Cascate di ghiaccio: un argomento al quale fino a poco tempo fa associavo etichette del tipo #temerario #estremo #fragilità #difficilissimo e chi più ne ha più ne metta: meglio limitarsi a qualche canale! Pensavo. Poi capita che qualcuno nella compagnia prova, gli piace, dice che in fondo non è così difficile e dà molta soddisfazione.
Primi passi di Montagnatore sulla cascata (foto di Mario) |
Allora perché non provare? La mia nuova piccozza in fondo si presta, una seconda me la possono prestare: dopo un febbraio tutto sulle ciaspole, è tanta la curiosità di vedere come sono queste cascate ghiacciate. Come destinazione scegliamo il canyon del Bletterbach, in Alto Adige, sopra Ora: il timore della concorrenza ci spinge a partire presto, molto presto.
Luca Co |
Varie peripezie legate al metano ci fanno perdere tempo, e giungiamo sul posto solo alle 8. Scopriamo con piacere che ci sono solo altre due auto parcheggiate oltre all'ammiraglia; fa piuttosto caldo, ma contiamo sull'effetto congelatore del canyon. Ci cambiamo in fretta e raggiungiamo il parcheggio innevato del Centro Visite. Qui scendiamo a destra nel bel bosco di abeti fino ad una ripida scala di ferro, che ci fa raggiungere il fondo della forra.
La traccia nel canyon |
Il luogo è ammaliante, silenzioso: uno stretto corridoio coperto dalla neve, fra pareti rossastre talora strapiombanti, dove le acque del rio Hackenbach si creano spazio sospinte a valle da un inverno non troppo freddo. Ma per fortuna ci sono anche loro, mantenute immobili da un'inizio di primavera non troppo caldo: le cascate di ghiaccio.
Cascata al sole |
Una fa bella mostra poco sotto l'arrivo della scala, ma è esposta a sud e non troppo guarnita; decidiamo di risalire il canyon, e subito dopo incontriamo un nuovo salto esposto a nord, piuttosto incassato e facile, occupato però da due arrampicatori appena arrivati; proseguiamo, fiduciosi di trovare altro ghiaccio, e il Bletterbach ci accontenta.
Le prime due cascate incontrate sulla destra salendo |
Una cascata breve ma abbastanza articolata, con uno strato di ghiaccio che ci sembra abbastanza spesso: anche qui l'esposizione è favorevole, a nord, e la sicura comodissima. Ci prepariamo, sale per primo Luca che è quello con più esperienza su ghiaccio, e apre la cascata piazzando 6 o 7 viti. In cima trova una buona sosta su alberi con cordini (comunque integrata), e si cala. Essendo la via circa 25 metri, le mezze corde da 60 bastano e avanzano.
Aggiudicata! |
Saliamo da secondi Mario ed io; il primo approccio è un po' violento: tendo a fare molta forza sulle braccia, tirando colpi da maniscalco per infilare il più possibile le piccozze nel ghiaccio... poi mano a mano scopro che è meglio sfruttare, dove possibile, i vari gradini e buchi naturali in cui la becca fa ottima presa. In generale comunque tendo a scaricare poco peso sui piedi, problema che del resto ho anche quando arrampico su roccia.
Mario |
Il primo giro seguiamo il tracciato di Luca, che ha sfruttato il punto debole della cascata, cioè una sorta di diedro; l'uscita è meno pendente, con uno strato di ghiaccio più sottile e l'acqua che scorre sotto, poco rassicurante... Come seconda salita invece, forti della corda dall'alto, proviamo un'estetica candela sull'estrema sinistra della struttura.
Luca Ca |
L'arrampicata qui è più sostenuta e verticale, facilitata comunque dai numerosi buchi; la vicina roccia sulla sinistra permetterebbero di crearsi un minimo di diedro, ma ci vietiamo di tirare ramponate sulla storia delle Dolomiti! Ricordo per l'appunto che il canyon è il principale parco geologico dell'Alto Adige (chiuso in inverno), e le stratificazioni di porfido, arenaria e infine dolomia, con annessi fossili, riassumono meglio di ogni altro luogo la formazione profonda di queste montagne speciali.
Verso il cuore del canyon |
Risalendo il canyon poco sopra la nostra cascata, questi strati sono ben visibili in alte pareti, dall'aria più fragile del nostro ghiaccio; qui arriva un sentiero che costeggia il canyon da nord, passando vicino alla nostra sosta (una catena avverte del pericolo di caduta); recuperiamo le mezze corde e proseguiamo battendo traccia fino alla sosta dell'altra cascata esposta a nord, quella che stamattina era occupata.
Sullo sfondo la vetta del Corno Bianco, che domina il Bletterbach |
E lo è anche ora, ma per poco. Ci concediamo un panino al sole, nel frattempo spuntato, finché la via si libera. Decidiamo di attrezzarla dall'alto, scendendo i due Luca in doppia e lasciando Mario in sosta ad assicurarci. Le difficoltà sono decisamente inferiori, si tratta quasi di un canale... il ghiaccio però è più spesso e compatto, e l'uscita pressoché verticale.
Luogo perfetto per imparare |
Mentre arrampichiamo sentiamo spiccozzate provenire dalla nostra sinistra, dove c'è una candela decisamente più ostica rispetto alla nostra via: un signore silenzioso sta salendo senza alcuna assicurazione... la cosa fa molta impressione a pensarci, evidentemente il soggetto deve avere molto feeling, o, se vogliamo parafrasare, due cojoni duri come er ghiaccio.
L'interno di una cascata |
Arrivati in cima, Mario si cala e risale a sua volta, preceduto dall'ice climber solitario, che si sta collezionando tutte le cascate del canyon salendo e scendendo col sentiero. Anche noi faremmo volentieri la candela, ma l'alberello su cui è attrezzata la sosta non ci ispira troppa fiducia... poi cominciamo a sentire un po' la stanchezza e non ci sembra il caso di buttarci ora sulla via più difficile della giornata.
Un po' di pubblicità! (foto di Mario) |
Scendiamo dunque col sentiero, concludendo anche un piccolo anello attorno a questa parte centrale del Bletterbach. Sia sopra sia sotto dev'esserci molto altro da scoprire, tra rocce vecchie migliaia e migliaia di anni e giganti di ghiaccio pronti a sparire da una settimana all'altra... per ora andiamo in pellegrinaggio al grande santuario di Pietralba, a ringraziare Dio di non avere rotto il ghiaccio subito (o forse solo per una birra fresca? Lascio il beneficio del dubbio ai lettori), ma certo è che torneremo!
Santuario di Pietralba |
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