La Piccozza di Buhl in vetta al Nanga Parbat |
Il fiume Indo, gonfiato dalle acque raccolte dai ghiacciai del Karakorum, scorre ai piedi del grande colosso, costretto a una lunga deviazione per oltrepassarlo e gettarsi libero nella lunga corsa verso il golfo del Bengala.
Stessa grande montagna, anno 1970; stesso organizzatore della spedizione precedente, Karl Maria Herrlingkoffer, tedesco. I tedeschi hanno sempre considerato il Nanga come una questione nazionale, fin dai tragici tentativi degli anni 30; ma anche questa volta l'impresa di scalare la parete Rupal, la più alta della Terra, è portata a termine da una coppia di tirolesi, anzi sud-tirolesi, anzi italiani: i fratelli Messner.
Reinhold, come Hermann, lasciò il resto della spedizione per tentare l'attacco alla cima in solitaria, dovendo procedere velocemente prima dell'arrivo del maltempo; fu poi raggiunto dal fratello Gunther, che però venne travolto da una valanga durante la laboriosa discesa dal versante Diamir, sterminato e inesplorato.
Reinhold Messner tornato in solitaria sul Nanga Parbat nel 1978 |
Ci vollero anni perché la versione di Messner, accusato di avere abbandonato a sé stesso il fratello, venisse accertata con tanto di prove. Il Nanga Parbat del resto non è esattamente una cima dove tutte le domeniche salgono comitive di gitanti... La stessa piccozza di Buhl fu trovata e portata a valle soltanto nel 1999.
Altra acqua è passata sotto i pochi ponti che oltrepassano l'Indio, e siamo arrivati a oggi, 26 febbraio 2016. Restava da compiere la prima ascesa invernale del Nanga Parbat, e destino ha voluto che neanche stavolta ci arrivasse un tedesco, bensì tre forti alpinisti provenienti da Italia, Spagna e Pakistan: Simone Moro, Alex Txikon e Muhammad Ali Sapdara.
Il mondo ha potuto seguire le fasi e le immagini della coraggiosa ascensione sui social network, trovandole magari nella stessa finestra in cui compariva il selfie del loro amico salito per l'occasione su una montagna a 45 minuti da casa. L'alpinismo si è evoluto, ha raggiunto nuovi record e nuovi trionfi dal sapore classico come quest'ultimo; si è evoluto anche il modo di comunicare con chi è a casa, seduto davanti al PC, e catapultato in diretta sulle creste di roccia e di ghiaccio.
Simone Moro e soci al Campo base prima della salita |
Gli alpinisti che vogliono campare della loro passione, devono diventare professionisti della comunicazione. Eppure al centro di tutto c'è sempre la foto, il poter dimostrare che "io sono qui, ora". E quando ancora non c'era modo di fotografare, ci si dilungava in resoconti dettagliatissimi, che riempiono di polvere gli archivi CAI e affini di mezza Europa, sfogliati soltanto da qualche appassionato di storia dell'alpinismo.
Andare in montagna è un'attività speciale, e qui sentiamo molto più che in tanti altri campi la necessità di documentare, raccontare, condividere. I grandi colossi non se ne accorgono, hanno superato i millenni e non danno certo peso ad attimi per noi così importanti. Il tempo continua a scorrere interminabile, come le acque dei grandi fiumi ai loro piedi.
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