giovedì 27 ottobre 2016

Canyoning nel fiume Magra: in doppia di fianco al Piscio di Pracchiola

Il Magra è il fiume della Lunigiana. Col suo corso divide l'Appennino ligure da quello tosco-emiliano, e allo stesso tempo unisce il nord col centro Italia. Da sempre via privilegiata di comunicazione, ha visto i pellegrini percorrere la via Francigena; le carrozze lungo la strada napoleonica della Cisa; i treni sfrecciare Pontremolese; le auto stracolme di emiliani diretti al mare la domenica lungo l'A15.


Veduta di Pracchiola
Ma tutto questo da Pontremoli in giù. La parte alta del fiume Magra, la selvaggia Valdantena, si sarebbe subito squassata di dosso tutte quelle infrastrutture! Sopporta a malapena la vertiginosa strada del Passo del Cirone, che la collega con l'alta val Parma. E' da qui, non dalla vicina e più famosa Cisa, che l'Appennino comincia a giocare i suoi pezzi da novanta.

Il primo è il monte Orsaro, 1832 metri sopra il vicino mar Ligure. Risalendo la Valdantena si raggiunge il suo ultimo paese, Pracchiola, da cui l'Orsaro appare davvero incombente: versanti boscosi ripidissimi precipitano per più di 1000 metri nell'ombrosa vallata, e la strada del Cirone li affronta con pazienti serpentine.

Gli albori del fiume Magra

Sul fondo scorre meno paziente il fiume Magra, ancora limitato come portata ma già in grado di piombare a valle con una potenza devastante: come accadde nella piena del 2011. La percorrenza di questo tratto di greto è riservata a persone disposte a bagnarsi un po', almeno fino alla pancia, e soprattutto in grado di calarsi in corda doppia.

Il primo salto d'acqua da superare in doppia
Non si tratta di un'esaltante esperienza di canyoning: essenzialmente è una ravanata, che però consente di immergersi in ambiente totalmente selvaggio. Le numerose cascate e cascatelle formate dal torrente, fra cui spicca il Piscio di Pracchiola (alto più di 20 metri), le polle di acqua limpidissima, le strane formazioni della roccia levigata, ricompensano della fatica e dei rischi di una simile discesa.

Ambiente
L'escursione, se così possiamo definirla, inizia Pracchiola, che merita una visita veloce: la fontana all'ingresso del borgo è particolarmente apprezzata per la bontà dell'acqua, quasi sempre si incontra qualcuno fermo a riempire le bottiglie. Non si tratta certo delle poche persone che vivono stabilmente qui, magari è gente arrivata apposta in auto da Pontremoli!


Appena dopo la chiesa si stacca in salita a destra un vicolo sotto un'arcata; presto si trasforma in sentiero e conduce fuori dal paese, su per ripidi boschi di castagno. Si segue intuitivamente la traccia più battuta, in ripida salita, fino a uscire in un campo. Lo si risale fino a raggiungere il guard-rail della provinciale presso una curva esposta sul paese di Pracchiola. Tutto questo permette di risparmiarsi una buona dose di tornanti e asfalto!

Si segue per un paio di km la strada, lasciandosi a destra un'abitazione isolata (l'ultima della valle). Poco dopo sulla sinistra scende una strada sterrata, a tratti invasa dalla vegetazione. La si percorre, e tenendo la sinistra a un bivio si raggiunge in ripida discesa il fiume Magra. Voltare dunque a sinistra lungo il greto, che in questa prima parte è abbastanza pianeggiante.

La seconda calata
Poco dopo una frana recente (attenzione a un cavo sospeso) si raggiunge il primo salto d'acqua, che ho superato sulla sinistra con una calata di 7-8 metri su pianta. Lanciando con attenzione la corda si riesce a non pocciarla nel fiume! Ora il torrente scende più ripido e presto presenta una nuova strettoia con cascata. Qui sono salito a sinistra su una placchetta raggiungendo un'altra pianta sul bordo del precipizio: altra calata di una decina di metri, dove lanciare la corda senza bagnarla è quasi impossibile... meglio tenerla avvolta ai lati dell'imbrago - se si è capaci e si ha un paio di cordini!

