Punto di partenza: Passo Sella (2180)
Punto più elevato: Sasso Piatto (2958)
Dislivello in salita: 800
Dislivello in discesa: 1100
Tempo totale di percorrenza: 6 ore
Grado di difficoltà: EEA
Punti d'appoggio: Rifugi Dementz, Vicenza, Sasso Piatto, Pertini, Federico Augusto
Periodo consigliato: Estate autunno
Note segnaletica: Ottima lungo la ferrata e i sentieri, attenzione alla discesa dalla vetta del Sasso Piatto
Note: Ovovia dal Passo Sella alla Forcella di Sassolungo consigliata, prezzo adulti 14 euro. Parcheggio a pagamento (5 euro) presso la partenza.
Cima del Sasso Piatto |
La ferrata Oskar Schuster al Sasso
Piatto è un percorso vario e di soddisfazione, grazie al quale si
può raggiungere una cima panoramica di quasi 3000 metri, l’unica
accessibile agli escursionisti nel gruppo del Sassolungo.
L’avvicinamento risulta addolcito salendo con la cabinovia fra
Passo Sella e Forcella Dementz (2685) o del Sassolungo, che permette di
risparmiarsi un faticoso ghiaione di 500 metri.
Dal trafficato Passo Sella ci aspettano
le vecchie cabine bianche biposto, così veloci che gli addetti alla
cabinovia devono letteralmente spingerci dentro al volo. Sotto di noi
l’ampio ghiaione popolato da marmotte, le pareti che si avvicinano
sempre di più, nuove montagne che compaiono con velocità innaturale
all’orizzonte.
Purtroppo la giornata non è delle
migliori, il cielo è grigio e nebbioso; raggiunta la forcella cade
persino qualche goccia. Ci mettiamo in moto velocemente, si comincia
con la discesa nel poderoso vallone nord-ovest del Sassolungo. Ai
nostri lati la nebbia gioca ad avvolgere guglie slanciate di dolomia,
mentre in fondo alla valle si stendono i prati verdi dell’Alpe di
Siusi, in contrasto nettissimo col terreno su cui ci troviamo.
Dopo mezzora dalla forcella
raggiungiamo il Rifugio Vicenza, dal quale si stacca sulla sinistra
un nuovo vallone, dominato dalla parete est del Sasso Piatto. E’ di
qui che sale il sentiero, portandosi alla base delle pareti dopo aver
guadagnato faticosamente quota per le ghiaie. La ferrata inizia nei
pressi di una cascatella, ma il cavo termina dopo breve. Quasi tutta
la prima parte della salita risulta infatti non attrezzata, con
passaggi di I e II grado mai troppo esposti ma da affrontare con
attenzione (rocce umide e non sempre stabilissime).
Al termine di un canale comincia un
nuovo lungo tratto di cavo, prima in traverso poi su divertenti
placchette ricche di appigli; laddove questi si fanno scarsi,
troviamo comodi pioli e un’intera scala di ferro. La ferrata segue
un percorso logico, lasciandosi a destra un ripido canale ghiaioso;
vi sale una traccia segnata con bolli rossi, forse una via di fuga.
Nuovi salti di roccia, un passaggio un
po’ atletico sotto un masso e un breve traverso esposto segnano la
fine delle attrezzature, ma non della salita: rimane infatti un
ripido (I grado) canale di circa 100 metri che sbuca direttamente
sotto la cima, al nostro arrivo purtroppo è già coperta dalla
nebbia.
La discesa sul versante ovest, celebre fra gli sci-alpinisti, è su buon sentiero, ma la scarsa visibilità ce lo fa perdere quasi subito… così ci ritroviamo ad errare fra gli sfasciumi seguendo tracce malcerte, puntando a raggiungere per la via meno peggiore gli invitanti alpeggi dell’alta val Duron, con il rifugio Sasso Piatto (2300).
Uscita in cresta dall'ultimo canale |
La discesa sul versante ovest, celebre fra gli sci-alpinisti, è su buon sentiero, ma la scarsa visibilità ce lo fa perdere quasi subito… così ci ritroviamo ad errare fra gli sfasciumi seguendo tracce malcerte, puntando a raggiungere per la via meno peggiore gli invitanti alpeggi dell’alta val Duron, con il rifugio Sasso Piatto (2300).
In qualche modo ci leviamo dalle
difficoltà, e per pura beffa ritroviamo il sentiero proprio appena
raggiunti i prati! Dal rifugio, con sotto il naso una ciotola di
canederli affogati nel brodo caldo, osserviamo il versante disceso,
che terminava in ripidi dirupi poco sotto al punto in cui abbiamo
cominciato a traversare… decisamente meglio fare attenzione ai
segni quando si scende!
Finiti i canederli, una sgradita
sorpresa: fuori ha iniziato a piovere, e tutta la prima parte del
comodo sentiero Federico Augusto, fino al rifugio Pertini (2300 precisi pure lui!), ci tocca
farcela sotto l’acqua. Dopo la pioggia, è il fango a rovinare
questa passeggiata dolce e panoramica sui prati, apprezzatissima dopo
ore passate sui sassi. Superato anche il rifugio Federico Augusto (2298, accidenti),
con il suo enorme yak di plastica, scendiamo a sinistra del Col
Rodella e torniamo alle auto. La sera in campeggio dimenticheremo le
fatiche e la pioggia scrosciante sulle tende il tavolino e i borsoni, sciallandoci nell’acqua calda della piscina coperta con
idromassaggio. Siamo pur sempre in vacanza!
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