lunedì 27 gennaio 2014

Monte Sillara, il ritorno della neve sul tetto dell'Appennino parmense

Dopo una pausa lunghissima, la neve è tornata negli ultimi giorni a imbiancare il nostro Appennino; decidiamo di festeggiare salendo la cima più alta e remota della provincia di Parma, il Monte Sillara (1861).
La giornata è strepitosa: appena girato lo svincolo di casa mia scorgo già le montagne imbiancate; mi trovo con Mario e Luca, e a orari piacevolmente "appenninici" ci instradiamo verso la nostra meta.

Guardando la cresta E del Sillara


In dubbio sull'apertura della strada per i Lagoni, saliamo dal versante di Monchio. Lo spettacolo comincia già in auto: la Valcieca - che di là dall'Enza chiamano valle dei Cavalieri - ha un aspetto fiabesco, con gli alberi e i paesini tutti ricamati di neve, dominati dall'Alpe di Succiso oggi più che mai alpina. A Prato Spilla (1320) c'è neve ma non tantissima, e non sugli alberi: il vento deve avere tirato parecchio!

Effetti del vento sul crinale. Sullo sfondo Alpi Marittime e Monviso

Siamo indecisi, ma siccome le abbiamo portiamo con noi le ciaspole, oltre a piccozza e ramponi quasi sempre necessari sul crinale appenninico in inverno. La seggiovia funziona e il gattista è in opera sulle piste (il muro finale era messo maluccio), si spera anche qui di risollevare una stagione sciistica disastrosa... pochissimi sciatori però, e relativamente pochi escursionisti e scialpinisti considerata la giornata perfetta.


Risaliamo senza ciaspole le piste, mantenendoci sempre a destra, fino alla partenza dello skilift Biancani. Qui imbocchiamo la pista Torricella, non battuta (fortunati i primi discesisti!); ma dopo il primo muro la abbandoniamo per risalire il sentiero 705, anch'esso non battuto e distinto solo da un piccolo cartello con scritto Monte Bragalata.




La neve non è copiosa e pesante come quella trovata in Val Grande, possiamo tracciare il sentiero senza fare troppa fatica; e comunque la salita non si sente dinnanzi allo spettacolo del bosco bianco e silenzioso, con la neve che segue i rami contorti dei faggi. Gli alberi terminano poco prima della Sella del Torricella, appena sotto all'ultima, elegantissima "Rocca" dell'Appennino Parmense: per una relazione sulla cresta sud del Torricella in invernale (alpinistica) vedi qui.

Sella del Torricella

Dalla sella ci troviamo a cavallo della conca con al centro il Lago Verde, non ancora totalmente ghiacciato. Al posto del sentiero per il Bragalata c'è ora un traverso non troppo ripido ma nemmeno troppo sicuro, almeno con molta neve poco assestata; oggi non dovrebbero esserci pericoli, ma lo percorriamo comunque velocemente, uno alla volta e senza le ciaspole.

Conca del Lago Verde

In seguito il percorso si fa più pianeggiante e comodo, con anche qualche traccia, fino al piccolo lago Martini (1714). Invece di salire subito sul crinale sul vicinissimo Passo Giovarello (come forse era meglio fare), decidiamo di puntare direttamente alla cima del Bragalata, prendendo come riferimento le tracce di sci su un ampio pendio.

Lago Martini innevato

Scopriamo presto che le ciaspole, salendo oltre una certa pendenza, sono scomode: sia che si traversi a zig zag - le caviglie non ringraziano - sia che si affronti il pendio per la linea di pendenza massima - il sistema alza-tacco aiuta i polpacci ma non può fare miracoli, e ripartire da fermi è complicato.


Raggiunto il crinale ci infiliamo immediatamente i ramponi, pronti ad affrontare il lungo tratto più spettacolare della giornata: ; a sinistra il mondo mediterraneo, a destra la pianura, tutto attorno le Alpi; la neve, spinta dal vento proveniente dal mare, ha creato grandi lingue sul versante emiliano; tratti di cresta mai troppo esili si alternano a grandi spazi pianeggianti, piazze di bianco sospese fra mare e cielo.