Il Piscio di Pracchiola
Un tratto abbastanza placido di torrente prelude al punto più caratteristico della discesa: il cosiddetto Piscio di Pracchiola, dove non è poi così raro incontrare persone che fanno il bagno (io le ho trovate, evidentemente spaventandole con la mia apparizione dall'alto!). Non lontano dal bordo della cascata, sempre sulla sinistra orografica, una vecchia corda unisce due alberi... segno che qualcuno in passato già pensò di attrezzare con una minima sicurezza questa discesa. Io mi sono calato sulla pianta più grande per circa 25 metri, atterrando sul bordo della pozza formata dalla cascata.

A questo punto ci si può levare l'imbrago e magari fare un bel bagno per ripulirsi dal terriccio... attenzione a non andare sotto la cascata, la forza dell'acqua può "schiacciare" nel fondone anche se la portata del getto sembra innocua! Si riprende a discendere il greto, con qualche ometto del sentiero che raggiunge la cascata da Pracchiola; questo a un certo punto sale a mezza costa nel bosco a sinistra, ma consiglio di seguire ancora il fiume, in questo tratto davvero affascinante.

Cascatelle

Una strettoia con un saltino può essere superata tuffandosi, oppure disarrampicando sempre sulla sinistra (forse II grado... ma l'umidità imbroglia!); occorre poi immergersi fino alla vita per passare sotto una grotta, con strane stratificazioni rocciose a mattoncini. Le successive cascatelle si superano facilmente camminando sulla roccia, stando attenti a non scivolare, dopodiché il greto si allarga decisamente, risucchiando buona parte dell'acqua.

Formazioni (arenaria o calcare?) nell'ultimo tratto di discesa

Facendo attenzione, quando il bosco sulla sinistra diventa pianeggiante, si scorge una traccia di sentiero. La si segue salendo nel bosco, raggiungendo in circa 20' Pracchiola, dove si chiude l'anello. In alternativa (non verificato!) si può proseguire la discesa nel fiume, che sicuramente presenterà almeno un nuovo tratto molto stretto, visibile sotto il ponte appena dopo Pracchiola. Qui non garantisco si riesca a passare senza dover nuotare! Comunque presso la confluenza con il torrente che scende dall'Orsaro sarà sicuramente possibile raggiungere dal basso Pracchiola e l'auto.

Data uscita: 15 Agosto 2016
Punto di partenza: Pracchiola (Pontremoli), 672 m
Tempo totale di percorrenza: 3 ore
Grado di difficoltà: Passaggi in disarrampicata fino al II grado, calate in corda doppia
Materiale necessario: Imbrago, corda mezza o singola da almeno 60 metri, discensore, sandali, eventualmente muta
Punti d'appoggio: Nessuno
Periodo consigliato: Piena estate quando il fiume ha scarsa portata 
Note segnaletica: Tracce non segnate
Accesso stradale: Uscire dall'A15 a Pontremoli e seguire le indicazioni per il Passo della Cisa; a un evidente bivio a ridosso di un tornante, tirare dritto verso il Parco dei Cento Laghi (cartelli Corniglio e Lago Santo) e raggiungere Pracchiola.

mercoledì 19 ottobre 2016

Marmolada, via normale. Un ghiacciaio nel cuore delle Dolomiti

 
La "Regina delle Dolomiti" è una meta attraente, quasi irrinunciabile, per ogni amante della montagna. A maggior ragione per chi, come il sottoscritto, ne ha calcate ancora poche di cime dei monti Pallidi. Dolomiti famose per la roccia e le ferrate, ma che racchiudono anche qualche brano di neve perenne: e quello che ricopre a nord la Marmolada è l'unico che può definirsi ghiacciaio - vedremo per quanto ancora!

