L'immagine del paradiso di chi ama la montagna deve somigliare da vicino alla val di Mello. Il fiume dalle acque limpidissime, di fianco a prati disseminati di massi e case attaccate ai massi; boschi fitti di larici e faggi prima delle impervie valli laterali, con le loro cascate e i contrafforti colossali di granito, che nascondono alla vista intere montagne di 3000 metri pure loro completamente di granito. E a coronare il tutto, le nevi del Monte Disgrazia.
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Il Bidet della Contessa, val di Mello |
In questa valle tanto famosa fra gli arrampicatori - quelli più bravi! - ho trascorso due splendide giornate senza le scarpette, in compagnia degli amici di tante camminate. La valle ci ha accolti nel pieno della primavera, lasciandoci conoscere alcuni dei suoi angoli più suggestivi, facendoci tornare indietro di fronte alla potenza dell'acqua. Ci è toccato l'onore di essere ospiti di un personaggio come Siro, gestore del Rifugio Luna Nascente, uno di quei montanari pieni di storie da raccontare e che conosce per nome ogni sasso della valle. Anche se con un po' di ritardo, credo di aver festeggiato il mio compleanno nel migliore dei modi possibili!
Come insegna il saggio Virgilio, per apprezzare di più il paradiso bisogna prima passare dall'inferno. Così la prima tappa della nostra gita è il ridente villaggio alpino di Sesto San Giovanni, pieno di bancarelle con formaggi di baita e prodotti tipici. E' qui che Elena ci raggiunge in metropolitana per fare il viaggio insieme attraverso il purgatorio-Brianza.
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Gianpaolo Stappa (foto Alessandro) |
Da Morbegno seguiamo col navigatore qualche strada alternativa di dubbia utilità per bypassare il traffico, ed entriamo nel Masino. San Martino è il paese più vivo della valle, con vari locali frequentati dai numerosi climbers: ritiriamo qui i permessi per risalire in auto la prima parte della valle (concessi in quanto ospiti del rifugio).
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Luca Scatta (foto Alessanrdo) |
La strada asfaltata finisce poco dopo il campeggio Ground Jack, sotto la grande cascata del Ferro; da qui in poi si va a piedi, si entra in un'altra dimensione, dove la civiltà è rimasta ai margini. Costeggiamo il fiume sulla bella mulattiera, distrutta in un tratto da una grande frana scesa dalla valle del Qualido; causa anche dello sbarramento del torrente con la nascita di un vero e proprio lago.
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Il lago "artificiale" |
Eccoci a Ca' di Carna (1076), dove inizia sulla sinistra il sentiero che risale la valle del Qualido. Passiamo vicino alla via alpinistica Alba del Nirvana, e saliamo ripidamente nel bosco di faggi. La giornata è un po' coperta, ma godiamo lo stesso di bei panorami sulla bassa valle e sulla spropositata parete est del Qualido, sormontata dal "martello": un masso sporgente di dimensioni difficili da indovinare, vista la distanza, ma senz'altro ragguardevoli.
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La parete del Qualido vista dal sentiero |
Dopo un pulpito panoramico, i boschi si fanno più radi e la traccia sale a zig zag le placche sul versante orografico sinistro del torrente. Centinaia di gradini scolpiti nel granito testimoniano il duro lavoro dei pastori, che conducevano le vacche nella parte alta della valle, in cerca di aree adatte al pascolo. Alcuni fori quadrati compaiono in prossimità dei tornanti: qui venivano conficcati pali di ferro ai quali assicurare le bestie, come in una sorta di via ferrata per bovini.
Finito questo tratto leggermente esposto, continuiamo a salire attraverso una zona acquitrinosa, sino a sbucare sotto una grande placconata liscia. A questo punto (quota 1758) il sentiero Cai attraversa il torrente, con l'aiuto di vari cavi di ferro: il problema è che la portata d'acqua è notevole (ieri ha piovuto e la neve si sta ancora sciogliendo), e la forza della corrente rischia di portarci via, verso cascate molto pericolose.
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Presso il guado |
Diamo un'occhiata a un sentiero alternativo, che affronta i punti deboli della placconata di fronte a noi: ora a preoccuparci sono alcuni piccoli gradini scolpiti nella roccia, qualche passaggio bagnato ed esposto, di sicuro non piacevole da affrontare in discesa stanchi e dopo pranzo, magari con un po' di fretta di arrivare giù. Così, siccome sono già le 14 passate, ci accontentiamo di mangiare al sacco qui, rimandando la visita alla Stalla Ovale (2031) a giornate con meno acqua e più tempo a disposizione.
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Sarah stende la keffia/tovaglia |
Sopra un grande sasso di granito, fronteggiando il vento, predisponiamo la nostra apparecchiata: vino salame formaggio e pane in piena tradizione LuCai. Una volta pieni, la forza di gravità ci aiuta a scendere meglio a valle, dove al rifugio Luna Nascente ci attende una birra fresca e la compagnia del Siro, costruttore del rifugio: scultore, guida di cacciatori, membro del soccorso alpino, starebbe per ore a parlarti della sua storia, che è anche quella della valle.
