A Corchia non puoi dire: il tempo si è
fermato. Basta poco per sentire il rombare dei motori sulla vicina
Autocisa; svoltando in uno dei vicoli, puoi imbatterti in una
pizzeria, ma un pellegrino lungo la via Francigena un paio di secoli
fa sarebbe stato ben più sorpreso di te nel trovarla qui. Corchia
vive nel 2015, non si è fossilizzata come i vari ruderi e paesi
fantasma di cui è ricco il nostro Appennino.
Corchia |
Qui si è saputo valorizzare il passato, restaurando buona parte delle case, aprendo un piccolo museo, piazzando pannelli informativi come quelli lungo la passeggiata per le miniere del Groppo Maggio: vi si estraeva rame, forse con il miraggio di trovare oro... sono abbandonate da decenni, come tutte le altre cave di ofioliti disseminate per le valli di Taro e Ceno e non solo.
E' possibile visitare le miniere in
particolari occasioni; noi ci siamo accontentati di arrivare qui nel
primo pomeriggio con l'ora legale, per goderci fino all'ultimo le
aumentate ore di luce sperando in un tramonto “ofiolitico”.
Purtroppo il tempo si rivelerà un po' bigio, ma comunque adatto per
un giretto semi-tranquillo.
Fino alla cava stiamo sul seminato; poi
puntiamo alla sommità del Groppo Maggio risalendo un breve ghiaione
(le Pietre verdi non sono certo famose per la loro solidità, ma
spero vivamente di tornare da queste parti insieme a qualche
geologo-alpinista in cerca di valide linee su granito. Geologo
alpinista che sono certo mi richiamerà per varie castronerie trovate
qua e là nell'articolo!).
Troviamo di nuovo terreno stabile in un
ripido boschetto, dove sale una traccia prima labile, poi sempre più
somigliante a un antico sentiero ormai non più battuto se non da
bestie. Dagli alberi via via più radi, sbucano le bizzarre
formazioni rocciose tipiche degli ambienti ofiolitici: improvvisiamo
qualche facile passaggio di arrampicata e guadagniamo quota in mezzo
a questo deserto di pinnacoli ruvidi e tozzi.
Non c'è una cima vera e propria, ma un
piccolo altopiano da cui vediamo una carrozzabile. La raggiungiamo
imboccandola a destra, pestiamo un po' dell'ultima neve marcia, e
scendiamo di nuovo nel bosco. Un altro montagnotto simile a quello
appena salito attrae la nostra attenzione: di profilo sembra quasi
una cresta, e scende nella direzione giusta per tornare verso
Corchia.
Riusciamo a raggiungerlo ravanando di nuovo fra ginepri e querce, e per fortuna che la primavera vera deve ancora cominciare! Come immaginavamo più che una cresta si tratta di un lungo pendio di rocce frastagliate, di cui però non vediamo il fondo... scendiamo costeggiando un filo spinato, e passo dopo passo la preoccupazione si materializza: la discesa termina in una rupe.No-fly-zone |
Sulla nostra destra una rupe quasi gemella delimita la forra di una vallatina molto stretta, percorsa da un rivo chiamato Cacanebbia: per fortuna oggi non l'ha cacata, altrimenti avremmo potuto trovarci in situazioni spiacevoli! Per fortuna la visibilità è ottima e possiamo tracciare un itinerario. Decidiamo di scendere sulla sinistra da un ripido boschetto, fino a riprendere la linea del filo spinato presso una pineta.
Scendendo verso il rio Cacanebbia |
Sempre per boschi e prati, arriviamo quasi alle porte del paese, e nei pressi di un essicattoio ritroviamo dopo tanto tempo un sentiero, che poi sbuca in una carraia con bella maestà: ci siamo ritrovati su una strada antica almeno quanto la data iscritta sopra la Madonnina, e non possiamo che andare a finire nel cuore del paese, su un viottolo lastricato fra le case.
Stratificazioni di arenaria |
Così concludiamo il nostro anello un po' improvvisato; sono le 19.30 e decidiamo di giocarci un'ultima carta. Ci daranno qualcosa da mangiare nella pizzeria, famosa in tutta la valle? (corrono leggende su prenotazioni da effettuare almeno due mesi prima). Ovviamente un tavolo per due si trova sempre, ci godiamo la nostra pizza in porzioni notevoli con tanto di gente che arriva - a Corchia sottolineo - per averla d'asporto! Le curve è meglio farle a stomaco vuoto in effetti.
Itinerario evidenziato in verde |