Marmolada, vista verso il Sella


La salita alla Marmolada è breve ma a suo modo completa, ed è da considerare alpinistica. L'attraversamento del ghiacciaio va effettuato in conserva, per via dei crepacci che stagione dopo stagione si fanno sempre più insidiosi; è probabile inoltre trovare ghiaccio vivo nei primi pendii. Anche il fattore traffico va preso in considerazione: la ferrata della normale funge da perfetto tappo, siccome attacca subito dopo la terminale ed è percorsa in discesa anche da chi è salito per la cresta ovest (ferrata della Marmolada).

Salita su ghiacciaio


Se non si ama fare la fila o cimentarsi in sorpassi azzardati, meglio salire e scendere presto, prima che apra la cestovia del passo Fedaia... o meglio ancora, fuori stagione! Non è stato questo il caso nostro... partiti comodamente da Pozza di Fassa in un sabato mattina di inizio agosto, abbiamo preso la cabinovia per risparmiare tempo e fatica.

Coda all'inizio della neve

Da Pian dei Fiacconi abbiamo subito capito che saremmo saliti in nutrita compagnia. Del resto non c'è fretta: la giornata è stabile, una nevicatina fuori stagione in quota ha ammantato le vette più alte offrendoci uno spettacolo straordinario. E anche noi siamo lenti, almeno a prepararci! Per Fabio è la prima conserva, per Matteo la terza, per me la quinta o poco più.

Matteo e Fabio

Mentre risaliamo il ghiacciaio, arriva la nebbia a ingrigire un po' il paesaggio, rendendolo più suggestivo e severo. Si aprono sprazzi di sereno ogni tanto, e dopo la ferrata - con annessi intoppi con chi sta già scendendo - abbiamo il piacere di uscire dalle nuvole! Caffè e grappa costano uguali nel rifugio più alto del Trentino Alto Adige, la Capanna Punta Penia. E io naturalmente cedo al caffè!

Capanna Punta Penia

La discesa - stavolta a piedi fino al Passo Fedaia - è un po' guastata da un malore venuto a Matteo, che non ha bevuto nulla durante tutta la salita... recupererà la sera con gli interessi! Una bella giornata con una cordata po' improvvisata ma efficiente.

Crestone nord della via normale


 
Vetta!
Data uscita: 6 Agosto 2016
Punto di partenza: Pian dei Fiacconi (2633)
Punto più elevato: Marmolada, Punta Penia (3343)
Dislivello in salita: 610
Tempo totale di percorrenza: 4 ore
Grado di difficoltà: PD-
Punti d'appoggio: Rifugio Pian dei Fiacconi, Capanna Punta Penia
Periodo consigliato: Ufficialmente estate, per evitare il traffico meglio tarda primavera o autunno; valutare le condizioni del ghiacciaio
Note segnaletica: Ometti e traccia su ghiacciaio (ben battuta)
Accesso stradale: Il Passo Fedaia si raggiunge percorrendo tutta la val di Fassa salendo dal Trentino, oppure dalla valle Agordina se si viene dal Veneto.
Note: La cabinovia Fedaia - Pian dei Fiacconi è aperta solitamente da metà Giugno a metà Settembre. Gli orari sono 8.30 - 17, il prezzo di 6 euro sola salita, 10 andata e ritorno.
Vista verso il Lago Fedaia
Ghiacciaio in sofferenza...



L'inizio della ferrata con la terminale












domenica 9 ottobre 2016

Presanella, anello dal rifugio Segantini per nuova ferrata e Passo dei Quattro Cantoni

Lo scorso era stato l'anno del Brenta, questo è stato l'anno di Adamello e Presanella. Due montagne che tempo fa mi ero prefisso come obiettivi, ma che quest'estate si sono entrambe rivelate... ripieghi, seppur nobilissimi! Il primo per il meteo incerto, la seconda - che puntavamo a salire per la cresta nord-est - per le recenti nevicate.


