martedì 31 dicembre 2013

Ciaspolata a Schilpario, fra motoslitte e Dolomiti Orobiche

Il mio primo giro sulle ciaspole volevo farlo sulle Alpi Orobiche: montagne dove non ero mai stato, ma di cui avevo sentito parlare molto bene. Il rischio elevato di valanghe mi ha costretto a ponderare attentamente la scelta dell'itinerario, e dopo aver spulciato cartine e relazioni online la scelta è caduta sull'alta val di Scalve: panoramica, molto frequentata, abbastanza sicura.


Strade piacevolmente sgombre fino a Boario Terme, mentre a Schilpario troviamo un discreto movimento, con tanto di mercato. Arriviamo attorno alle 10 in località I Fondi (1261), dove una sbarra blocca la strada per il Passo del Vivione (inaccessibile in inverno); molte le auto parcheggiate. La giornata è magnifica, anche se il sole tarda a sbucare dietro le alte montagne a sud della valle: ci saranno 20-30 cm di neve, e alcuni operai stanno sistemando i fili della linea elettrica danneggiati dal vetro-ghiaccio.


Intuiamo subito la via da seguire, già così tanto battuta da indurci a camminare con le ciaspole agganciate sullo zaino. C'è un via vai di gente che non avrei mai sospettato: ciaspolatori, scialpinisti, ragazzini col bob, persone che semplicemente fanno una passeggiata... a quanto pare non siamo i soli ad avere avuto l'idea di venire in questa valle splendida e relativamente protetta dalle slavine!


Presto purtroppo scopriamo che ci sono anche altri fruitori di questa valle: le motoslitte. Un fastidioso rombo, unito al fumo lasciato sul sentiero dopo il loro passaggio, rovina l'atmosfera che si dovrebbe respirare in un luogo ameno e lontano dalla città. Sono dell'idea che andrebbero drasticamente proibite, o lasciate girare solo di notte.


sabato 28 dicembre 2013

Bazzano e la mostra dei presepi, l'atmosfera genuina del Natale

Sulle prime colline fra Parma e Reggio, terre matildiche sorvegliate dall'antico castello di Canossa, sorge Bazzano: un paese simile a molti altri nei dintorni (in questo periodo decisamente morti), ma che si anima con l'arrivo del Natale. Girando per le frazioni e il "centro" del paese fino al 6 gennaio, si incontreranno più di 200 presepi, esposti un po' dappertutto: nel giardini, alle finestre, nelle vetrine delle attività.

Il presepe della farmacia

La collaborazione fra Pro Loco, un gruppo culturale e soprattutto gli abitanti del paese, ha reso possibile questa manifestazione (Il paese dei presepi) per il sesto anno di fila, riscuotendo un buon successo. Tante persone hanno deciso di passare qui il pomeriggio di Santo Stefano, con una temperatura piacevole, l'aria limpida con vista aperta verso la pianura e le montagne coperte da nuvoloni mastodontici.



giovedì 26 dicembre 2013

Grugno e San Secondo, il cuore grigio della bassa

Una tenuta agricola, quattro o cinque edifici, i mattoni marroncini lisi dal tempo: le vecchissime mappe IGP le conferiscono ancora l'onore di un nome: località Magrina. Qui, prima ancora che stampassero quelle mappe, passava sicuramente la stradina di campagna che collegava San Secondo a Pontetaro e alla via Emilia, sulla sinistra del Taro, attraversando Bianconese e Grugno: paesini che un nome ancora ce l'hanno, forse per poco.

Oggi località Magrina è compresa fra la Tav e l'A1, da poco congiunta con l'A15, parallela alla stradina di campagna. Questa le gira attorno con un cavalcavia, come se fosse la sua tangenziale. Le finestre sono chiuse, ma qualcuno vive ancora a Magrina: quasi sicuramente zingari, gente che crediamo nomade o stanziata in campi pagati coi nostri contributi, ma che spesso occupa gli edifici un tempo floridi e oggi dimenticati, schiacciati dal nostro magnifico progresso.

E' la mattina di Natale, e per apprezzare il calore del pranzo in famiglia decido di calarmi prima nella desolazione più profonda e sconfinata che soltanto la bassa sa offrire; specialmente in giornate uggiose e grigie come oggi. Bisogna anche farsi venire appetito e smaltire un minimo la cena prima, ma preferisco insistere sulle motivazioni metafisiche, senza rovinare il Natale con bestemmie per non avere portato la macchina fotografica: sperimenterò Google Streetview all'interno del post.

Dopo la via Emilia Bis l'Interporto l'A15 l'A1 la Tav, insomma dopo Magrina, finisce la parte più civilizzata della bassa e comincia quella autentica. La stradina prosegue - pericolosissima - costeggiando un alto argine, finché un cartello non indica Grugno: un nome poco consono a paesi accoglienti. Il primo edificio a darmi il benvenuto infatti è il cimitero, piccolissimo e malandato, forse abbandonato persino dai morti.


