martedì 24 febbraio 2015

Lago Verdarolo e Lago Scuro, anello con le ciaspole da Pratospilla

In questo febbraio nevoso e dal meteo poco affidabile, le ciaspole si stanno dimostrando la soluzione migliore per godersi una giornata in montagna. Dopo una serata di san Valentino sotto la pioggia a Vairo, eccoci a Pratospilla circondati dalla neve fresca. Partiamo ad un orario turistico, e sono già molte le auto parcheggiate dagli sciatori: una vera fortuna per la nuova gestione della piccola stazione sciistica, rimasta a secco quasi fino a fine gennaio.


Noi però ci spingiamo nella direzione opposta rispetto alle piste, costeggiando il parcheggio fino ad un cartello mezzo sepolto da un muro di neve: è l'inizio, insospettabile, del sentiero 703 per il lago Verdarolo, breve passeggiata d'estate che in inverno diventa un po' meno scontata. Si taglia infatti in traverso un bosco piuttosto ripido, attraversando due pietraie su terreno scoperto.


La pendenza non desta particolari preoccupazioni, ma battendo il sentiero per primi dopo una nevicata, superiamo questi passaggi non proprio a cuor leggero... sicuramente in caso di ghiaccio i ramponi sono indispensabili, e in caso di alto pericolo di valanghe meglio andare altrove. Superata l'ultima pietraia, giriamo lo spigolo della montagna, e passiamo in una faggeta via via più pianeggiante.


Superiamo il bivio con il 703B e dopo una breve discesa siamo al Lago Verdarolo (1388), tutto circondato dai faggi carichi di neve. La nebbia nasconde i prati del crinale, e anche se non c'è il sole la superficie bianca del lago si rivela abbagliante. La costeggiamo fino alla diga, dove ci fermiamo per qualche prova con la sonda... purtroppo nessuna trota risponde all'appello.


Riprendiamo la marcia verso il vicino lago Scuro, attraverso una splendida faggeta d'alto fusto. Qui la neve ha raggiunto ormai un'altezza notevole, coprendo massi piuttosto grandi che diventano pulpiti per foto totalitariste. Scendiamo di nuovo al lago Verdarolo, ma qui imbocchiamo in discesa il 701, cioè la vecchia carrozzabile di servizio per la diga.


Scendiamo con pendenza moderata, superando alcune strutture per la condottura dell'acqua, fino ad incrociare la strada per Pratospilla poco oltre case Bastia; avvicinandosi ai 1000 metri la neve si fa più bagnata e gli alberi sgombri. Passiamo ora alla modalità orienteering, muovendoci a naso nei boschi sotto la strada (conosciuti a grandi linee in veste autunnale per via dei funghi) in direzione della stazione sciistica. Presto ci immettiamo in una carraia già nota, che però termina presso un pozzo.


Ci divertiamo un po' risalendo un torrentello con i massi coperti di neve, ma con le acque che si intuiscono facilmente scorrere ancora sotto. La nebbia scende di quota mentre noi saliamo, avvolgendo i tronchi dei faggi e bagnando le poche foglie rossastre rimaste appese qua e là, a suggello di un autunno finito tardi e di un inverno partito in sesta, la marcia più pesante!

giovedì 12 febbraio 2015

Da Civago al rifugio Battisti, ciaspolata nell'Abetina Reale

Tre valli cingono il Gigante: a nord la val d'Asta, con le piste da sci di Febbio; a sud ovest la selvaggia val d'Ozola, ricca di acque convogliate verso la storica centrale idroelettrica di Ligonchio; a sud est infine, nell'angolo più remoto, l'alta valle del Dolo. Ceduta ai duchi d'Este nel XV secolo, conserva il toponimo Abetina Reale, e le sue abbondanti risorse forestali sono state sfruttate fino a pochi decenni fa.

Rifugio Segheria, Abetina Reale

L'orientamento verso il sole di quest'ultima vallata è pressoché unico nel versante Emiliano dell'Appennino, dove la maggior parte dei fiumi scendono verso nord o nord-est; e ricorda quello dei torrenti che scendono in Toscana. Nonostante ciò la presenza di alti crinali sui tre lati permette alla neve di conservarsi a lungo.