Alba sul Brenta dall'alta val d'Amola

Al Rifugio Segantini ci presentiamo gasatissimi, con due piccozze, friends, nuts, mezza corda, viti... ma ci pensa il rifugista a svitare il tappo della bottiglia per farne uscire un po' di anidride granitica: la cresta non è più stata percorsa nelle ultime settimane, per le brutte condizioni dell'ultima parte sotto la vetta, su ghiaccio vivo; negli scorsi giorni oltre tutto ha nevicato in quota, lasciando probabilmente un po' sporche le placche.

Rifugio Segantini

Dopo un'abbondante cena e un'occhiata all'interessante biblioteca del rifugio, ci ficchiamo a letto ancora intenzionati a provare la cresta, che nel pomeriggio non siamo riusciti a vedere bene perché coperta dalle nuvole. Ora il cielo è limpido e stellato, promette una domenica dal meteo impeccabile, fuori non è così freddo... chissà, magari la neve sulle rocce si è sciolta!

Una perla

Le uniche piccozze nel rifugio... quattro per due persone. Troppe!

La mattina siamo i primi a lasciare il rifugio, con gli zaini carichi di tutto l'occorrente per la cresta. Ci portiamo velocemente sul filo della morena sotto ciò che resta della vedretta d'Amola: ora la cresta nord est si vede bene, ed è inequivocabilmente innevata. Non ci sentiamo di andare a tribolare su tiri di III grado in quelle condizioni, con l'incognita dell'uscita sulla pala ghiacciata... Né io né Alberto siamo mai stati sulla Presanella, e sarebbe un peccato rischiare non solo la pellaccia, ma anche il piacere della vetta in una giornata tanto limpida!

Primo bagliore

Così oltrepassiamo senza troppi patemi la traccia diretta alla Bocca d'Amola, dove comincia la cresta nord-est, e proseguiamo sulla ben segnata via normale. I primi raggi di sole lambiscono la Presanella e il possente Monte Nero; mentre alle nostre spalle si staglia in controluce il profilo seghettato delle Dolomiti di Brenta. Presto tutto il vallone pietroso si colora di rosso caldo.

Alba sul Monte Nero
Monte Nero e Presanella: a destra la cresta nord est

Un facile nevaio ci porta all'inizio della nuova via ferrata, che aggira il passaggio più pericoloso della vecchia via normale, cioè la bocchetta di monte Nero, nota per le numerose scariche di sassi. Con l'aiuto di staffe di ferro e pioli, si guadagna velocemente quota al centro di una parete compatta, raggiungendo l'esposto filo di cresta: da qui compare il Caré Alto, e ai nostri piedi si stende la sassosissima val Nardis.

Nuova ferrata della Presanella presso la Bocchetta di monte Nero
Ora la ferrata supera una ripida ma breve discesa, per poi costeggiare su sfasciumi medio-piccoli la cresta del monte Nero: una faticaccia! Nuovo tratto di roccette e guadagniamo finalmente il crestone est. La vetta è ormai vicina, ma fra noi e lei si frappone un breve tratto di cresta piuttosto affilato. Sul filo sono presenti fittoni nuovi, ma noi seguiamo la ferrata, che scende a sinistra proseguendo su una comoda cengia.
 
Il paretone est della Presanella

Una breve risalita ci conduce al Bivacco Orobica (3382), dove una famiglia con bambini ha pernottato ed è già di rientro dalla vetta. Qui ci raggiungono altre due coppie partite dal rifugio: ormai la Presanella è trafficata! Poche le piccozze sugli zaini, del resto servono davvero a poco con queste condizioni.

Il crestone est

Bivacco Orobica

Dopo il bivacco c'è un tratto di cresta sfasciumoso, con qualche elementare passo di arrampicata, poi un facile pendio nevoso che porta alla croce di vetta (3558). Ci godiamo con la dovuta calma il panorama grandioso, con gli scivoli innevati della parete nord, la cresta nord est innevata come ci aspettavamo, e tutto il grande campionario delle Alpi Retiche.

Parete N e cresta NE
Foto di vetta senza zaini!
 
