Punto di partenza: Campeggio Vidor (1415)
Punto più elevato: Cima Vallaccia (2637)
Dislivello in salita: 1400
Tempo totale di percorrenza: 8 ore
Grado di difficoltà: EEA
Punti d'appoggio: Bivacco Zeni, Rifugio Vallaccia, Baita Monzoni alta
Periodo consigliato: Estate e inizio autunno
Note segnaletica: Buona, mancano alcuni cartelli nei bivi ma con una buona cartina e un po' di intuito ci si orienta bene
Terzo giorno di “accantonamento” in
Dolomiti: sveglia comoda dopo la notte solitaria in tenda, gambe
fracassate da due giorni intensi di trekking. Non c’è miglior
medicina di una passeggiata sulla strada fino a Pozza di Fassa, dove
compro da mangiare nell’attesa che mio padre si faccia largo nel
traffico lungo la val di Fiemme. La giornata è magnifica: altissime,
come le lancette di un orologio, Cima Undici e Dodici attendono mentre
il sole si alza.
Verso le 11 siamo entrambi in
campeggio, lasciamo la macchina in piazzola e ripartiamo per
l’ennesima volta (io) verso la val San Nicolò, con la ben nota via
Crucis fino a Malga Crocifisso (1522). Imbocchiamo lo stesso sentiero di ieri sera, il 615a, ma al bivio proseguiamo a destra verso il Bivacco
Zeni. Guadagniamo quota con vari tornantelli nel bosco di larici,
fino a sbucare nel fondo della selvaggia Vallaccia.
Il sentiero risale ora ripidamente i
ghiaioni e detriti che caratterizzano questo scolo di frane,
valanghe, inondazioni e ogni tipo di evento catastrofico per cui
merita il nome di Vallaccia. E’ mezzogiorno, il sole batte a picco
fra Sasso delle Undici e delle Dodici, ora più vicine, e la salita è
faticosa. Dopo un facile tratto con pioli e cavo di ferro, raggiungiamo il Bivacco Zeni.
La piccola struttura arancione (4 posti
letto, no tavolo) è in posizione panoramica sul bordo del dosso
morenico che sbarra la valle. Notevole il colpo d’occhio sul
Sassolungo e specialmente sulla testata della Vallaccia, coperta dai
ghiaioni e dominata da pareti e pinnacoli altissimi. Il sentiero 615 proseguirebbe lungo la valle per poi salire lungo un canale alla
Forcella Valaccia: lo percorremmo in discesa due anni fa; oggi invece dal
bivacco saliamo un’evidente traccia a destra (no indicazioni) fino
al vicino attacco della Ferrata Gadotti.
Il percorso è abbastanza semplice e
riattrezzato dopo la frana del 2012. Si comincia con una cengia e un
caratteristico passaggio sopra una grotta; il proseguimento alterna
tratti di sentiero, canali ripidi non sempre attrezzati e qualche
passaggio verticale. Alle nostre spalle giganteggia la parete ovest
di Cima Undici. La salita termina su una sella, non ancora posta
sulla spartiacque ma affacciata su una piccola conca glaciale interna
a Cima Dodici, invisibile dal fondovalle.
Un tratto di sentiero in traverso ci
conduce a una nuova sella, vicina alla vetta di Cima Dodici (2446): ora il
panorama si apre sulla bassa val di Fassa, case e hotel di Moena
appaiono piccoli piccoli a confronto con le pareti immense del
Catinaccio. Un nuovo sentiero attrezzato comincia dopo un breve
tratto sulla cresta: si tratta della ferrata Sass Aut. Qui il cavo è
davvero nuovo di zecca, e non sempre risulta indispensabile;
risaliamo con qualche zig zag il versante sud del Sass Aut (2555), godendo
di un panorama sempre più vasto.
La sorpresa però ci attende alla fine
del cavo, dopo un facile canale… mentre le più famose Dolomiti
fassane – Catinaccio, Sassolungo, Sella – si presentano
circondate dai prati, questo estremo lembo della Marmolada si spicca
senza pause dai boschi del fondovalle e nessuno sospetterebbe di
trovarceli in cima, i prati. Eccoci così su un sentiero comodissimo,
con le Pale di San Martino semi-avvolte dalle nuvole e Cima Vallaccia
finalmente visibile, ancora alta ma più vicina.
Il godimento però non dura molto…
del resto siamo venuti per fare una ferrata! Quindi non possiamo
lamentarci di un altro scabroso canale da cui scende, nuovamente
attrezzato, il percorso, con alcuni tratti verticali più impegnativi
– se non altro percorsi in discesa. Perdiamo almeno 150 metri, e
dopo un simpatico passaggio stretto, ci ritroviamo su un praticello,
appena sotto un campanile roccioso impressionante: qui la ferrata
finisce, ma riprende la salita, spietata sotto il sole del primo
pomeriggio.
Traversiamo un ghiaione poco sotto la
parete est di Cima Vallaccia, le gambe iniziano a patire i 3000 metri
abbondanti di salita in tre giorni… raggiungiamo la Forcella Baranchie (2528),
affacciata sul crinale dei Monzoni, ma non ancora sulla spartiacque
principale. Una traccia taglierebbe verso Forcella la Costela, ma
ormai siamo a un passo da una delle vette più panoramiche delle
Dolomiti e non possiamo saltarla in una giornata come oggi.
Ultimo strappo molto ripido su un
ghiaione ed eccoci in cresta. Pochi minuti di sentiero ora facile e
siamo finalmente su Cima Vallaccia (2637), con piccola croce e
immancabile prato. Ci fa compagnia una famiglia di portoghesi con i
bambini, sicuramente dotati di molta più gamba e fantasia rispetto
alle orde di Lanzichenecchi sui prati del Buffaure, dall’altra
parte della valle san Nicolò. Queste montagne prive di impianti di
risalita sono più selettive, ma sicuramente regalano maggiori
soddisfazioni e solitudine.
La lunga discesa nella val Monzoni è
meno dolce di quanto sperassi, e certo non fa la gioia delle
ginocchia di mio padre, 28 anni cadauna… raggiunta Forcella La
Costela (2529) scendiamo a sinistra con un traverso ripido e delicato su
ghiaia, sotto le pareti stavolta ovest della cima da cui siamo scesi.
Non ci mettiamo molto a raggiungere il bel rifugio Vallaccia (2275) per una
birra tanto desiderata quanto contenuta… si sta facendo tardi
infatti, almeno per il centro benessere in campeggio.
Riprendiamo a scendere lungo questa
valle meravigliosa, con le sue baite di legno, i Monzoni bruni e le
dolomiti castane, le tonalità ravvivate dalla luce calda del
pomeriggio. Dalla Baita Monzoni Alta non scendiamo con la strada come
feci io ieri sera, ma superiamo il fiume per attraversare un nuovo
alpeggio lungo una sterrata, e ritrovare la strada più a valle.
Nuove varianti su sentierini nel bosco, a pochi passi dall’orrido
formato dal rio Monzoni, ci permettono di arrivare fino a Malga
Crocifisso quasi senza pestare asfalto.
I Monzoni |
Sesta via crucis in due giorni,
meritata piscina con idromassaggi e ottima cena all’agriturismo
Soldanella (almeno la mia). La dura brandina mi aspetta per l’ultima
notte in tenda, aspettando la mattina per nuove puntate in quota!
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