Fra i bacini di Dolo e Ozola (orientato quasi specularmente) si distendono gli ampi prati di Lama Lite: il nome richiama evidentemente a discordie antiche per l'utilizzo di questi pascoli, al confine fra diverse comunità sia in Emilia sia in Garfagnana. Oggi resta un importante crocevia di sentieri, avvalorato dalla presenza di uno dei più antico e alto rifugio della provincia di Reggio, il Battisti.

Verso Lama Lite, sotto il monte Cipolla

Ed è proprio da Civago che comincia il percorso classico invernale per raggiungere questo nido d'aquila posto fra Cusna e Prado, praticamente nel cuore dell'Appennino Tosco Emiliano. A Case di Civago lasciamo l'auto, per poi incamminarci lungo la carrozzabile che costeggia il Dolo.

Case di Civago e monte Penna

Abbiamo la fortuna di trovare tanta neve fresca, e la traccia già battuta il giorno prima dagli eroici rifugisti saliti ugualmente dopo la nevicata più copiosa dell'anno (almeno per ora).


La strada diventa un ampio sentiero dopo il cartello per la nuova ferrata sulla Penna di Civago, visibile sopra di noi a destra. Salite dolci e tratti in costa privi di pericolo ci fanno raggiungere la breve deviazione per il rifugio San Leonardo al Dolo, alla nostra sinistra. Noi proseguiamo sul 605, che è l'unico sentiero battuto; e dopo un ponticello sul fiume ci troviamo dentro l'Abetina Reale.

Torrente Dolo

Gli abeti bianchi sono carichi di neve che si squaglia al sole, cadendo in docce polverose se va bene, in pezzetti più solidi se va male... dopo un po' di salita più marcata eccoci al rifugio Segheria, dove il bosco si apre e le moli rocciose di Prado e Sassofratto danno splendida mostra di sé: uno scorcio che saprebbe molto di Alpi anche senza 80 cm di neve fresca sui tetti!

La Casa del Custode e il monte Sassofratto

Il sentiero continua a risalire dolcemente l'abetaia mista faggeta, tenendosi il torrente sulla sinistra; un ultimo tratto un po' più ripido e sbuchiamo su terreno aperto, ormai vicini a Lama Lite; il monte Cipolla, noto per svalangare spesso e volentieri, si innalza carico di neve sulla nostra sinistra, a debita distanza dal sentiero. Presto la vista si apre anche sul Cusna, sul suo sterminato e spoglio versante sud.

Monte Cusna

Un breve tratto in costa ci porta al rifugio Battisti, dove malgrado il sole e la temperatura gradevole decidiamo di goderci la stufa, anche per apprezzare meglio la freschezza di una meritata Menabrea. Ci fermiamo poco, siccome siamo partiti tardi e ora sono già le 15. Ci sarebbero state varie possibilità di compiere un giro ad anello, ma non conoscendo bene la zona, abbiamo preferito mantenerci sull'unico sentiero battuto, cioè quello dell'andata.

Vista verso l'Appennino modenese

In discesa le ciaspole rendono bene, e in meno di due ore siamo all'auto, pronta a dare di nuovo il meglio di sé sulle strade innevate, infestate da incapaci al rientro dalla domenica passata a Febbio. Per fortuna il Cusna è grande, anzi gigante, e c'è posto per tutti!

Punto di partenza: Case di Civago (1048)
Punto più elevato: Rifugio Battisti (1751)
Dislivello in salita: 710
Tempo totale di percorrenza: 5 ore 
Grado di difficoltà: EI
Segnaletica: Ottima
Punti d'appoggio: Rifugio San Leonardo al Dolo, Rifugio Segheria, Rifugio Battisti
Accesso stradale: Parcheggio abbastanza ampio al lato della strada a Case di Civago



lunedì 2 febbraio 2015

Rocca Pumaccioletto, spigolo sud invernale. Quando i ramponi fanno gneec

Era stato più ricercato di Bin Laden, più raro del Black Lotus, poi un bel giorno l'inverno 2014/2015 ha deciso di farsi trovare in Appennino. L'incredulità, la gioia, l'indecisione su come sfruttare al meglio il sabato imminente: ciaspole? Bocciate; canali? A rischio per neve fresca; una cresta sembra la soluzione migliore, e la scelta cade su Rocca Pumaccioletto, col suo spigolo sud già percorso la scorsa primavera.