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Pranzo/merenda in val Qualido (foto Alessandro) |
Lo si ascolta ancora più volentieri se nel mentre si mangiano ottimi piatti tipici, come i pizzoccheri e il taroz (purè con pancetta e fagiolini), preparati sul momento dai suoi due cognati nella cucina adiacente alla sala; anche il vino ci è sembrato di livello nettamente superiore agli altri bevuti in rifugio finora... davvero un'ottima accoglienza!
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Notte su Cascina Piana |
La notte la passiamo in uno stanzone con 8 posti letto (siamo in 6), in un edificio separato dal rifugio, addossato a un masso come molti altri del paesino. Prima però ci godiamo la notte e il cielo stellato senza il fastidio delle luci, e Alessandro riesce pure a portare a casa qualche bella foto in lunga esposizione.
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Stellata sul Disgrazia (foto Alessandro) |
La mattina di domenica ci serve Siro la colazione, trattenendoci con suggerimenti e raccomandazioni... La giornata è magnifica, tersa, finalmente la valle ci si mostra nel vivo dei suoi colori. Dopo pochi minuti dal rifugio, dalla mulattiera principale della valle si stacca il sentiero per il rifugio Allievi Bonacossa, il quale risale la val di Zocca.
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Il mattino ha l'oro in bocca! |
Rispetto al cugino in val Qualido, percorso ieri, questo sentiero è un po' meno aggressivo, con numerosi gradini e qualche palizzata in legno. Per oltrepassare il torrente (anche lui molto impetuoso) possiamo sfruttare un comodo e robusto ponte, quota 1503. Continuiamo a salire nel bosco di faggi e larici fino a Casera Zocca (1726), in bella posizione panoramica sulle cime ancora innevate a sud del fiume Mello.
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Casera Zocca |
La salita prosegue, superando un bel larice monumentale, ma ormai il bosco si fa meno folto, e dietro ai rami ancora in parte spogli cominciamo a distinguere le sagome di nuove montagne. Ripidi tornanti ci fanno guadagnare velocemente quota, fino a un cancelletto per le bestie al pascolo. Da qui in poi ci immergiamo in uno scenario davvero paradisiaco.
Prati non ancora verdi, canali ancora innevati, rivi di acqua limpidissima che si lanciano in altissime cascate, fiori incastonati fra le rocce, montagne granitiche dalle forme perfette slanciate verso il cielo. Sono il Pizzo e il Torrione di Zocca, la Punta Allievi, la Cima di Castello, la Punta Rasica, il Picco Luigi Amedeo, il Pizzo Torrione occidentale... tutti giganti di 3000 metri o poco meno, percorsi da spigoli lunghissimi sui quali corrono vie coraggiose e poco ripetute.
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Torrione di Zocca |
Il sentiero continua a salire ma in leggera traversata, verso il torrente. Superiamo la Croce Parravicini, in un bel pulpito panoramico, e una volta accanto al torrente la valle per un attimo si restringe... poi le quinte rocciose si aprono a mostrare la meravigliosa radura del Pianone (2070), ancora piena di neve, come a conservare traccia della sua antica origine glaciale.
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Sopra il Pianone, si lanciano nuove mode per la stagione estiva in quota |
Qui compare tutta la nobile corona di cime che chiude la val di Zocca, e si scorge anche il rifugio Allievi, annidato sopra un contrafforte roccioso da cui scendono vari canali ancora innevati. Era quella la meta della giornata: con Gianpaolo proviamo ad avvicinarci, ma presto ci rendiamo conto che raggiungerlo oggi non è un'operazione né veloce né semplice, a causa di qualche tratto ripido su neve.
E' mezzogiorno passato e preferiamo non fare aspettare al Pianone il resto del gruppo - che tra l'altro ha in ostaggio il cibo avanzato da ieri e le bottiglie di vino lasciate conficcate nella neve! Ci regaliamo così tutti assieme un nuovo picnic e un nuovo brindisi, godendoci in tutta calma l'erba morbida, l'acqua gelida del fiume sui piedi, la roccia ruvida scaldata dal sole sotto la schiena.
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Godere si fa per dire... |
Mi capita a volte di camminare a testa bassa pensando soltanto a raggiungere la cima, a concludere il sentiero o la via... e così dimentico di godermi i singoli momenti per quello che valgono, la compagnia di persone che condividono i miei stessi valori. Basta poco a portare nello zaino in montagna quegli ideali tutti cittadini del raggiungimento di un obiettivo, della competizione, del tempo... qualche volta è meglio portarci una bottiglia in più, e fermarsi senza guardare l'orologio a goderci la meraviglia tutto attorno a noi.
Rimarremmo qui ancora a lungo, ma poi a un certo punto l'orologio tocca guardarlo e scendere! Senza fretta però, apprezzando a faccia in giù il percorso fatto al mattino in salita. A valle c'è movimento, e anche al Luna Nascente dove sostiamo per salutare e recuperare il materiale per la notte. Torniamo in pianura, nel traffico fra Lecco e Milano, nelle vie dormitorio di Sesto San Giovanni... ma torneremo anche in val di Mello!
Un saluto e un ringraziamento particolare ai compagni della giornata!
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Elena |
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Sarah |
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Gianpaolo |
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Giancarlo |
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Alessandro |
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E il tutto il gruppo con Siro |
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