Cresta sud del monte Sagro |
Linea Aulla - Piazza al Serchio, semi-deserta: attendo invano una voce registrata stile London Underground che annunci: "The next station is Monzone Monte dei Bianchi Isolano". Peccato, avrebbe suonato benissimo. Del resto è già tanto se un posto simile ha ancora la stazione!
Ho sempre considerato il Lucido come un confine mentale fra il mondo dell'Appennino e quello delle Apuane. A nord del torrente è tutto un ondularsi di colline, i paesi distesi sui vigneti baciati dal sole, i profili tozzi del crinale tosco-emiliano lontani alle loro spalle; a sud i fianchi ombrosi precipitano a valle ripidi, pochi borghi coraggiosi vi si aggrappano dove trovano spazio, e sopra la loro testa svettano i picchi delle Apuane con una prominenza degna delle Dolomiti.
Monte dei Bianchi |
La maggior parte dei centri abitati sono però sul pianoro della valle, dove passa la ferrovia e una superstrada in via di costruzione (da almeno 8 anni...). Cammino lungo via Riolo, in Monzone Basso (270 metri), dove le case sembrano doversi sgretolare da un momento all'altro sotto il peso della propria marcescenza. Ciononostante respiri ancora un soffio di antica ricchezza nei portali sormontati da stemmi, in una loggia con affreschi di frutti colorati ormai cancellati dal tempo.
Monzone Alto si presenta un poco meglio, anche se la chiesa e il suo piazzale sono ancora inagibili dal terremoto del giugno 2013. Mi sento addosso gli sguardi dei paesani, quelli per via come quelli da finestre nascoste chissà dove. Un signore incuriosito mi chiede dove sono diretto: - Forno? Ma Forno è lontano molto veh! - Tranquillo nonno, vedrò di arrivarci prima che faccia buio, anche perché ho un appuntamento inderogabile con l'autobus...
Monzone Alto, sullo sfondo il monte Sagro |
Dal paese comincia il sentiero 194, inizialmente uno stradello che risale i ripidi castagneti, poi un lunghissimo tratturo in costa, sempre nel bosco. Il percorso è segnalato molto bene e impreziosito da alcuni pannelli informativi con curiosità geologiche, botaniche e proto-industriali; tuttavia a giudicare dalle ragnatele e dai tanti sassi sparsi non deve essere troppo frequentato né curato... nei dintorni intravvedo anche pinnacoli calcarei interessanti per gli arrampicatori (su uno c'è una corda fissa).
Torre di Monzone e Rocca di Tenerano |
Il bosco è silenzioso, secco: ad ogni svolta su un nuovo avvallamento non trovo ombra d'acqua nei fossi, soltanto sassi e rami caduti incanalaticisi con pioggia e frane. Finalmente all'inizio della faggeta, ormai vicino ai 1000 metri di quota, trovo un tubo proveniente da una sorgente vicina, con un provvidenziale rubinetto presso la giuntura (così non devo fare opera di scasso come l'ultima volta!). Una bella rinfrescata, bevuta e mangiata dell'ottima focaccia di Monzone e riparto come un regionale veloce, ansioso di mettere la testa fuori dagli alberi.
Dietro gli alberi il Pizzo d'Uccello da un'angolazione insolita |
Con un po' troppa fretta, seguendo il 171, liquido il fiabesco bosco d'alto fusto racchiuso nella conca fra Torre di Monzone e Rocca di Tenerano: i nomi di questi due paesi a fondovalle sono portati in alto prime montagne significative che si incontrano sulle Apuane venendo da nord-ovest. Dopo la località Cardeto passo sul 174, e supero il valico di Foce Pozzi (1220).
Pizzo d'Uccello e Vinca |
Mi trovo ora sopra la conca di Vinca, e in uno scenario meraviglioso, dietro a prati con pini faggi e castagni isolati, ricompaiono i giganti di marmo che circondano la valle: il Pizzo d'Uccello, con la lunga cresta di Nattapiana, fa da fondale roccioso alle case rosse di Vinca; il Grondilice con la bizzarra cresta di Garnerone ne è il naturale proseguimento; infine il Sagro, un triangolo rettangolo quasi perfetto, si fa mano a mano più vicino.