Fra Bragalata e Losanna, sullo sfondo le Apuane

Dalla vetta del Bragalata (1855) -il brunellesco Bragacalata - ci troviamo sopra il vallone dei laghi Compione; finalmente vediamo anche il Sillara, ancora abbastanza lontano. Proseguiamo su neve mai ghiacciata, stando a distanza dalle cornici: prima di noi è passata solo una persona.



Raggiunta la cima del Losanna (1856) sotto di noi si spalanca un nuovo vallone glaciale, fra i più belli di tutto l'Appennino settentrionale: quello dei laghi del Sillara o Gemelli, naturalmente coperti di neve.



Ora non ci sono più montagne che ci separano dalla nostra meta: una successione sorprendente di piccole quote tondeggianti precedono l'ultima impennata del Sillara, col suo pendio N-E dolce ed amplissimo e i suoi dirupi verticali sulla Toscana, vero prototipo geologico del crinale parmense.


L'ultimo breve pendio (35-40 gradi circa) lo affrontiamo con la piccozza; bisogna fare attenzione a un'ampia fessura  coperta da un tappo di neve... sappiamo bene per esserci passati d'estate che sotto c'è un bel salto! Ma ormai il problema più grosso sono le gambe, che iniziano a esigere una pausa - e non per cambiare ramponi o ciaspole!


In cima (1861) ci dedichiamo anche allo stomaco, siccome sono le 14. Siamo praticamente soli, e godiamo di una vista immensa, dalle cime innevate della Corsica alle Dolomiti bellunesi, dall'Argentera all'Ortles, dalle Apuane al Monviso, e naturalmente dal Cirone al Lagastrello!


Dopo il panino salutiamo gli scintillii del mare e dei fiumi in Lunigiana, e ci gettiamo con le ciaspole sull'amplissimo, dolce pendio che scende ai laghi del Sillara (1732): la neve purtroppo è pettinata dal vento e non riusciamo a scivolare come nella fresca...


Lasciandoci a sinistra i laghi Gemelli senza perdere troppa quota, traversiamo fino ai vicini laghi Compione (1686); un gruppetto che si trovava sul Sillara, ripartito poco dopo di noi, sta ancora percorrendo il crinale che abbiamo battuto all'andata, evidentemente più lungo in termini di tempo. Anche noi però ora dobbiamo risalire un centinaio scarso di metri, e per le gambe non è piacevole... ma si sa, il Sillara da qualsiasi parte si intraprenda fa sudare!

Laghi del Sillara

Alla fine del pendio ci riaffacciamo sulla valletta del Lago Verde, e dobbiamo di nuovo toglierci le ciaspole per affrontare un nuovo breve traverso, in direzione del Lago Martini. Ci ricongiungiamo così al percorso dell'andata: l'idea iniziale era di scendere al Lago Verde e sopra al Lago Ballano per completare un bellissimo anello (vedi la sua versione estiva); preferiamo però tornare a Prato Spilla per la via più veloce, siccome è tardi e siamo ormai quasi stanchi.

Lago Verde al centro della foto

Invece che tornare alla sella del Torricella per il traverso di stamattina, ci manteniamo su terreno più facile, seguendo le tracce dei diversi scialpinisti provenienti dagli impianti ormai prossimi alla chiusura. In breve, con qualche su e giù, svalichiamo sulla conca di Prato Spilla poco sopra all'arrivo dello skilift Biancani. Non ci resta ora che percorrere in discesa la pista Torricella, con la montagna che le dà il nome illuminata dall'ultimo sole.


Spremo le ultime energie delle gambe scivolando con le ciaspole nella neve fresca di fianco alle piste, lasciata pressoché immacolata (devono essere passati ben pochi sciatori!). Al rifugio ci regaliamo una birra, meritatissima dopo 7 ore di camminata: forse la più emozionante e completa che abbia fatto finora in condizioni invernali.

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