martedì 11 febbraio 2014

Lago Nero, monte Bue e Maggiorasca: ciaspolata nel far west dell'Appennino parmense

Dopo una notte di furiosa tempesta, domenica mattina lasciamo Parma sotto un cielo plumbeo e umidiccio: destinazione Passo Zovallo, l'angolino a ovest-nord-ovest della nostra provincia. Durante il viaggio su un A15 deserta (forse per l'aumento dei prezzi, ormai ingiustificabili), ci accompagna un fiume Taro in piena, mai visto così grosso... si starà portando via tutta la neve che pensiamo di trovare oggi?

...Evidentemente no.
A Bedonia il cielo è ancora grigio e opprimente, e in uno dei 124 bar del paese, i vecchietti dicono di aver visto poche volte piovere più della scorsa notte. La strada normale per il passo del Tomarlo (quello di fianco allo Zovallo) è chiusa per frana fra Ponteceno e Anzola, così percorriamo la deviazione per Montarsiccio e Tomba, stretta e tortuosa, attraverso i paesini più remoti e ormai in abbandono della nostra provincia. Della neve, soltanto l'ombra.

...Dopo invece neanche un'ombra sulla neve!

Ma risalendo i tornantoni del Tomarlo l'autunno lascia spazio all'inverno: ecco finalmente la neve! Sui muri sempre più alti a lato della strada, sui rami degli alberi, sui grandi prati in cima alle montagne... e alla fine anche in mezzo alla strada! Alle 9,30 passate siamo sullo Zovallo (1409), fra i primi a parcheggiare nonostante lo svantaggio stradale rispetto a piacentini e genovesi. Il tempo di cambiarci e sbuca anche il sole, l'ultimo ingrediente tanto atteso per la giornata perfetta.

Parcheggio Zovallo, sono arrivati i cugggini!
Ci incamminiamo lungo la traccia battuta per il Lago Nero (sentiero 001): le ciaspole sono quasi d'obbligo, la neve fresca (circa mezzo metro) è pesante e crostosa. Al primo bivio vediamo che nessuno è salito verso il monte Nero (1754) con il ripido 003, e con questa neve faticosissima non saremo certo noi a inaugurarlo, abbiamo altri obiettivi per la giornata!

Falsa partenza per Gianpaolo



Proseguiamo lungo lo 001, comodo e pianeggiante, ciaspolata ideale per i piacentini in un bosco di faggi misti al pino mugo, presente solo in questa zona dell'Appennino. Dopo una grande torbiera inondata di sole, raggiungiamo il Lago Nero (1540), anche lui in veste di torbiera in quanto tutto coperto di neve. I faggi a nord disegnano fitti intrecci di bianco, mentre il monte Nero ci sovrasta con i suoi pini scuri sepolti di neve.

Torbiera delle Buche

Lago Nero

Nessuno è ancora salito verso la Fontana Gelata, e anche noi ci manteniamo sull'unica traccia battuta, sempre lo 001 diretto al monte Bue. La salita a lungo rimandata ora si fa sentire, ma non è lunga; e raggiunta la spartiacque, le trame d'ombra dei faggi lasciano spazio al bianco abbagliante di una piana punteggiata di pini mughi e abeti isolati.
Semplicemente WOW
Rincontriamo al bivio lo 003 del monte Nero, ancora intonso. La tentazione di salire in prima traccia la cresta sud del monte Nero è palpabile: ma la neve è davvero tanta, non conosciamo il percorso nel dettaglio, e anche il vento fa la sua parte; poi una volta in cima dovremmo per forza tornare indietro o scendere direttamente alla macchina, precludendoci un'ampia porzione d'itinerario. Così decidiamo di proseguire verso verso la val d'Aveto lasciandoci il Nero come eventualità per il rientro.

Simpatici incontri salendo verso il monte Bue
In breve e su facili pendii siamo in cima al monte Bue (1777), sferzato da potentissimi venti che vi trovano il punto d'incontro fra tre valli e tre province. E' mezzogiorno, la seggiovia funziona e il rifugio è aperto... così ci concediamo una pausa al caldo con le Alpi che fanno capolino dalle finestre di questa struttura nuova e accogliente.

Sfidando il vento in vetta al Kappa Bue

Presto ripartiamo alla volta del Maggiorasca, che si impone di fronte a noi col suo profilo sinuoso interrotto dalle antenne sulla cima. Scendiamo costeggiando il primo tratto della pista rossa, vicini al caratteristico filo spinato fra Emilia e Liguria; poi di nuovo su, nel bosco bianchissimo che termina improvvisamente in un un altopiano ancora più bianco.