Foto di gruppo: da sinistra Pizzo, Pisanino, Grondilice e Sagro |
E' sorprendente come in un attimo passi dal paradiso all'inferno: le Apuane sono sempre estreme. E così uscito da un boschetto improvvisamente mi ritrovo di fronte un vasto sistema di cave che occupa tutta la porzione finale della valle, mangiandosi pezzi della cresta nord-ovest del Sagro: proprio quella che intendo percorrere! Il sole picchia malgrado la quota, e il bianco diffuso del marmo lo riflette raddoppiandone la forza.
Lo spettacolo non è certo felice, ma purtroppo è solo l'inizio: giunto nella parte alta di Campo Cecina, a Foce di Pianza (1269) la vista si apre sul mare, e su nuove enormi cave nel bacino di Torano, dove intere montagne sono state trasfigurate. Cerco di non pensarci e dedico tutta la mia attenzione alla parte ancora salva del Sagro, per fortuna ampia. Tutto il versante ovest della montagna si presenta come un "paginone" erboso, simile a tante realtà dell'Appennino Tosco Emiliano, con pendii mai troppo ripidi.
Versante ovest del Sagro e cave alte di Campo Cecina |
Ora seguo il 173, ma prima della Foce del Fanaletto devio sulla "via normale" alla vetta, segnata con bolli bianchi e blu, che segue appunto la cresta nord-ovest, ripida, lunga ma abbastanza facile. La croce sembra sempre lì a un passo, ma è l'effetto Tour Eiffel... La giornata inoltre, cominciata fresca e senza l'ombra di una nuvola, si è andata guastando verso il pomeriggio: di certo per il caldo e l'umidità fuori dal comune, che da nuvolette minuscole e innocue hanno fatto sviluppare i soliti cumuli corredati da nubi basse, solite impigliarsi fra le creste apuane come peli in una spazzola.
Un ometto dopo l'altro, finalmente arrivo in cima al monte Sagro (1753), non stanco ma quasi: ci sono tre escursionisti, e purtroppo molte nubi... l'effetto vista a sorpresa sulla Versilia e il cuore della catena apuana è rovinato! Comunque tempo di mangiare panino e focaccia, si apre qualche prezioso spiraglio sulle cattedrali calcaree che chiudono l'alta valle del Frigido, sulla lunga cresta del monte Sella, sulla sagoma inconfondibile della Pania della Croce.
Sotto il mio naso si stacca invece la cresta sud, che mi accingo a percorrere prima che tutto sia coperto di grigio. Si tratta di un itinerario non segnato, ma privo di difficoltà escluso qualche passaggio ripido e minimamente esposto.
Cresta sud del Sagro: l'inizio... |
Le nubi si infrangono letteralmente contro il ripido fianco est della cresta, lasciando sgombro il versante di Campo Cecina, più dolce; ogni tanto però mi è concesso uno sprazzo di sereno per misurare il baratro che sprofonda alla mia sinistra sulla valle del Canale Ragolo, dove sorgono antichi fabbricati di cavatori ormai ridotti a ruderi.
...e la fine |
Superata la bella cima del monte Spallone (1639), il crinale scende fino a intersecare presso Foce Faggiola il sentiero 172, che prendo a sinistra verso Foce Luccica. Entro ora nel versante sud del Sagro, più scosceso di quello ovest, affacciato vertiginosamente sulle cave alte di Colonnata. Il sentiero, a prima vista poco frequentato, procede prima in traverso, poi scende deciso a tornantelli: vecchi ricoveri di pastori e qualche capra spaventata dalla mia presenza vivacizzano la progressione.
Poi eccomi letteralmente sopra una cava: ahi ahi, vuoi che il 172 sia stato cancellato insieme ai pezzi di montagna su cui passava? Una vertiginosa scala scolpita sul marmo vivo, protetta da due cavi, mi conferma che posso andare giù senza volare. Sono nel cuore della cava, a due passi da pareti lisce e lucide che sono qualcosa di spaventoso, sublime... per fortuna non ci sta lavorando (e scoppiando mine) nessuno, altrimenti sarebbe stato anche molto pericoloso con tutti i massi in bilico in giro.
Una nuova scala attrezzata, con gradini altissimi, e un breve traverso con cavo d'acciaio mi accompagnano fuori dalla zona di estrazione, ormai sotto Foce Luccica (1029) e vicino al bosco. Mi perdo il bivio col 38 per Vinca, ma resto sul sentiero giusto: ora sono felci rigogliose e qualche ginepro a rendere difficile la progressione, specialmente con i pantaloni corti... un po' di relax in Apuane mai?