Per la discesa convinco Alberto a cambiare percorso: dopo il bivacco non scenderemo con la nuova ferrata, bensì seguiremo pressappoco la classica - e pochissimo frequentata - via normale da sud, che ha come appoggio il Bivacco Roberti. Si tratterebbe della via di salita alla Presanella più facile e sicura; il suo unico problema è che brucia più di 2500 metri di dislivello, dalla Cascata di Nardis in val di Genova fino alla vedretta omonima!

Deboli tracce

Val Nardis

Dopo il bivacco Orobica e il saliscendi attrezzato sotto la cresta, abbandoniamo i bolli rossi seguiti all'andata e proseguiamo sul largo crestone che guarda a sud-ovest (qualche ometto). A un certo punto occorre spostarsi in un canalone detritico che scende a sinistra, dove i pochi ometti presto si vanno a confondere dentro un autentico oceano di pietra. Scoprirò soltanto dopo che questa non è la via normale sud, la quale si tiene più vicina alla Vedretta di Nardis e non passa dal Bivacco Orobica.


Granito e dolomia

Di fronte a noi l'immensa, brulla val Nardis, con l'Adamello sempre sullo sfondo. La nostra intenzione è raggiungere il passo dei Quattro Cantoni per tornare in val d'Amola, quindi non dobbiamo scendere troppo. Appena possiamo traversiamo a sinistra su grandi rocce montonate, superando un ruscelletto. Incontriamo anche alcuni ometti e qualche segno rosso che, sempre su terreno scomodo con grandi massi, ci porta a intercettare il sentiero SAT 219.

Passo dei Quattro Cantoni

Un ultimo strappo (breve tratto attrezzato) ci porta al bell'intaglio del Passo dei Quattro Cantoni (2781). Nuovo scorcio da brivido sul Brenta, con ai lati le pareti verticali che caratterizzano questo versante della val d'Amola. Costeggiamo la base della Torre dei Quattro Cantoni, o Campanile di san Giusto, su cui salgono interessanti vie di arrampicata, e dopo aver pestato ancora una buona dose di sassi, arriviamo affamati al rifugio Segantini, ancora in tempo per un piatto caldo.
                                                                                                              
Ai piedi della Torre dei Quattro Cantoni
                                 
Data uscita: 24-25 settembre 2016
Punto di partenza: Malga val d'Amola (2020)
Punto più elevato: Cima Presanella (3558)
Dislivello in salita: 6
Tempo totale di percorrenza: 4
Grado di difficoltà: EEA/F+. Alcune relazioni parlano di PD, ma probabilmente si riferiscono ancora alla vecchia via normale dal Segantini. La nuova ferrata - seppure esposta e affatto banale - non richiede un impegno propriamente alpinistico... ovviamente con percorso pulito e meteo sicuro.
Punti d'appoggio: Rifugio Segantini, Bivacco Orobica
Periodo consigliato: Estate/inizio autunno
Note segnaletica: Ottima SAT fino al Rifugio Segantini, abbondanti bolli rossi lungo la via normale, ometti molto radi nella discesa da noi scelta. Di nuovo SAT da sotto il Passo Quattro Cantoni al Segantini
Parcheggio sotto Malga d'Amola
Accesso stradale: Da Pinzolo proseguire verso Madonna di Campiglio; prima di Sant'Antonio di Mavigliola svoltare a sinistra (indicazioni Val Nambrone). Seguire la lunga stradina, stretta ma asfaltata, per una decina di km. Si raggiunge un bivio: a destra la strada prosegue verso il rifugio Laghi Cornisello, a sinistra - sterrata - verso il rifugio Segantini. Tratto di circa 2 km sconsigliato con macchine molto basse per via di qualche buca e pecca di troppo. Parcheggiare appena prima di un ponte, in vista di Malga d'Amola.
Note: Le condizioni della normale alla Presanella possono variare molto a seconda ci sia neve e ghiaccio o meno in quota... contattare preventivamente il rifugio, e considerare che una piccozza e un paio di ramponi - se non proprio la corda! - a 3500 metri non stanno mai male dentro lo zaino.