Evitando i tratti più ripidi, raggiungiamo l'ormai vicina Madonna di Guadalupe, affacciata sulla Liguria e le Alpi marittime, ricoperta da un'armatura di ghiaccio ventato pronta a staccarsi per colpire gli infedeli poco accorti. Saliamo anche alla cima vera e propria (1804), vicino ai ripetitori, il punto più alto dell'Appennino ligure. Qui si apre un altro altopiano, rivolto alle valli e montagne parmensi, coperte in parte dalle nuvole.

Cima del Maggiorasca: panorama verso la Liguria...

...e verso l'Emilia

E' l'una passata, ma preferiamo mangiare seduti a Prato Cipolla, così scendiamo dall'ampio canalone verso il passo del Tomarlo. Nel bosco troviamo il bivio che ci interessa, e imbocchiamo a destra il 194 diretto a Prato della Cipolla. Il sentiero è battuto solo in parte, probabilmente da alpinisti saliti a sondare i canalini a ovest del Maggiorasca.

"Via normale" al Maggiorasca da sud
Noi seguiamo sempre i segni Cai, e costeggiando nel bosco tutto il versante della montagna sbuchiamo sulla pista di rientro a Rocca d'Aveto; da qui sempre seguendo il 194 passiamo sotto la seggiovia e raggiungiamo il rifugio Prato Cipolla, assolato e affollato. Riusciamo per fortuna a trovare una panca al sole per mangiare al sacco (troppa fila), verrebbe voglia di aspettare sera seduti, ma non possiamo permetterci di stare fermi troppo tempo.

Prato Cipolla
A nord del rifugio si incrociano moltissimi sentieri, quasi tutti nel bosco; noi teniamo sempre la destra (indicazioni per il lago Nero) fino al crinale, dove sempre a destra imbocchiamo un sentierino - per fortuna già battuto da un paio di ciaspolatori - che segue la linea spartiacque fra Nure e Aveto in direzione del Bue. Tratti di fitta boscaglia, dove districarsi con ciaspole bastoncini e piccozza sullo zaino non è affatto facile, si alternano a panoramiche radure, con vista d'eccezione sul caratteristico affioramento ofiolitico della "Cipolla".

Groppo delle Ali e Cipolla
Superati gli ariosi prati del Groppo delle Ali (dove sbuca la Ferrata Mazzocchi) ci ricongiungiamo alla vicina pista azzurra e saliamo quasi fino al rifugio del monte Bue, ancora spazzato dal vento; torniamo così sui nostri passi, e vediamo di fronte a noi il monte Nero dove nel frattempo qualcuno è salito (e anche sceso con gli sci).
Monte Nero
Salire sarebbe una conclusione gloriosa e in qualche modo logica dell'itinerario, ma sono quasi le 16, ciaspoliamo da ormai 6 ore e non abbiamo più tanta voglia di tirare fuori picca e ramponi per affrontare il tratto più delicato della giornata; il rientro in auto poi non è breve, preferiamo investire il tempo che ci avanza in una birra a Bedonia, dove i bar non mancano!

Cala l'ombra sul Lago Nero
In un'oretta così ripercorriamo lo 001 passando dal Lago Nero e dalla faggeta illuminata dall'ultimo sole. Una domenica splendida, una vera boccata di neve e luce fra giornate di pioggia. Spero presto di poter tornare in zona senza ciaspole e con neve un po' più stabile, per abbinare la mancata cresta sud del monte Nero a quella del Ragola o ai canalini del Maggiorasca. L'ovest lontano chiama, Parma risponde!

Verso Bue e Maggiorasca
Dati escursione:
Punto di partenza: Passo dello Zovallo (1403)
Punto più elevato: Monte Maggiorasca (1804)
Dislivello in salita: 700 circa, compresi i saliscendi
Tempo totale di percorrenza: 6,30 h
Grado di difficoltà: EI
Segnaletica: Buona
Punti d'appoggio: Rifugio Prato Cipolla (1585) e  Rifugio Monte Bue (1777), aperti quando sono in funzione gli impianti sciistici
Accesso stradale: da Parma raggiungere Bedonia, seguire le indicazioni per il Passo del Tomarlo, e dunque per Piacenza, raggiungendo il passo dello Zovallo (6 o 7 posti per le auto).

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