce nella Natural Reserve giusto dietro l'ostello, ma preferisco lavare e asciugare qualche vestito in vista dei prossimi giorni! To be continued...

Itinerario