Se devi organizzare un giro sapendo che per lungo tempo sarà l'ultimo, ci metti tutto il tuo meglio. La destinazione è quasi ovvia: le Alpi Apuane, scoperte in questo 2014. Qui ho svolto le due camminate più lunghe e gratificanti della primavera: a marzo eravamo stati sul versante della Versilia, a maggio la traversata; oggi che è il primo di giugno ci concentriamo sull'alta Garfagnana, con un meraviglioso anello attorno alla val Serenaia.
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Val Serenaia |
Lasciamo l'auto al parcheggio vicino al campeggio, e ci incamminiamo belli gasati verso il rifugio Donegani. Ma cominciamo male: un masso verniciato con l'indicazione del rifugio a sinistra, ci fa salire vicino a una cava con diversi rifiuti lasciati a se stessi: per fortuna ci accorgiamo (dalla cartina) di essere sul sentiero 180 diretto a Orto di Donna, e torniamo indietro prima che sia troppo tardi. Un cartello con il bivio o il numero del sentiero su un albero avrebbero sicuramente aiutato!
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Deviazioni spiacevoli (sullo sfondo il Pizzo) |
Superato il Donegani, ecco il secondo passo falso: presso il primo tornante della strada asfaltata, si stacca a destra un non meglio identificato "Sentiero dell'oro ritrovato"; la direzione mi convince che sia quello giusto, le indicazioni non ci sono, ma d'altronde non c'erano neanche prima... Il sentiero compie qualche su e giù, attrezzato con vecchie corde, e dopo circa 20 minuti termina nei pressi di una vecchia miniera. La situazione è alquanto ridicola, per la seconda volta (mea culpa) dobbiamo tornare indietro!
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Te lo sei meritato |
Per fortuna gli altri la buttano sul ridere, hanno ancora voglia di camminare, anche se di fatto abbiamo perso quasi un'ora! Tornati sulla strada asfaltata, la risaliamo per pochi minuti e incontriamo il bivio giusto con il 187, con le indicazioni - stavolta presenti - per Foce Siggioli e la ferrata Tordini Gallingani. Cominciamo a salire nella faggeta, ripidi strappi si alternano a tratti in traverso.
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Fioriture apuane |
Gli alberi si fanno più radi avvicinandosi al valico, il sentiero si confonde fra filoni di marmo ruvido e tagliente, grandi fiori viola fanno capolino fra le rocce. Ecco sullo sfondo le cime dell'Appennino con le ultime chiazze di neve fare da cornice all'alta Garfagnana, con il lago di Gramolazzo in primissimo piano sotto i fianchi poderosi del Monte Pisanino.
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Pisanino |
L'arrivo a Foce Siggioli è emozionante: subito siamo attratti da un eloquente cartello pieno sentieri rossi; e non ci accorgiamo che in silenzio ci sta fissando lei, con i suoi 800 metri di grigio verticale, solcato da canali e camini dove è stata scritta la storia dell'alpinismo lontano dalle Alpi: la grandiosa parete nord del Pizzo d'Uccello.
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Foce Siggioli |
Bisogna venire qui per godersi il suo scorcio migliore: lunghissime creste sbucano dai boschi nella valle del Lucido, la muraglia si impenna nel naso del Bardaino e poi nella cima principale, quasi il becco di un uccello cosmico imprigionato nelle viscere della Terra che ha tentato di uscirne per tornare a volteggiare nello spazio come un asteroide. Cari geologi, non perseguitatemi come fanno gli enduristi per queste metafore.
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Presso l'arrivo della ferrata Tordini Galligani |
Pausa banana + ottimo mango essiccato per ripartire carichi: non dimentico di immortalare l'arrivo della ferrata Tordini Galligani, obiettivo saltato di un'uscita Cai dell'anno scorso: l'adesivo
Attaccati al Naso appiccicato sui molti nostri caschi è nato dagli abissi mentali ricolmi di soluzioni marketing di una compagna di escursioni, ispirandosi proprio al "passaggio chiave" di questa ferrata. Ufficialmente chiusa per massi pericolanti dopo il terremoto della scorsa estate, incontriamo e intravvediamo comunque vari escursionisti che la stanno percorrendo.
