Clack, la cintura è allacciata, quasi non mi ricordavo come funzionava dopo l'ultima volta che ho preso un aereo, quattro anni fa... anche allora diretto al mare, ma per un viaggio di una settimana, non di nove mesi. Dopo i soliti interminabili minuti di attesa, partiamo: la chiesa di san Luca sembra salutarmi personalmente dalla collina, poi l'aereo si gira e in fondo alla pista compare per un attimo la grigia skyline di palazzi bolognesi.
Via, accelerazione, i sedili davanti si impennano, stiamo volando. L'aereo compie una svolta, i riquadri regolari dei campi, visti di scorcio, si fanno mano a mano più piccoli: strade dritte e lunghissime vi corrono in mezzo, unendo paesi dalle forme regolari, mentre i fiumi tracciano linee sinuose e impreviste: ecco il Panaro che esonda spesso e volentieri, ecco Modena con il centro tutto rosso e squadrato come una cittadella, sorvegliato nel mezzo dal pastore bianco della Ghirlandina; ecco il Secchia che si porta a valle l'ultima neve rimasta sulle montagne tanto battute quest'anno in invernale.
Mi sembra di riconoscere Reggio, poi l'aereo compie una leggera svolta e mi rende impossibile salutare la mia città natale... Ma ecco che si compie un piccolo miracolo: continuiamo a salire e salire, l'atmosfera pesante di questa giornata afosa d'estate diventa sempre più limpida, finché finalmente al posto delle nuvole lontane compaiono nuvole solide di neve: le Alpi!
Il mio finestrino guarda a est rispetto al percorso del volo: riconosco subito l'Adamello, con la sua lunga cresta e il grande ghiacciaio; sotto di scorcio c'è il Lago di Garda con la lunga linea di Sirmione, visitata dopo una grandinata primaverile con tanto di cresta (metaforica) al barista; una sfilza di cime rocciose potrebbe essere il Brenta, lontano verso est lo sguardo si disperde verso valli e montagne innevate lontane, certamente le Dolomiti.
Mi sorprendo di essere l'unico a godersi questo spettacolo: tutti stanno attaccati al cellulare, che dopo la partenza hanno potuto riaccendere in modalità aereo: chi gioca, chi ascolta la musica... io ho lasciato la fotocamera nel bagaglio (stupidamente), e dal mio piccolo Nokia non posso certo pretendere foto aeree - o addirittura la modalità aereo! Vedo così di riempirmi gli occhi il più possibile.
Non ho nemmeno il posto vicino al finestrino, di fianco ho una signora grassa che dorme, e meno male, mi chino letteralmente su di lei per vedere meglio: tra un po' me le caccio la lingua in bocca mentre sbavo sopra un miracolo di creste che domina il Lago Maggiore: è il monte Legnone! Dietro si scava il solco lunghissimo della Valtellina: ecco le cattedrali di granito del Bernina e della val Masino, che avrei tanto voluto vedere da vicino quest'estate... dov'è la nord del Pizzo Badile?? rischierei di mettere incinta la signora se volessi cercarla: niente, ormai è passata.
I Laghi dell'Engadina, nuove montagne innevate, nuove valli che non conosco più... oltre però già si intuisce che stanno per finire, già si vede il blu dei grandi laghi svizzeri. Quand'ecco che... nella corsia di fianco alla mia, quella che guarda ad est, c'è un po' di subbuglio: - Guarda papi, si vedono le montagne! - Eh già, alla faccia delle montagne: quello è il Cervino! Mi affaccio leggermente di là, mantenendomi a debita distanza dalle bambine che almeno non dormono...
- Guarda papi, si vedono le piste da sci! - Altro che piste da sci, lì è sbucato l'Aletsch in persona, il più grande ghiacciaio d'Europa! La più vasta superficie di bianco vista nella mia vita, tutto in un attimo: il Concordia, la Jungfrau, l'Eiger di cui si intuisce il baratro... ormai è finita, so bene che dopo ci sono solo briciole. Torno al mio posto, ma con la coda dell'occhio scorgo un elemento che continua a fissarmi, restando sempre là, altissimo, nonostante si allontani: la forma ma soprattutto la prominenza mi fanno intuire che si tratta proprio del primo della classe, del monte Bianco, il quale dà il suo meglio visto dalla parte dei cugini francesi.
Quanta monotonia, cari cugini francesi! Tutte le vostre collinette, boschetti, fiumi per minuti e minuti, poi arrivano le nubi alte... e restano lì imperterrite, inducendomi a scambiare un po' di chiacchiere col mio vicino romagnolo, che scopro essere stato 20 anni fa sulla Pania della Croce. Ogni tanto butto un occhio al finestrino, per vedere se qualcosa cambia... e finalmente al posto del grigio c'è il blu: il Canale della Manica, attraversato dagli alleati in senso opposto al mio esattamente 70 anni e un giorno fa.
Ci vuole poco a vedere le scogliere bianche di gesso, la punta di terra che si protende sul mare del nord verso la quale sono diretto. L'aereo comincia a rallentare, collinette più boscose e ridenti di quelle francesi (ma forse è solo una suggestione!) si avvicinano, sovrastate da tante piccole nuvolette vicine, bruchi grassi di zucchero filato dentro cui ci ficchiamo per scendere. Riallacciamo le cinture, spegniamo i cellulari; l'asfalto si avvicina, si riconoscono auto che viaggiano a sinistra, parcheggi, terminal... tocchiamo la pista, e comincia una nuova storia.
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