Visualizzazione ingrandita della mappa

sabato 21 dicembre 2013

Piste vuote governo ladro? Riflessioni sulla crisi dello sci su pista

Sul numero di dicembre del mensile Cai Escursionismo360 è presente un valido articolo sulla crisi delle località sciistiche alpine: l'autore delinea un quadro completo della situazione, proposte vie d'uscita, fornisce spunti di riflessione.

Le località alpine negli ultimi decenni hanno investito quasi tutto sul turismo invernale - ad essere precisi, su un singolo tipo di turismo invernale, quello dello sci su pista: si è speculato sulle seconde case, costruito mega-resort in alta quota, riempito valli e altipiani con una fittissima rete di impianti di risalita.


Piste deserte a Cortina sabato 14 dicembre
(foto da Skiforum)
Tutto questo ha un prezzo altissimo, in termini ambientali ma anche semplicemente economici: ce ne rendiamo conto quando alla cassa paghiamo lo skipass. E se una manciata di ricchissimi russi - che magari usa le banconote come carta igienica - non si fa grossi problemi a sborsare più di 200 euro per uno skipass settimanale, molti italiani ed europei alle prese con la crisi ci pensano su un po' più a lungo.

Il risultato è che gli albergatori, spesso già alle prese con una tassazione poco amichevole, piangono; le seconde case rimangono vuote; e gli impianti girano a vuoto per buona parte dell'inverno.

Ma questo è nulla in confronto alla crisi che lo sci alpino potrebbe subire con i cambiamenti climatici in atto: inverni con meno precipitazioni nevose, innalzamento delle temperature. E' la tendenza sul lungo periodo che va presa in considerazione, andando al di là di scoop e profezie dei meteorologi da tabloid: tra qualche anno sciare a meno di 1500-1800 metri potrebbe rivelarsi arduo, anche con la neve artificiale (la cui produzione consuma peraltro grandissime quantità di acqua).

La soluzione a tutto questo non può essere continuare a costruire e ad ampliare le stazioni sciistiche (come è stato fatto anche negli ultimissimi anni: basti pensare a Pinzolo e Madonna di Campiglio); bisogna piuttosto sfruttare tutto ciò che la montagna può offrire al di là dello sci e al di là dell'inverno: valorizzare le "mezze stagioni", le feste e i prodotti tipici, le forme di turismo alternativo e sostenibile.


Traffico di escursionisti su Cima Comer, Lago di Garda,
 domenica 15 dicembre
Non sono le solite parole vuote: se nell'ultimo weekend (come mi hanno riferito) le piste di Cortina e Canazei erano vuote, sui sentieri del lago di Garda e delle Prealpi bresciane c'erano diversi escursionisti: ma quanta fatica a trovare un bar - non dico un rifugio - aperto! Certo, in pieno autunno queste zone non vedranno mai le folle oceaniche del 15 agosto o del 26 dicembre nelle località più gettonate, ma potrebbero lo stesso offrire qualcosina in più a quei pochi ma buoni avventori: che nelle mezze stagioni stanno diventando sempre di più.
 
Si tratta di persone che badano al risparmio, cercano in montagna un ambiente radicalmente diverso dalla città, sono disposte a scoprire le tradizioni locali e le particolarità naturalistiche del luogo: cercano nella vacanza un riposo, ma anche un arricchimento personale. Certo, non porteranno tantissimi soldi, ma lasceranno senz'altro meno sporcizia di quella che si trova sotto le seggiovie, come ai lati delle strade.

Su questo tipo di turismo bisogna puntare e investire: la montagna non dovrebbe imitare ad oltranza la città, ma fornirle modelli alternativi, per superare il culto del consumo sfrenato e cieco che dietro maschere trionfanti e smaglianti sorrisi cela in realtà la sua perenne insoddisfazione, la sua sempre più evidente agonia.

martedì 17 dicembre 2013

Cima Comer ed Eremo di San Valentino, i colori del Lago di Garda d'inverno

Strada Gardesana occidentale, una mattina luminosa di dicembre: il traffico forsennato di primavera ed estate non sembra più appartenere a questi luoghi; paesi ridenti e coloriti si affacciano uno dopo l'altro sul lago, assopiti in un letargo cristallino: Salò, Gardone, Toscolano Maderno, Gargnano. In pochi si godono questo spettacolo, passeggiando sul lungolago o pedalando sulla strada; qualcuno sceglie di fare trekking, ispirato dalle montagne che cingono il lago da tre lati.

Panorama da Cima Comer verso il Lago di Garda

Arriviamo a Gargnano di buon ora, ma fatichiamo un po' prima di trovare un alimentari per i panini; rischiamo anche di prendere una pallottola per aver staccato un mandarino da un albero lungo il viale (col senno di poi ce l'avremmo lasciato, era buono come un addobbo di natale brusco). La strada panoramica per Valvestino, piena di ciclisti, da Gargnano ci conduce al borgo di Sasso (531), dove parcheggiamo e ci prepariamo a camminare.