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Attaccati al naso! |
Passiamo ora sul sentiero 181, diretto al Giovetto. Ci troviamo sulla lunga cresta di Capradossa, di fatto il confine geografico fra Garfagnana e Lunigiana. Dietro a Foce Siggioli la cresta è spoglia e aerea, mentre in questo tratto ci sono vari alberi sul versante della val Serenaia, dove procede il nostro sentiero. Presto però le piante lasciano spazio alla nuda roccia, in un ambiente d'alta quota.
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Cresta di Capradossa |
Attratti dalla cresta, seguiamo alcuni segni rossi, senza nemmeno accorgerci che il sentiero nel frattempo è sceso più a valle... di fatto ci troviamo ora su una via alpinistica, con passaggi decisamente esposti su roccia friabile. Intuiamo comunque che il percorso non è lungo né estremo, la nostra meta è la vetta del Pizzo, quindi decidiamo di proseguire con la dovuta attenzione.
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Il primo tratto di cresta fuori dal sentiero 181 |
In un paio di tratti è possibile affacciarsi sul baratro della parete nord, anche attraverso la bocca di una grotta dove però scende solo Marco... le difficoltà terminano presso un enorme distesa quasi pianeggiante di marmo, interrotta dal solito precipizio immane alla nostra destra. Attraversiamo un ravaneto piuttosto instabile, ormai abbiamo aggirato il Pizzo d'Uccello e possiamo apprezzare la sua faccia più accessibile, dove sale la via normale.
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Vicino al baratro |
La incrociamo proprio in vista del nuovo versante, la valle di Vinca piena di castagni. Segni bianco-rossi ci accompagnano verso la cima, con numerosi passaggi di facile arrampicata (I grado o poco più), comunque mai esposti come la cresta di prima; si tratta comunque di una via normale, non breve, che richiede cautela ed esperienza. Ci sorprende incontrare molti escursionisti di ritorno dalla vetta, a quanto pare le Apuane hanno il loro appeal!
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Passaggi non proprio da Marmagna |
Ultimi sforzi, il panorama attorno si fa sempre più ampio, finché non si spalanca a 360 gradi: siamo in cima! Sono le 14,30, stappiamo una bottiglia di prosecco e affettiamo il salame sui soliti comodissimi blocchi di marmo: c'è chi non ci avrebbe scommesso guardando il Pizzo da Foce Siggioli due ore e mezza fa, o ancora peggio dalla valle del Lucido salendo in auto.
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Gastronomia parmense sul Pizzo d'Uccello |
Questa vetta meravigliosa, insieme una compagnia meravigliosa, sono state la degna chiusura in quota di un anno di montagna meraviglioso... ma le meraviglie non finiscono qui.
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La nord del Pizzo vista dalla Cresta di Capradossa |
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La cresta di Capradossa vista dalla cima del Pizzo |
Torniamo indietro sulla via normale, più difficile in discesa a pancia piena che in salita con lo stomaco in smania; incrociamo il sentiero 181 "perso" dopo Foce Siggioli e in breve siamo al Giovetto, felicissimi di calpestare un po' d'erba dopo tanta roccia. A questo punto Francesco e Sarah scendono con il 37 al rifugio Donegani, mentre Marco si offre di appoggiare fino in fondo la mia fame di Apuane.
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Pizzo d'Uccello visto dal Giovetto |
Proseguiamo sul crinale aggirando un alto gendarme roccioso, e siamo ai bei prati di Foce a Giovo, dove un mesetto fa mi ero svaccato alquanto poco dignitosamente; ora c'è una fanciulla che lo fa al mio posto con più contegno, addirittura con un libro... noi proseguiamo, non vogliamo fare aspettare troppo i nostri compagni giù a valle.
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Foce a Giovo: il quadretto idilliaco... |
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...e il modo migliore per rovinarlo! |
Eccoci sul ben noto 176, che passa ai piedi della lunga cresta di Garnerone; in un'oretta siamo sopra al rifugio Orto di Donna. Svoltiamo ora a destra lungo il 186, puntando al crinale principale delle Apuane che sembrava vicino ma tarda ad arrivare. Marco con il walkie tolkie avverte giù a valle che, chissà perché, stiamo ancora salendo... ma ne varrà la pena!
