lunedì 8 luglio 2013

Fra le torri del Re Laurino: sul Catinaccio col Cai, primo giorno

Il Corso di escursionismo avanzato 2013 del Cai di Parma si è davvero chiuso col botto. Dopo l'uscita sul Gran Paradiso, non sembrava facile trovare qualcosa che reggesse il confronto; ma le risorse delle nostre montagne sono infinite, e questo al Cai lo sanno bene: così ecco programmata un'escursione emozionante attraverso l'intero gruppo del Catinaccio.


Anche la sveglia di sabato è emozionante, quasi traumatica, con la partenza alle 4,15 del mattino; ma tutti i sacrifici si fanno dimenticare risalendo la val d'Ega, mentre sbucano piano piano le guglie del Latemar e poi del "nostro" Catinaccio.

Latemar

Il gruppo forse più frequentato delle Dolomiti, non mi ha comunque dato un'idea negativa, "urbanizzata": le varie seggiovie e funivie si fermano sempre a una rispettosa distanza dalle rocce, e i numerosi rifugi (almeno quelli che ho visto) sono quasi tutti belle strutture in legno ben integrate con l'ambiente.

Seggiovia Paolina
Dopo il Lago di Carezza, saliamo con le prime corse della seggiovia Paolina, che ci conduce velocemente all'omonimo rifugio a quota 2125. Col sentiero 539 guadagniamo velocemente quota fino al monumento a Theodor Christomannos (2349), politico austriaco che sul finire dell'800 si impegnò per sviluppare il turismo nel Sud Tirolo; questa grande aquila di bronzo sorveglia un ampio ventaglio di montagne: il Lagorai con le sue cime piramidali tutte in fila; le Pale di San Martino ancora piene di neve; la Marmolada, con la sua possente parete sud.

Monumento a Christomannos

Marmolada
Proseguendo lungo il sentiero Masarè, penetriamo in un ambiente sempre più severo e roccioso: sulla nostra sinistra si innalza la cresta del Masarè, l'ultima propaggine meridionale del Catinaccio: un conglomerato disordinato di guglie e rode frastagliate, come un insieme di note e postille prese distrattamente alla fine di un discorso solenne che il Rosengarten, di fatto, aveva concluso ufficialmente con la massiccia Roda di Vael.



Al bel rifugio Roda di Vael (2283) possiamo lasciare gli zaini per affrontare la vicina ferrata del Masarè, che rimonta l'omonima cresta. Scelta come ripiego (il progetto originale prevedeva di salire sul Catinaccio di Antermoia, ma c'era troppa neve), si è comunque dimostrata un percorso piacevole, con un bel susseguirsi di camini, traversi e tratti di cresta mai troppo esposti ma estremamente panoramici.


Rifugio Roda di Vael dall'alto
Le uniche difficoltà sono concentrate nei tratti verticali, due dei quali in discesa (percorrendo la ferrata in senso anti-orario): gradini e pioli sono presenti solo dove servono, ma la roccia è ricchissima di appigli naturali, il cavo è nuovo e sempre ben teso. La ferrata si può percorrere in due sensi: a chi vuole proseguire verso la Roda di Vael conviene farla in senso orario, mentre chi come noi parte e torna al rifugio trova più tratti attrezzati in salita facendola nel senso opposto.



Il problema è stato che il mio mini-gruppo è partito per ultimo, più di mezzora dopo gli altri, e ha dovuto adattarsi al passo di un'aggregata estranea al nostro corso e in evidente difficoltà, che ci ha costretti a stare fermi gran parte del tempo; l'attesa si è poi moltiplicata per lasciare passare altri escursionisti, sia alle spalle sia di fronte. Essendo le ferrate più alte ancora inagibili, abbiamo trovato un certo traffico!



Alla fine insomma si è accumulato un ritardo notevole; e il pranzo al rifugio Roda di Vael, alle 15 passate, non ha potuto andare oltre una fetta di strudel condita con ottima Forst trangugiata in 10 minuti! Comunque come battesimo dolomitico in ferrata l'ho trovato ottimo, anche se ora ho già voglia di qualcosa di più sostanzioso...



Avendo prenotato al rifugio Vajolet, siamo costretti ad accelerare: il sentiero 545, parte dell'Alta via dei Fassani, scende in un'amena vallata con vista sulle Coronelle, per poi mantenersi in costa fra larici e affioramenti stratificati di roccia stile Grand Canyon.


Attraversata la pista panoramica di Vigo di Fassa, raggiungiamo il Rifugio Negritella (1990): di fronte a noi si innalzano i possenti dirupi di Larsec.

Rifugio Negritella
Rifugio Preuss
Costeggiamo ora la valle verso il Rifugio Gardeccia, percorrendo il comodo sentiero 540, ricco di pannelli illustrativi e percorso da persone di tutte le età, grazie alla vicina funivia, al bosco ombroso e alla pendenza costante. Ci avviciniamo al cuore del Rosengarten: di fronte le Torri del Vajolet, agili ed eleganti, si innalzano come dita ciclopiche verso il cielo; più a sinistra si impone massiccio il Catinaccio vero e proprio; alla nostra destra gli abissi dei dirupi del Larsec; e ormai alle spalle la distesa di creste attorno alle Coronelle, con ancora molta neve per l'esposizione a nord.


Dopo il Gardeccia, la salita si fa più faticosa: sopra di noi scorgiamo il rifugio Preuss, aggrappato alle rocce come un rapace. Per fortuna ormai è tardi e il sole si è nascosto sul versante della val d'Ega per non scaldarci troppo; ma veniamo a sapere che il Vajolet non fa più da mangiare dopo le 19,45, e andare a letto senza pranzo né cena non sarebbe il massimo... Dobbiamo muoverci! Il gruppo si sfalda, decido di dare tutto e quando arrivo al rifugio decisamente cotto.

Tempo di una lavata veloce di ascelle con acqua gelida e sono a tavola: le cameriere, chiaramente dell'est (ormai sono di casa qui...), servono le pietanze con una velocità fastidiosa, e in poco più di 20 minuti consumiamo verdure, pasta e stinco di maiale con polenta e funghi. Tutto di qualità non certo eccelsa, ma potevano darmi anche un gatto e lo avrei mangiato.

Le bevande ce le fanno pagare a parte, e malgrado il rifugio si raggiunga comodamente in fuoristrada il conto è piuttosto salato. Dopo cena come al solito ci fermiamo insieme per un liquorino, che tanto costa come una bottiglia d'acqua: la specialità della casa è sciroppo di sambuco, decisamente scarso sia come sapore sia come grado alcolico.

Già prima delle 22 i rifugisti iniziano simpaticamente a spegnere le luci a intermittenza: forse in italiano sanno dire soltanto il menu, e non che a una certa ora devono chiudere. Le camere sono ampie e in ordine, ma c'è solo un bagno a nostra disposizione. In generale l'impressione che mi ha dato il rifugio Vajolet è negativa, la prossima volta andrò al Preuss. Comunque meglio non andare a letto troppo tardi, ci aspetta una nuova lunga e splendida giornata!

Continua...


3 commenti:

  1. Ciao Luca
    Sembra molto panoramico il percorso, quanto dura la ferrata del Masarè?

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    1. Ciao! Se non trovi traffico direi 2 ore se vai spedito, se no 3 al massimo.
      ti consiglierei di concatenarla con quella della Roda di Vael, dunque cominciala in senso orario! poi decidi se scendere verso la val d'Ega a sinistra oppure tornare al rifugio Roda di Vael con il 541!

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