Marco sulla cresta ovest del monte Contrario |
Strane formazioni rocciose di origine metamorfica presso Foce di Cardeto |
Per questo il 2014 è stato un po' l'anno delle Apuane, che prima avevo soltanto ammirato da lontano. Dalla primavera all'autunno inoltrato, ora in treno ora in auto, in tenuta estiva o con piccozza e ramponi, sempre su cime e sentieri diversi, sono andato a poco a poco scoprendo queste montagne aguzze affacciate sul mare.
Il Pisanino coperto dalla nebbia |
Il progetto per oggi è la cresta del monte Cavallo, forse l'itinerario più spettacolare di tutta la catena. Partiamo di buon ora da Parma, e planando sopra la Lunigiana lungo l'autostrada della Cisa le Apuane ci danno il benvenuto sbucando dal mare di nubi che avvolge la valle. Le premesse per una giornata perfetta ci sono tutte!
Lungo la valle del Lucido balzano all'occhio i danni dell'alluvione di pochi giorni fa, con piccole frane sopra la strada e i letti dei torrenti pieni di piante sradicate. Ci fermiamo a Codiponte per un caffè, e scopriamo con piacere che la pieve romanica è già aperta: ne approfittiamo così per visitare questo autentico gioiello, con capitelli scolpiti e un polittico quattrocentesco conservato benissimo.
Sopra Foce del Cavallo |
Per trovare il pane fresco dobbiamo salire a Minucciano, dove ci facciamo farcire i panini con un insaccato locale dall'aspetto poco rassicurante: il biroldo. Somiglia più a un gruviera d'asfalto invece la strada per la val Serenaia, dove parcheggiamo (quota 1060) e partiamo, con un certo ritardo sulla tabella di marcia, grazie a buche capitelli e biroldi.
Panino col biroldo |
Il tempo non è esaltante: umidità alle stelle, una cappa grigia copre il cielo, fazzoletti di nebbia vanno nascondendo le cime dell'Appennino e presto - come sempre - si formeranno anche qui. Per fortuna ci sono le foglie appassite a dare un po' di colore alla valle, dove per ora siamo le uniche anime vive: cave e rifugi chiusi, nemmeno un'auto parcheggiata.
Val Serenaia, dal basso... |
La salita nel bosco lungo il sentiero 180 è rallentata dalle foglie bagnate, che nascondono sassi insidiosi. Superato il rifugio Orto di Donna (1494) saliamo verso il Passo delle Pecore (1610), e scopriamo una piccola falesia attrezzata con spit nuovi di zecca. Al valico ci affacciamo sulla Versilia, dove il tempo purtroppo non è migliore... il mare si confonde con il grigio del cielo, mentre il grigio del marmo precipita nella valle degli Alberghi con piastroni lisci.
...e dall'alto |
Ci giriamo lentamente alla nostra sinistra per farci un'idea del monte Contrario, con la sua parete sud che le nubi giocano a nascondere. Seguiamo una debole traccia che ci porta a risalire alla meno peggio prati ripidissimi, dove l'erba bagnata è quasi più affidabile dei sassi: portarsi un souvenir in mano fino in fondo al vallone è un rischio concreto!
Il quasi-fedele paleo, l'erba delle Apuane |
Col dubbio di esserci complicati inutilmente la vita, passiamo su una traccia leggermente migliore, che prosegue in costa sul versante garfagnino, al limitare dei faggi. Presto però dobbiamo cimentarci di nuovo con la cresta, dove notiamo alcuni spit: si comincia a fare sul serio dunque! I passaggi non superano il secondo grado, ma la roccia umida e molto poco affidabile rende tutto più complicato.
Passaggi esposti in cresta |
Ogni passo va calibrato, il corpo e la mente cercano un equilibrio precario abbracciando la montagna. In un punto la cresta si stringe fino a diventare una lama, sospesa sull'abisso nascosto dalle nubi. Purtroppo questo stato di trance dura poco, siccome la cresta diventa troppo difficile e siamo costretti a scendere un poco verso nord, puntando a un canale erboso.
Quasi in cima |
E' il momento più delicato, siccome lo sfasciume domina e la discesa fa sempre più pensare e penare... comunque ne sbuchiamo fuori, e una volta sull'erba possiamo guadagnare con più tranquillità la selletta sotto la cima. Soltanto qui ci accorgiamo di quattro paia di corna ferme sulla vetta... Lo sguardo insistente che solo le capre riescono ad avere ci pesa mentre superiamo le ultime facili roccette: ora via dai piedi, lasciate il Contrario alla specie superiore!