Poi il sottobosco si fa più pulito, posso accelerare il passo siccome non è poi così presto. Raggiungo gli alpeggi panoramici di Vergheto (853), dove sorgeva un vecchio rifugio del Cai: un luogo ricco di fascino, specialmente per il meraviglioso castagneto che lo circonda, con grandissimi alberi isolati. Faccio un po' di confusione a trovare il 169 che scende a Forno, così per non sbagliare scendo dalla strada asfaltata, tagliando senza troppi complimenti i tornanti.
Vergheto |
Presto comunque ritrovo il sentiero, che con una serie interminabile di gradini, certo costruiti col sudore dei paesani per raggiungere i loro alpeggi con la via più diretta, perde velocemente quota fino al fondovalle, alle porte di Forno (212). Do giusto un'occhiata veloce alla storica filanda, che sfruttava le sorgenti carsiche del Frigido oggi un po' sottotono, dopo un settembre con poca pioggia.
Filanda di Forno |
Il paese si sviluppa per il lungo, con un borgo sinuoso che lo attraversa tutto fiancheggiato da vicoletti. Posso persino concedermi il lusso di una crepe con cioccolato fondente, neanche fossi a Canterbury! Ora la mia preoccupazione è assicurarmi che passi l'autobus alle 18.13: in un bar mi dicono che secondo loro l'orario è cambiato, e se voglio prendere il treno da Massa alle 19 mi conviene cercare un passaggio...
Forno, oratorio di Sant'Anna |
Così pedino una signora, trovando la battuta giusta del tipo "Ma quanti km ci sono da qui a Massa?" già sapendo in realtà che sono 6 o 7, troppi da fare in un'oretta già stanco. Non preoccupata dalle mie racchette (che invece sembravano aver spaventato qualche altro paesano) né dal mio odore non certo gradevole, la signora si offre di accompagnarmi alla stazione, dove già è diretta per prendere sua figlia. Mentre ci dirigiamo alla sua auto incrociamo l'autobus che sale... vabbè, Google è più affidabile degli abitanti di Forno riguardo all'ATN.
Genzianelle in Apuane il 3 ottobre |
Tornerei a prendere il bus, ma la signora, gentilissima, insiste... la storia non finirà con il matrimonio di Luca e la figlia che torna in treno dall'Università di Pisa, né tanto meno con la madre; bensì con una Corona comprata da un kebabbaro: esattamente (salvo il kebabbaro) come dopo la prima traversata, a Equi Terme, dall'altra parte di queste montagne meravigliose. Le coincidenze, dicevamo...
La bicicletta rimasta al sicuro fuori dalla stazione per 17 ore |
Punto di partenza: Stazione di Monzone (270 m)
Punto di arrivo: Forno (212)
Punto più elevato: Monte Sagro (1753)
Dislivello in salita: 1600
Dislivello in discesa: 1550
Tempo totale di percorrenza: 9 ore
Grado di difficoltà: EE
Segnaletica: Ottima sul versante della Lunigiana, discreta su quello massese
Punti d'appoggio: Acqua lungo il sentiero 194, a due ore da Monzone (da tubo)
Accesso ferroviario: Partendo da Parma, il primo treno per La Spezia delle 5.15 è la soluzione migliore. Da Forno bus linea ATN per Massa (controllare orari, considerare che la fermata è a 15 minuti di cammino dalla stazione!) Da Massa partono treni per Parma (con un cambio) ogni ora fino a sera tardi.
Note: Escursione di gran soddisfazione, sconsigliabile nei mesi estivi.
Luca , come ti invidio, come vorrei avere il tempo per seguire questi tuoi itinerari che io adoro, ma che posso solo ammirare nelle tue belle descrizioni attraverso il web , chissà un domani!!!!
RispondiEliminaMi sono iscritta con infinita gioia , sperando in un tuo ricambio , grazie e un bacio!
http://rockmusicspace.blogspot.it/
Ciao Nella, grazie per il commento e complimenti per il tuo blog! se hai poco tempo, sfruttalo per andare in montagna prima che per leggere i miei racconti, la realtà è sempre meglio!
RispondiEliminaHai ragione caro Luca, ma il mio tempo, quando lo inserisco , è dedicato a corse forsennate per concerti vari o per coreografie di danza, ma appena ho un quarto di minuto raggiungo il mio teccio a 1600 metri! Lo adoro!
RispondiEliminaGrazie infinite per l'importante iscrizione, ti ringrazio di cuore e ti invio un bacione sentito!
Vado salvare il tuo blog!