Relazioni, sempre relazioni in mano |
Corona parla per un'ora comoda, con calma e chiarezza: il fulcro è "non fare oggi ciò che potresti fare domani", affrontare l'esistenza senza farsi travolgere dalla frenesia della società contemporanea, anche a costo di rimandare i propri obiettivi. Ma io che sono apprendista falegname - e non posso permettermi di andare troppo piano nel lavoro artigianale - ormai da un orecchio non ci sento più, e di conseguenza ascolto poco.
Esco da Colorno, la serata è ancora limpida: sullo sfondo le sagome dell'Appennino illuminate dagli ultimi raggi del sole di giugno, duro a morire. Telefonata a Mario, ormai bisogna decidere cosa fare domani: sono io a spingere per la via Carlesso al Baffelan, una delle tappe irrinunciabili che mi ero posto per questa stagione.
Baffelan da sud |
Abbiamo controllato entrambi le previsioni: sappiamo che in Appennino e sulle Alpi Apuane le probabilità che il tempo nel pomeriggio si guasti sono meno rispetto alle Piccole Dolomiti... ma sulla logica vince la voglia di cambiare zona, e soprattutto di cimentarci su una via alpinistica di V grado in piena parete.
La parete est dalla sua base |
Vista verso il Pasubio dal camino del primo tiro |
Saliamo slegati la facile rampa/canale che conduce all'attacco delle vie principali sulla est, e individuiamo subito quello della Carlesso. Parto io, e i primissimi metri mi mettono subito in difficoltà; sarà la sindrome del primo tiro, o l'approccio sempre problematico con questa roccia infida, o ancora il fatto che ultimamente riesco a scalare solo nei weekend... ma questo IV+ mi dà parecchio da fare!
Primo tiro, seconda parte |
Nel frattempo, molto più svelta di me, è arrivata la nebbia a coprire la parte alta della parete; sono giunte anche diverse cordate, e hanno attaccato le vie vicine alla nostra. Mario mi raggiunge e intraprende il secondo tiro, la cui linea sembra più evidente. Dopo i primi due chiodi, il nulla... la logica porterebbe a seguire il canale/camino, dall'aria poco rassicurante, nessun chiodo in vista; e Mario decide di uscire a destra, procedendo su un pericoloso terreno misto erba con l'ultima protezione ormai lontana.
Salgo anche io; provo ad attaccare il camino sulla destra, con un passo strapiombante che non sembra proprio IV grado... quindi opto anche io per uscire sui prati a destra poco sopra a dove l'ha fatto Mario. Scendendo in doppia poco dopo vedremo il chiodo nel camino appena più su... eravamo fuori via!
Secondo tiro |
Mi tocca il terzo tiro; le premesse su come si rivelerà il V grado si fanno grigie come il cielo sopra di noi! Salgo a sinistra della sosta per prati ripidissimi, fino a trovare un chiodo; qui traverso a destra rinviando un cordone su clessidra: sopra di me una placca nera con un chiodo. Con un po' di difficoltà raggiungo il chiodo, ma poi non so più come proseguire... le prese sono sporche di magnesite, ma a naso il passaggio che mi aspetta somiglia più a un VI grado; e più su non vedo chiodi né possibilità di proteggermi!
Terzo tiro |
Il dubbio di essere finito su una variante è insinuato dalle relazioni discordanti: tutte parlano della placca nera di V, ma una dice di traversare a destra dal cordone e stando attenti a non uscire di via.
Prendendomi non pochi rischi, stacco il rinvio dal chiodo e scendo di nuovo alla cengia. Traverso a destra ma non vedo nulla, e nel frattempo cadono le prime gocce. Mario vorrebbe provare a darmi il cambio, ma l'andamento del meteo ci spinge a optare per una ritirata.
Il tempo doveva tenere fino al pomeriggio, non sono ancora le 11 e già spioviggina... la via è ancora lunga e la parte difficile ed esposta è appena iniziata... meglio andarsene, e alla svelta! Con un po' di fatica disarrampico fino alla sosta recuperando i due rinvii. Attrezziamo le doppie, la pioggia si fa più insistente, sassi cascano recuperando le mezze... tutte le cordate sulle vie vicine naturalmente hanno compiuto la nostra stessa scelta, e per una buona ora e mezza il Baffelan si trasforma in un galeone da cui la ciurma di pirati alpinisti si cala giù in fretta e furia!
Prima calata |
Decidiamo di scendere in doppia anche la rampa canale di avvicinamento, che mi immagino insidiosa col bagnato... quest'ultima calata ne ha del ridicolo: tutta la prima parte di fatto è poco più che un sentiero, e le corde naturalmente vi si impicciano; l'unico punto ripido è verso la fine, e proprio qui, davanti alla targhetta, Mario trova un nodo rimanendo appeso come un salame mentre la pioggia diventa grandine!
Naturalmente il nodo aspetta lì pure me, e slegarlo rimanendo appesi appena sopra l'attacco non sarà esattamente una barzelletta... ce ne andiamo così dal Baffelan a testa bassa, bagnaticci e umiliati, mentre tirano i primi fulmini. Alla fine ci ridiamo su, e beviamo la nostra non meritata birra nel rifugio Campogrosso intasato di fuggiaschi, ognuno con la sua ritirata da raccontare.
Morale della favola: aveva ragione Corona, che è stato pure un forte alpinista. Meglio fare le cose lentamente, gradualmente, senza volersi buttare a tutti i costi sul difficile... a maggior ragione in una giornata dal meteo dubbio. Ma soprattutto, noi "alpinisti" cittadini del XXI secolo abbiamo imparato ad arrampicare seguendo sequenze di prese di resina dello stesso colore, o al più file di spit; quando invece davanti ti si presenta la montagna nuda e cruda, non è facile decidere dove salire.
Questo almeno vale per me, che pure in montagna ci vado a camminare da quando sono bambino e ho sempre avuto un buon senso dell'orientamento... almeno sulla dimensione orizzontale; quando invece si passa a quella verticale le cose cambiano, e la soluzione per migliorarsi è scalare, scalare tanto, e non certo in palestra.