Non senza soddisfazione raggiungiamo la vetta (1789, come la Presa della Bastiglia), le capre scomparse chissà dove, e chissà cosa ci facevano qui! Del resto di certo si saranno fatte anche loro la stessa domanda riguardo a noi... Le nubi lasciano vedere una minima parte del grandioso panorama che dovrebbe godersi da qui; è mezzogiorno passato, e le probabilità di riuscire a concludere la cresta del Cavallo calano drasticamente!
La cima vera e propria del Contrario (in realtà sotto c'è spazio...) |
Intanto bisogna scendere: il versante est è più erboso di quello percorso in salita, e le rocce sono mediamente più affidabili. Di fatto però occorre superare anche qui passaggi di I e II grado, non di rado esposti. Un torrione che visto da valle e da di fronte sembrava insormontabile, viene vinto dalla traccia risalendo un prato pensile ripidissimo. Poi un'altrettanto ripida discesa, un ultimo salto di roccia e siamo alla stretta Foce del Cavallo.
Qualche passo di secondo grado |
E' quasi l'una, beffardo sbuca il sole e la nebbia si dirada un poco per mostrare le sbalorditive gobbe del Cavallo e la Piastra marina. Il desiderio di proseguire si scontra con la ragione: due ore molto abbondanti di cresta (senza considerare il terreno bagnato) e altrettante di discesa significherebbero arrivare all'auto con il buio... saliamo giusto un poco su per la prima gobba, ma prima dell'impennata rocciosa finale decidiamo che è più saggio tornare indietro e rimandare la cresta a una giornata con più visibilità, anche per rimanere col desiderio di tornarci.
La prima Gobba del Cavallo |
Tornati all'intaglio scendiamo per una traccia su canale erboso, per poi tagliare sui prati in direzione della Foce di Cardeto. Tenuti d'occhio dai bastioni nord-ovest del Cavallo e dai bizzarri Zucchi di Cardeto attraversiamo una zona di palese natura glaciale, resa però speciale da fenomeni di carsismo. Incontriamo numerose doline, una in particolare di cui non si vede il fondo.
Verso Foce di Cardeto: la nebbia si alza |
Poi ci ritroviamo in una zona con grandi blocchi segnati da fitte scanalature curve parallele, da lontano quasi simili a radici di alberi secolari. Giacomo ci spiega che la loro origine è metamorfica, e testimoniano le altissime temperature raggiunte durante la formazione della catena apuana; è come se geometriche fiamme fossero rimaste impresse nella roccia che ne ha conservato i profili... mai visto niente di simile.
Raggiungiamo l'intaglio della Foce di Cardeto (1680) verso le 14, e possiamo ritenerci soddisfatti. Mentre mastichiamo delusi il biroldo, sentiamo voci salire dalla valle, voci giovani e straniere... ecco sbucare un gruppo di ragazzi e ragazze italo-francesi, anche gradevoli alla vista: un incontro ancora più improbabile di quello con le capre in cima al Contrario. Le Apuane riservano sempre sorprese.
Tornando giù |
La nebbia sale, fa sempre più fresco, è ora di scendere. Con 178 riusciamo a chiudere un bel giro ad anello attorno alla val Serenaia, non senza aver appoggiato un po' di volte il sedere a terra sotto le foglie bagnate. Prima di rigettarci in autostrada, ci concediamo una visita al paesino di Pieve San Lorenzo, con un'altra bella pieve ma anche stazione, discoteca, centro fitness, bar, ferramenta... e naturalmente alimentari, per portare a casa un po' di buon pane casareccio e lardo di Colonnata... il biroldo lasciamolo dov'è, mentre il pesto di Cavallo sarà per la prossima volta.
Punto di partenza: Parcheggio sopra il rifugio val Serenaia (1060)
Punto più elevato: Monte Contrario (1789)
Dislivello in salita: 700
Tempo totale di percorrenza: 5 ore
Grado di difficoltà: PD
Segnaletica: Buona sui sentieri, assente in cresta e sul traverso nei prati fra Foce del Cavallo e Foce di Cardeto
Punti d'appoggio: Rifugio Orto di Donna (aperto in estate)
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