Punto di partenza: Parcheggio lungo la statale presso Arnad
Durata: 4 / 5 ore
Dislivello in salita: 240 la via
Grado di difficoltà: D+ (un passo di 6a, due o tre di 5c)
Chiodatura: A spit mediamente distanti, più vicini nei tratti difficili
Punti d'appoggio: Osteria l'Arcaden (possibile parcheggiare anche lì)
Esposizione della via: sud-ovest
Periodo consigliato: Primavera e autunno
Avvicinamento: Dal parcheggio lungo la statale (sulla destra, appena prima di Arnad), si sale con il sentiero segnato per circa 20 minuti fino alla base della parete. La via Bucce d'Arancia è la prima che si incontra.
Sul sesto tiro della via Bucce d'Arancia |
Il dado è tratto. Attraversando il Po a Piacenza, ci domandiamo: ma ne varrà davvero la pena sorbirsi 500 km abbondanti di autostrada, in una giornata breve e nebbiosa di novembre, per arrampicare sul granito? Ammazziamo la noia con le chiacchiere: dopo i fattacci freschi di Parigi ce n'è da discutere; qualcuno si infervora, il sottoscritto (nonostante le male voci, indiscutibile punto di riferimento in materia di strade) si distrae, ed ecco che sulla tangenziale ovest di Milano ignoriamo il bivio giusto e ci ritroviamo diretti al Lago Maggiore invece che a Torino.
La chiesa di Machaby |
A Pont San Martin usciamo, e risaliamo la statale; le nuvole sembrano diradarsi da un momento all'altro, il problema è che ormai siamo arrivati! Ma oggi sarà una giornata fortunata. Appena oltre la svolta della valle dominata dal forte di Bard, la nebbia scompare e davanti a noi, vicinissimo alla strada, si innalza il paretone di Arnad: ancora all'ombra, ma con sopra il cielo pressoché sereno.
Il forte di Bard fra la nebbia |
Siamo abbastanza increduli: i piumini finiscono subito nello zaino, dove rimarranno tutto il resto del giorno! Guardando il fondovalle ancora vicino, scorgiamo sia la nebbia proveniente dalla pianura infrangersi contro il forte di Bard, sia la patina di aria fredda coricata di fianco alla Dora Baltea. Oggi sul paretone di Arnad si arrampica in maglietta anche all'ombra!
Appena finito il sentiero di avvicinamento, a circa 30 minuti dal parcheggio, ci ritroviamo di fronte al naso la targhetta con il nome della via che intendiamo percorrere: Bucce di Arancia. Una cordata è appena partita, un'altra da tre è un tiro più su... e mentre noi aspettiamo di partire, arrivano altre 5 persone, che scoraggiate dalla coda cambieranno itinerario.
Quarto tiro |
Partono Alberto e Federico, Mario ed io li seguiamo. Bello pensare che a inizio stagione le cordate sarebbero state miste, mentre ora possiamo affrontare la via in autonomia, lasciando comunque che siano i due più esperti a testare i vari tiri. Il primo fa subito prendere confidenza con il tipo di roccia, con lame e fessure per le mani, e gradini a volte molto piccoli per i piedi, costretti spesso a lavorare in aderenza. Verso la fine occorre aggirare a sinistra uno strapiombino con traverso delicato (5b).
Primo tiro, Alberto sotto lo strapiombino |
Gli spit sono a distanza giusta, meno frequenti sul facile, le soste tutte comode su catena con anello di calata. Il secondo tiro comincia con un facile traverso a sinistra per poi salire in verticale seguendo due belle fessure (5c). La roccia è solidissima, ruvida, generosa. Dalla seconda sosta traversiamo delicatamente a destra (5a), poi seguiamo una placca più facile con roccia molto lavorata (IV), quasi cancrenosa, bellissima da vedere e da stringere. Spit abbastanza distanziati qui.
Mario all'inizio del quarto tiro |
Quarto tiro: rimontiamo il facile spigolo a gradoni sulla nostra sinistra (IV-) fino a un boschetto, che risaliamo con facile sentiero fino alla nuova sosta, alla base di un canale. Qui la via Bucce d'Arancia si mantiene sulla destra, seguendo il canale che man mano va assumendo le fattezze di diedro. Ed è un diedro tosto, con la parete a sinistra (dove ci sono gli spit, per fortuna vicini) che verso la fine diventa quasi del tutto liscia (5c).
Io all'uscita del diedro del quinto tiro |
Sesto tiro: l'inizio... |
Un chiodo un po' vecchio può essere utile per una rinviata psicologica per raggiungere con passo delicato lo spit poco più su e uscire presso su un terrazzino con pianta (5c). Ma il tiro non è ancora finito... Si rimonta un pilastrino meraviglioso per poi uscire in forte esposizione a destra in prossimità della sosta (stare bassi, appigli svasi, 5c). Se non mi fosse scivolato (diciamo così) il piede su uno spit, sarebbe stato il tiro più difficile che abbia fatto finora da primo su una via lunga!
...e la fine |
Il settimo tiro, dopo la partenza verticale (5a), sale facilmente a destra fino a un gruppetto di piantine. Concateniamo i due tiri successivi: il passo più tecnico è all'inizio, con una bella fessurona che chiama la dulfer (5b), dopodiché la parete si appoggia definitivamente, e l'arrampicata è un divertente defaticamento su lame sempre più grosse (IV-). L'ultimo tiro è facile e conduce all'orlo arrotondato della parete.
Penultimo tiro |
Continuando a salire, raggiungiamo un punto panoramico, affacciato sulla valle di Machaby con i suoi borghetti e una cascata. In prossimità del gruppo di case più alto, incontriamo una coppia a cui chiediamo informazioni sul sentiero di rientro. La faccia e la voce di lui a dire il vero non ci sono nuove, ma ci è mancato un soffio che ce ne andassimo senza aver capito chi fosse.
Trova l'intruso! |
Si tratta dello skyrunner Bruno Brunod, che tutti e quattro per pura coincidenza avevamo conosciuto il martedì precedente in un film della rassegna del Cai di Parma su Kilian Jornet: un suo collega più giovane che nel 2013 ha battuto il suo record di tre ore e un quarto da Cervinia al Cervino... e ritorno! Una volta riconosciuto Bruno, ci scambiamo volentieri due chiacchiere anche se è tardi, e facciamo tutta la discesa nella bella valle di Machaby meravigliandosi di una coincidenza così fortunata. Degna conclusione di una giornata spettacolare!
Il ponte romano (eh già) di Pont Saint Martin |
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