Sasso e il Monte Baldo
Attraversiamo la parte vecchia del paese, con lunghi viottoli paralleli, e seguendo le indicazioni per San Valentino ci ritroviamo su un bel tratturo panoramico in salita (sentiero 31). Gli ultimi ulivi si alternano a querce e castagni, creando piacevoli scambi cromatici col blu del lago e il bianco del Monte Baldo parzialmente innevato.

Inizio sentiero 31

domenica 15 dicembre 2013

Passo Croce Domini, anticima del monte Frenone: con la piccozza sull'erba

Passo Croce Domini, punto di confine: a ovest val Camonica, a est val Sabbia; a sud Prealpi, a nord Alpi. Non più montagnoni erbosi e tondeggianti, che a stento superano i 2000 metri; bensì valloni glaciali, pareti ombrose, gli imponenti bastioni meridionali dell'Adamello.

Monte Frerone
In una meravigliosa e mite giornata di sole, con la neve ormai in sofferenza per l'anticiclone persistente, decidiamo con Mario e Alessandro di salire un po' più in alto del solito, e parcheggiamo in località Bazena (1800): qui termina il tratto di strada normalmente percorribile in inverno salendo da Bienno (il passo è sbarrato, anche se una traccia evidente taglia per il campo: con le catene probabilmente si può fare).

La conca di Bazena
Il clima è godibilissimo, alle 10,30 ci mettiamo in marcia senza le ciaspole e saliamo di buon passo fino a Malga Valfredda (2045), col suo laghetto ghiacciato. L'orizzonte è chiuso da una bella corona di cime dominata dal monte Frerone (2664). Proseguiamo sempre sul sentiero 1, sulla carta una mulattiera, nella realtà un traverso costantemente a nord-ovest, con neve dura e diversi passaggi da fare con cautela.

Malga Valfredda
Mano a mano ci rendiamo conto di stare compiendo un amplissimo semicerchio attorno alla val Fredda, perdendo di fatto molto tempo utile; raggiunta una prima forcella ci affacciamo sulla valle di Cadino, con una strada molto più diretta verso quello che ormai era il nostro obiettivo: il lago della Vacca. Dopo aver indossato i ramponi, sempre su infinito traverso (la gamba sinistra ormai è diventata più lunga della destra!), raggiungiamo finalmente il Passo Valfredda (2321).

In terzo piano Cima Laione e Cornone di Blumone

mercoledì 11 dicembre 2013

Gruppo di Carega, Passo Pertica: i predatori della giacca perduta

Lunedì 2 dicembre 2013, ore 7: un personaggio equivoco calca l'incrocio fra via Cremonese e via Ricasoli con passo inquieto, impugnando una piccozza. Passano auto assonnate di gente diretta al lavoro, qualcuno sbarra gli occhi, qualcuno chiude i lucchetti di sicurezza, a un certo punto una Punto accosta: è Marco, in ampio ritardo causa sveglia addormentata, pronto a sgasare metano per correre a recuperare la sua giacca piena di documenti; rimasta sul sentiero per il Passo Tre Croci, Lessinia, 150 km direzione a nord-nord est. Qui il prologo...

Marco al Passo Tre Croci 19 ore fa

Tre ore abbondanti più tardi siamo sulla strada Giazza-Revolto, dove la Punto non dà certo il meglio di sé sui tornanti ghiacciati... così parcheggiamo qualche curva più giù rispetto al giorno precedente. Saliamo a passo svelto per la smania, sappiamo che nessuno può essere venuto qui nelle ultime 18 ore, ma non si sa mai: un lupo in cerca di denaro, un'aquila attratta dal blu...

Passo Pertica: la meta di oggi vista ieri

giovedì 5 dicembre 2013

Gruppo di Carega, il fascino invernale delle Piccole Dolomiti, Parte 1

Il massiccio, enigmatico castello di Illasi domina la parte bassa dell'omonima valle, coperta da una dolce distesa di vigneti. L'orizzonte è chiuso a sud dall'opaca pianura veronese, a nord dai contrafforti dell'altopiano dei Lessini e dalle cime scintillanti di neve del Gruppo di Carega: è là che siamo diretti, verso il primo assaggio di Dolomiti che si incontra dalla Pianura Padana.


Ormai in capo alla valle incontriamo Giazza, aggrumato sul fondo di una buca stretta e freddissima, uno degli ultimi paesi dove sopravvive la parlata germanica dei Cimbri; la strada si fa ora più tortuosa e innevata, ma procediamo senza problemi fino alla località Lago Secco (1100 circa), poco sotto il rifugio Boschetto, dove parcheggiamo e ci attrezziamo per partire.


Dopo un primo tratto pianeggiante sul sentiero E5 (tratto del sentiero europeo fra Costanza e Verona) imbocchiamo sulla destra il 276, diretto al Passo Tre Croci. Risaliamo a zig zag il versante sempre più ripido della montagna, in un bel bosco di abeti, e abbiamo modo di trovare diverse condizioni di innevamento: neve ghiacciata prima, fresca dopo; per cui indossiamo via di seguito ramponi e - il fortunato Mario scelto come batti-traccia- le ciaspole (se ne poteva anche fare a meno, ma non conoscendo il sentiero e avendo l'attrezzatura l'abbiamo usata).