Lo spigolo, sullo sfondo il crinale

Non potendo raggiungere i Lagoni in auto, optiamo per un avvicinamento dal vago sapore himalayano, con partenza da Valditacca. La più alta valle della provincia di Parma ci accoglie coperta di bianco, pochi camini fumanti dei paesini grigi, il cielo ancora coperto. Risaliamo senza ciaspole la lunga sterrata diretta al Passo della Colla, osservando la nostra estetica meta che chiude l'orizzonte.

Strada della Colla, sullo sfondo Rocca Pumaccioletto

Al passo, dopo quasi due ore di cammino, il manto nevoso è ormai abbondante; alcune motoslitte sono salite dai Lagoni battendoci almeno l'ultimo tratto di strada, ma una volta entrati nel bosco col ripido sentiero 737 sta a noi battere la traccia, fra i faggi autografati da spruzzi verticali di bianco.


Matura la decisione di affrontare la via in un modo insolito, cioè raggiungendo prima la cima per poi calarci dall'alto in corda doppia; diversamente dovremmo scendere con il sentiero per poi risalire, perdendo molto del tempo che già scarseggia. L'ultimo tratto del sentiero prima della cima si fa spazio come un viale fra faggi contorti dal vento, che la neve rende ancora più stregati.


Usciti dal bosco il sole fa capolino: eccoci circondati dalle cime erbose del crinale, e dalle Alpi lontane ma nitide all'orizzonte. In cima Alberto e Federico attrezzano la calata, mentre la temperatura sale a picco e sorge qualche dubbio sulla fattibilità dello spigolo... alla fine prevale la voglia di scendere e provare.

Pronti per la calata

Per coincidenza è proprio qui che ho fatto la mia prima calata in doppia, in versione primaverile; ora le condizioni sono del tutto diverse, e anche l'attrezzo con cui mi calo, cioè il reverso; forse per il nodo machard, forse per i denti che frenano la corda, forse per il mio peso insignificante, la calata si dimostra faticosissima... dovrò lavorarci su!

Mario sul secondo tiro

Siamo in sei, e ci dividiamo in due cordate guidate da Federico e Alberto. La roccia per fortuna è pulita, e tutti gli spit sono utilizzabili; ciononostante la salita con ramponi e piccozze è molto laboriosa... sono l'ultimo a salire, e faccio una fatica notevole sul primo tiro, quello dove tra l'altro ci sono i passi più tecnici (IV grado).

Federico sul primo tiro

Già nel secondo comincio a concedere più fiducia sia nelle punte dei vetusti ramponi, sia soprattutto nella bella piccozza ricurva che Federico mi ha gentilmente prestato, pronta ad agganciare la roccia e a piantarsi con forza nelle zolle erbose! Il lavoro grosso lo fanno i due primi di cordata, già abituati a salite del genere anche in versione alpinistica; ma la tentazione di azzerare sui numerosi spit è forte!

Alberto sul secondo tiro

L'ultimo tiro è il più divertente, con bella placca e uscita in vetta sul filo dello spigolo; non rinuncio all'aiuto di una staffa per superare la placca, mentre il proseguimento del tiro me lo rovino facendo un po' di confusione con le due mezze corde nei rinvii, i bastoncini e la mia picca di 70 cm sullo zaino sempre pronti ad agganciarsi alle corde... e come se non bastasse perdo anche gli occhiali da sole!

Luca Laura sul terzo tiro

Comunque riesco ad arrivare in cima senza danni peggiori. Sono le 16 passate, mangiamo qualcosa in fretta godendo della luce calda e radente del pomeriggio sulla grandiosa sfilata di montagne attorno a noi; poi tocca scendere perché non si faccia troppo tardi; Federico ha dovuto letteralmente correre per arrivare in orario a lavoro, mentre noi affrontiamo la lunga discesa con più calma. Arriviamo all'auto al buio, facendo manovre da tetris per infilare nella Panda di Alberto i nostri cinque zaini e corpi.

Le ombre avanzano, è ora di tornare

Per concludere, una giornata lunga e avventurosa, in ampia e ottima compagnia; forse un po' al limite come difficoltà per il sottoscritto, che necessita urgentemente di imparare a procedere in cordata in maniera più fluida e tranquilla... E ora una piccola carrellata su tre dei nostri gioielli appenninici finalmente in veste invernale!

Alpe di Succiso

Roccabiasca

Monte Scala