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Zucchi di Cardeto |
Ecco che finalmente il bosco termina, e un breve tratto sui sassi ci conduce a cavallo di una nuova cresta, stavolta affacciata direttamente sul mare. Ai nostri piedi il vallone dei Pradacetti, un'autentico oceano di roccia mista paleo, sprofonda per centinaia di metri verso la valle di Forno; dietro di noi la Forbice e il Grondilice, davanti la piramide del Contrario, le Gobbe del Cavallo, un intrico di creste cave boschi valli ombrose che si disperdono verso la pianura, con la linea della costa lontana verso Livorno.
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Contrario e Cavallo dalla cresta fra Finestra del Grondilice e Passo delle Pecore |
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Vallone dei Predacetti, percorso da un difficile sentiero segnato a bolli rossi
usato come rientro dopo la via Ferrata del Monte Contrario |
Il walkie talkie intercetta ora le comunicazioni dei bagnini, 1600 metri sotto i nostri piedi: difficile proseguire concentrati! La cresta però non fa sconti: se la prima parte è facile, presto ci troviamo a dover superare nuovi tratti scabrosi, dove occorre misurare i passi con attenzione.
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Passaggi semplicemente spettacolari |
A dire il vero si potrebbe scendere un poco sul versante boscoso di Orto di Donna, ma la voglia di seguire la cresta fino al passo delle Pecore prevale.
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Roccia non troppo affidabile |
Proprio quando comincia a vedersi la prima parte del vallone degli Alberghi, forse il più solenne delle Apuane, arriva il passaggio più delicato, naturalmente in discesa... un saltino di pochi metri ma ripido e sfasciumato, reso temibile dallo scivolo immenso di roccia liscia che guarda il mare: giù di lì non ci si ferma. Proviamo un paio di soluzioni, Marco trova la migliore e siamo fuori: ormai il grosso è fatto!
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Oplà!| |
La cresta continua, ma ora stiamo più tranquilli mantenendoci su tracce dalla parte della val Serenaia; ed ecco la sorpresa finale! Proprio sopra al passo delle Pecore, come per ripicca, un bel gregge di capre ci osserva sorpreso e un po' spaventato: decidono di andare avanti e indietro lungo cresta, senza sapere bene dove fuggire e non risparmiandoci qualche sassolino... capre capre capre capre capre capre capre.
Eccoci al passo dedicato alle più mansuete pecore. Poco lontano sbuca la ferrata del monte Contrario, che in realtà non tocca questa cima che si impenna di fronte a noi, all'apparenza intoccabile; e dietro ancora, nascosta, si intuisce la formidabile cresta del Cavallo... inizia un altro capitolo che leggeremo sicuramente fra un anno. Ora sono le quasi le 18 e i nostri compagni come minimo stanno finendo le riserve di birra del rifugio, sarebbe anche il caso di raggiungerli!
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Le capre sopra il Passo delle Pecore, con dietro la parete sud del Contrario |
Su tracce scendiamo a Orto di Donna e imbocchiamo il ripido 180, quasi tutto nel bosco: un bonario tranello che tenta di nascondere lo scempio delle cave vicinissime (ben visibili invece dal Pizzo!), che sventrano come una coltellata nel bosco questa valle verdeggiante e incantevole. Alle 19 ci riuniamo con gli altri al Donegani.
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Luci pomeridiane sul Pisanino |
Il giro è finito, non il weekend: ci aspetta una serata piacevolissima all'Agriturismo le Chianine dei Tognoli, dove ci raggiunge Fabio rimproveratamente senza banane; poi una nuova giornata di arrampicata alla falesia del Muzzerone dove ci raggiunge anche Mario in treno; e
pescis in fundo, la Sagra del raviolo di mare a Marola, un appuntamento da non perdere per il prossimo anno. Ora è finito anche il racconto, non montagnatore. Tranquilli non mi butterò da una montagna come vorrebbe qualcuno, vado solo nove mesi al mare. Abbiamo bisogno tutti di un po' di vacanze no?
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Grazie a tutti! |
complimenti per la traversata.
RispondiEliminaSOno un appassionato di Apuane. Leggendo delle vostre viste sul Pisanino ed il meraviiglioso Pizzo,
vi dirò che la salita al Pisanino e quella al Pizzo d'uccello sono sino ad adesso le più belle che abbia mai fatto in vita mia. Ne vale la pena ;)