Punto di partenza: Rifugio Alimonta (2580)
Punto di arrivo: Rifugio Graffer (2261)
Punto più elevato: Spalla di Cima Brenta (circa 3000)
Dislivello in salita: 600 circa
Dislivello in discesa: 900 circa
Tempo totale di percorrenza: 7,5 ore stando ai cartelli (più verosimilmente 8/9)
Grado di difficoltà: EEA
Punti d'appoggio: Rifugi Alimonta, Tuckett e Graffer
Note segnaletica: Ottima, bolli rossi lungo le Bocchette
Terzo giorno: alle gambe ancora
ingessate dalla tirata di ieri, tocca ripartire in salita verso la
Bocchetta degli Armi; prima del valico sulla sinistra si stacca il
sentiero per la via delle Bocchette Alte, che parte un po’ in
sordina con tratti attrezzati misti a faticose rampe su sfasciumi.
Raggiungiamo dopo circa un’ora un altopiano, che a prima vista
sembra proseguire senza interruzioni verso il gruppo di Cima Brenta:
in realtà in mezzo c’è una voragine stretta e profondissima,
nella quale il nostro percorso si infila con una serie di scale.
Si tratta della Bocchetta bassa di Massodì, forse
la più scabrosa del Brenta, incastonata fra due pareti; sui lati
contrapposti sprofondano nevai molto ripidi, dai quali non può
scendere alcun sentiero. La via delle Bocchette riparte con un breve
passo atletico seguito da un vertiginoso traverso, che ci conduce a
un bivio (di fatto consistente in una scala): giù scenderemmo al
rifugio Brentei con l'impegnativa ferrata Oliva Detassis, già discesa due anni fa; su proseguiamo per le Bocchette Alte.
Le scale lasciano presto il posto a
divertenti passaggi di arrampicata – quasi sempre attrezzati –
tratti di sentiero e una bella cengia, con panorami entusiasmanti in
ogni direzione. La salita termina sul cosiddetto Spallone di Massodì
(3002), del quale si può facilmente raggiungere la vetta: un balcone
bianco affacciato sul versante di Molveno. Di fronte a noi
l’elegantissima cresta sud-est di Cima Brenta, della quale la via
ferrata percorre il tratto iniziale.
Prima però bisogna superare una nuova
profonda bocchetta, per raggiungere la quale scendiamo la famosa
Scala degli Amici, la più lunga (e alta) di tutto il Brenta: 60 metri di
gradini in ferro in piena esposizione, con la visuale aperta su tutti
e due i versanti. Dopo la bocchetta inizia l’altrettanto esposto ma
molto più godibile tratto di cresta, che ci porta fino all’angolo
della Cima Brenta.
Cosa potrà mai cominciare ora?
L’ennesima cengia, tutta sul filo dei 3000 metri, con un salto di
altezza incalcolabile verso est e panorami che si consumano. La prima
parte è abbastanza larga, e si riesce ad incrociare altri
escursionisti senza grossi rischi; i problemi si presentano in
corrispondenza di un nuovo “ferro di cavallo”, in mezzo al quale
c’è un nevaio piuttosto ripido che scarica spesso e volentieri,
portandosi via i cavi di ferro: infatti ce ne sono almeno 6 uno
affianco all’altro!
In cresta sotto Cima Brenta |
Prima e dopo il canale, la cengia si
restringe fino a scomparire; e la ferrata compie traversi sui quali
si può per forza passare solo uno alla volta. Naturalmente c’è un
gruppo nutrito di persone in arrivo, e ci tocca aspettare quasi
mezzora perché tutti siano passati. Superato questo tratto
raggiungiamo una zona di detriti, da cui parte la via normale per
Cima Brenta: mangiamo qui, affettando sui sassi bianchi oppressi dal
sole la nostra caciotta di capra ancora intonsa, che farà gola a
diversi passanti!
Ripartiamo in discesa, stavolta senza
ferrata, fino a una nuova brevissima cengia attrezzata: è l’ultimo
angolo da superare prima di affacciarci sull’alta Vallesinella, con
la sua vedretta e il rifugio Tuckett ancora basso e lontano. Una
breve cresta panoramica, con le rocce sempre a picco verso Molveno, e
poi ricomincia implacabile la discesa, stavolta con meno scale e più
tratti di disarrampicata, a volte piuttosto difficili percorsi in
discesa e quasi stanchi.
Ci sembra di essere scesi tantissimo,
ma in realtà la Bocchetta del Tuckett è ben 2647 metri! Da qui i
cartelli danno il Passo Grostè a 3 ore via Sentiero Benini: sono le
16 passate e sappiamo che i nostri tempi sono più dilatati, così
decidiamo di scendere al rifugio Tuckett (2272) per poi raggiungere il Graffer via sentiero basso.
La discesa sulla vedretta di Tuckett,
ormai in agonia, è veloce e comoda: sulla nostra sinistra incombe il
nevaio pensile di cima Brenta, interrotto dalla parete con cascate
spettacolari… la luce del pomeriggio rende tutto più poetico e
simile a un paradiso. Ci riposiamo un po’ al rifugio, circa 45
minuti dalla Bocchetta, poi ci rimettiamo in marcia sul comodo
sentiero 316, diretti al rifugio Graffer.
Sentiero 316, panorama verso le cime Grostè e Falkner |
Sentivamo il bisogno di un po’ di
erba sotto i piedi dopo tanta dolomia, ferro e neve: il sentiero è
un traverso piacevole e panoramico ai piedi delle pareti, colpito in
pieno dal sole radente delle 18. Nulla però ci risparmia una salita
un po’ accusata su una pietraia ciclopica, che ci porta ad
affacciarci su una nuova vallata: quella del Grostè, dominata dal
gruppo di Cima Grande (2936), maggiore elevazione del Brenta settentrionale.
Il grande rifugio Graffer (2261) ci aspetta là
in mezzo, sfiorato dagli impianti di risalita di Madonna di
Campiglio. Un rifugio un po’ più addomesticato rispetto a quelli
precedenti, dove mangeremo molto bene e in abbondanza. Strano a
dirsi, siccome era l’unico rifugio CAI! Questa volta andiamo a
letto senza guardare la stellata, abbattuti dalla fatica e dalla
cena. A fondo valle le luci di Madonna di Campiglio sembrano
comunicarci una vicinanza con la civiltà, ma presto ne fuggiremo di
nuovo!
Precede:
Traversata, giorno 2: dal rifugio Cacciatore all'Alimonta per Sentiero Brentari e Bocchette Centrali
Continua:
Traversata, giorno 4: dal rifugio Graffer a Malga Tuena per il Sentiero Costanzi
Precede:
Traversata, giorno 2: dal rifugio Cacciatore all'Alimonta per Sentiero Brentari e Bocchette Centrali
Continua:
Traversata, giorno 4: dal rifugio Graffer a Malga Tuena per il Sentiero Costanzi
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